I segreti di lunga vita, mangiare bene e fare sport

(da DottNet)   Mangiare ‘bene’ e fare sport allunga la vita. Anche nei pazienti diabetici. Invecchiare male, invece, costa. Con la prospettiva di un invecchiamento progressivo della popolazione (si stima che nel 2050, 1 italiano su 3 avrà più di 65 anni) la prevenzione delle malattie croniche è centrale. Uno dei più importanti fattori di rischio da combattere è il sovrappeso. Soprattutto l’obesità viscerale si associa a fattori di rischio cardio-metabolici come il diabete di tipo 2, le infiammazioni, la dislipidemia, l’ipertensione, lo scompenso cardiaco, l’ictus, la demenza vascolare, ma anche la Nash (la steatoepatite non alcolica) e una serie di tumori (colon, mammella, utero, rene, esofago, pancreas, fegato).  È questo quanto emerge dalla lettura magistrale di Luigi Fontana, direttore dell’Healthy Longevity Program Charles Perkins Centre dell’Università di Sidney (Australia) per il 28esimo Congresso nazionale della Sid, la Società italiana di diabetologia. Per Fontana l’attività fisica è “un ‘farmaco’ potentissimo per migliorare la sensibilità all’insulina“, perché con l’attività fisica si riduce il grasso viscerale e aumentano numero e attività dei mitocondri nel sistema muscolo-scheletrico. Questo permette di aumentare il consumo di ossigeno. Già 15 anni prima della comparsa del diabete, spiega Fontana, le persone presentano insulino-resistenza e in seguito si assiste ad un aumento progressivo dell’insulino-resistenza e dei livelli di insulina circolante. “Per questo è fondamentale non aspettare che una persona arrivi da noi con 115 mg/dl, perché significa che ha avuto iperinsulinemia per 10-15 anni, condizione che promuove invecchiamento, e cancro”.

“Mangiare meno e mangiare ‘bene’ allunga la vita – afferma il professor Agostino Consoli (nella foto), presidente eletto della Società italiana di diabetologia – Questo è uno dei messaggi chiave della lettura del professor Fontana. E’ un messaggio che il professor Fontana è uno dei più qualificati al mondo a portare, perché autore di una serie di studi fondamentali che questo concetto lo hanno scientificamente dimostrato. E allora, non solo per prevenire o gestire il diabete, ma proprio per vivere più a lungo in salute è necessario limitare l’introito calorico e scegliere con cura il poco cibo con il quale nutrirsi, in modo da privilegiare una dieta bilanciata nei suoi componenti, ma comunque ricca in fibre ed in vegetali e non troppo ricca in proteine ed in grassi saturi”.

Gruppo sanguigno, nuovo studio: nessuna influenza sulla dieta

(da Nutrienti e Supplementi)  La ‘dieta del gruppo sanguigno’ segna un nuovo passaggio a vuoto dopo la pubblicazione di uno studio clinico che non ha evidenziato differenze di risposta su parametri antropometrici, metabolici ed ematochimici di una dieta di tipo vegetariano in soggetti in sovrappeso.   Tutto nasce da un trial clinico randomizzato pubblicato su ‘Jama Network’ (https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/10.1001/jamanetworkopen.2020.25454),che ha preso in esame 244 partecipanti, di età compresa tra i 25 e 75 anni e con Bmi tra 28 e 40 Kg/m2.   Due i gruppi valutati nell’arco di 16 settimane. Il primo, doveva seguire una dieta prevalentemente basata su verdure, cereali, legumi e frutta, senza prodotti di origine animale o grassi aggiunti (circa il 75% dell’energia dai carboidrati, il 15% di proteine​​e il 10% di grassi), con un’integrazione di 500 μg/die di vitamina B12. Il secondo la dieta abituale. I risultati evidenziano una riduzione di peso di circa sei chili tra chi seguiva una dieta vegetale, frutto sia del minor introito calorico sia di un aumentato metabolismo post-prandiale. I cambiamenti erano associati a riduzione del grasso a livello di cellule epatiche e miociti e incremento della sensibilità all’insulina. Nessuna variazione, invece, nel gruppo di controllo.

A questo punto i ricercatori hanno condotto una subanalisi per verificare una correlazione tra tali risultati e i gruppi sanguigni di 68 tra partecipanti che avevano seguito la dieta a base vegetale, pubblicando i risultati sul ‘Journal of the Academy of nutrition and dietetics’. I principali indicatori valutati sono stati ​​peso corporeo, massa grassa, volume del grasso viscerale, lipidemia, glicemia a digiuno e HbA1c. Nessuna differenza significativa è emersa tra i gruppi sanguigni: la variazione del peso corporeo medio era di -5,7 kg per i partecipanti di gruppo sanguigno A e di -7,0 kg per i non-A, e di -7,1 kg per i partecipanti di tipo O e -6,2 kg per i non-O. Il colesterolo totale medio è diminuito di 17,2 mg/dl nel gruppo di tipo A e di 18,3 mg/dl nei non-A e di 17,4 mg/dl tra i partecipanti di tipo O e di 18,4 mg/dl per i non-O.  “Secondo i dettami della dieta del gruppo sanguigno, un’alimentazione a base vegetale dovrebbe essere più indicata per il gruppo A rispetto allo O, mentre dai nostri dati risulta benefica per tutti, senza peraltro evidenze di vantaggi per chi consuma carne”, sottolinea Neal Barnard, presidente del Physicians committee for responsible medicine, and adjunct faculty alla George Washington University e prima firma dello studio. “I risultati da noi ottenuti indicano come tutti i gruppi sanguigni traggano uguali benefici da una dieta basata sul consumo di frutta e verdura, legumi e cereali integrali, in particolare per ciò che concerne calo ponderale e salute cardiometabolica negli adulti in sovrappeso”.

(https://jandonline.org/article/S2212-2672(20)31197-7/fulltext)

Nuovi aiuti Enpam per Covid-19

(da enpam.it)  Un assegno per i contagiati da Covid-19 e la presa in carico delle spese funerarie di tutti i medici e odontoiatri caduti a causa della pandemia. Sono le due nuove misure che la Fondazione Enpam si appresta ad introdurre per estendere ulteriormente gli aiuti messi in campo a seguito dell’emergenza sanitaria.  I provvedimenti, che dovranno essere prima deliberati dal Cda, saranno poi trasmessi ai Ministeri vigilanti per ricevere l’approvazione.

SUSSIDIO PER I CONTAGIATI       Già dallo scorso marzo la Fondazione riconosce un sussidio di quarantena agli iscritti che, pur non contagiati, sono costretti a non lavorare per provvedimento dell’autorità sanitaria.  Ma che succede loro invece in caso di contagio da Covid-19? Per i liberi professionisti c’è la possibilità di usufruire dell’indennità di inabilità temporanea prevista però a partire dal 31° giorno di malattia.  Di fatto per i primi trenta giorni nessuna tutela è prevista per i camici bianchi che non hanno sottoscritto una propria polizza assicurativa.  Per questo la Consulta Enpam dei liberi professionisti e il Consiglio di amministrazione hanno studiato una tutela specifica per i liberi professionisti, inclusi i pensionati ancora attivi, che si sono ammalati di Covid-19.

GLI IMPORTI     La proposta è di mettere in campo una tutela eccezionale forfetaria (senza il conteggio dei giorni di malattia) per i contribuenti alla Quota B che dall’inizio dell’emergenza sono risultati affetti da Covid-19. Non è previsto, tranne che per i pensionati, un limite di reddito familiare per poterne usufruire.   Gli importi del sussidio, in fase di valutazione da parte degli attuari, che dovranno certificare la sostenibilità della misura, saranno proporzionali sia allo stato di malattia, sia all’aliquota contributiva con cui gli iscritti versano i contributi di Quota B.   L’orientamento per quanto riguarda l’ammontare degli aiuti, è quello di distinguere tre livelli di gravità della malattia con il conseguente aumento proporzionale della somma. Si partirebbe dalla forma più lieve con isolamento obbligatorio per positività, per passare a una forma intermedia con ricovero ospedaliero, sino al livello massimo di severità della patologia con il ricovero in terapia intensiva.   Nell’ipotesi in cui, dopo la presentazione della domanda, si dovesse verificare un aggravamento delle condizioni del malato, con l’integrazione della richiesta si potrà poi avere un conguaglio della somma.  Un dettaglio importante riguarda la tassazione di questo sussidio, che al contrario di quanto avvenuto per i Bonus Enpam e Enpam +, potrebbe essere esente da imposte. Ciò perché si tratterebbe di una somma forfetaria una tantum, che non ha lo scopo di sostituire o compensare un reddito perduto, ma di dare una forma di sostegno di fronte a una condizione di malattia.

I REQUISITI     Primo requisito, presente anche tra quelli per l’erogazione dei Bonus Enpam, è essere in regola con i contributi.  In seconda battuta, gli iscritti dovranno aver prodotto un reddito imponibile presso la gestione di Quota B nel 2019. Per i neo-contribuenti, cioè quelli che verseranno la Quota B per la prima volta nel 2021, se volessero fare domanda ci sarà l’obbligo di dichiarare che presenteranno il modello D 2021 (redditi 2020).  Chi invece a causa di una malattia o un infortunio, oppure per non aver raggiunto il limite coperto dalla Quota A, non ha dichiarato il reddito da libera professione nel 2020 (redditi 2019), potrà fare domanda solo se ha contribuito per il 2017 (Modello D 2018) e per il 2018 (Modello D 2019) e dichiara che presenterà il modello D nel 2021 (redditi 2020) perché ha prodotto un reddito che supera l’imponibile coperto dalla Quota A.    Per i pensionati ancora attivi, i requisiti principali sono l’essere in regola con i contributi, e non avere percepito per l’anno che precede il contagio un reddito complessivo del nucleo familiare superiore a sei volte il minimo Inps. Gli altri requisiti specifici che riguardano i pensionati verranno comunicati per tempo.

LA DOMANDA     In caso di approvazione dei Ministeri vigilanti, si potrà fare domanda direttamente dall’area riservata del sito. Insieme alla richiesta, gli iscritti dovranno allegare un documento che certifichi lo stato di malattia o il ricovero in ospedale. Se l’iscritto a causa della sua condizione di salute non potesse fare domanda, la richiesta potrà essere fatta anche da un familiare o da una persona delegata.

SUSSIDIO PER LE SPESE FUNERARIE   Per quanto riguarda invece le spese funerarie, bisogna ricordare che tra le prestazioni assistenziali fornite dalla Fondazione esiste già un sussidio per casi simili. La misura in questione prevede un sussidio per le spese sostenute dal nucleo familiare per far fronte alla malattia o al decesso del medico o del dentista. Un limite della misura è che sono presenti dei requisiti reddituali da rispettare e per questo motivo non tutti gli iscritti ne hanno diritto.   Nel caso del Covid-19, tuttavia, la Fondazione intende farsi carico di tutti i medici e gli odontoiatri che ne sono rimasti vittime, indipendentemente dai limiti di reddito. Il sussidio infatti, oltre a sollevare i familiari dalle spese, vuole manifestare la solidarietà della categoria nei confronti dei colleghi che hanno pagato con la vita l’impegno contro la pandemia.   Anche in questo caso il contributo coprirà gli eventi successi a partire dalla proclamazione dello stato di emergenza nazionale, che sino a questo momento è stato prorogato sono al 31 gennaio 2021.  L’importo sarà stabilito in seguito alla valutazione degli attuari, come accade per le altre tutele Enpam. Per fare domanda si dovranno presentare i documenti che dimostrino le spese sostenute.

Sondaggio nazionale Associazione Women In Surgery Italia

Egregio Presidente, 

Egregi Membri del Consiglio Direttivo, 

scriviamo a nome e per conto dell’Associazione Women In Surgery Italia, associazione nazionale di Chirurghe, per promuovere la diffusione di un sondaggio il cui obiettivo è indagare la formazione, il lavoro, l’equilibrio vita – lavoro e la soddisfazione delle chirurghe di tutte le specialità. E’ la prima volta che un questionario simile viene proposto alle chirurghe italiane. 

Siamo felici e onorate di segnalarvi che la FNOMCeO ha sostenuto l’iniziativa, pubblicando l’invito a compilare il questionario sul sito nazionale https://portale.fnomceo.it/lassociazione-women-in-surgery-italia-promuove-un-sondaggio-rivolto-a-tutte-le-chirurghe-italiane/  così come, sui rispettivi siti web e social network, gli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Brescia, di Catania e di Napoli, che ringraziamo sentitamente. 

Vi chiediamo gentilmente di unirvi a loro e a diffondere il questionario tra i vostri iscritti, per permetterci di rilevare l’opinione di tutte le Colleghe. 

Qui di seguito trovate il link del questionario per la diffusione diretta: https://is.gd/womeninsurgery20 

Speranzose nella vostra gentile collaborazione, restiamo a disposizione per qualsiasi chiarimento a riguardo. 

Cordiali saluti, 

Gaya Spolverato, Medico Chirurgo, Presidente di Women In Surgery Italia 

Daunia Verdi, Medico Chirurgo, Vicepresidente di Women In Surgery Italia  

Daniela Lucidi, Medico Chirurgo 

Sara Parini, Medico Chirurgo 

Covid: scala a punti per le cure a casa. Linee guida per Mmg

(da DottNet)     Sarà una scala a punti a definire lo stato del paziente Covid gestito al domicilio dal medico di famiglia: basata su precisi parametri, consentirà di dividere i pazienti in tre categorie di rischio. La novità è prevista nella circolare del ministero della Salute (https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2020&codLeg=77456&parte=1%20&serie=null)     pubblicata oggi, per la ‘gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2’, che fornisce a medici e pediatri delle linee guida per la cura a casa di questi pazienti, dai farmaci da utilizzare all’indicazione delle situazioni in cui si raccomanda una visita diretta da parte del medico.

Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di Covid-19 e si applicano sia ai casi confermati sia a quelli probabili. Ad oggi i pazienti Covid al domicilio hanno superato quota 750mila. Un ruolo importante avrà dunque la nuova scala: definita Mews (Modified early warning score), servirà a quantificare la gravità del quadro clinico del paziente Covid al domicilio e la sua evoluzione. L’instabilità clinica è correlata nella scala all’alterazione dei parametri fisiologici (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura, livello di coscienza, saturazione di ossigeno) e permette di identificare il rischio di un rapido peggioramento clinico o di morte. Attraverso la scala Mews, i pazienti vengono quindi stratificati in 3 gruppi di rischio: basso/stabile (score 0-2); medio/instabile (score 3-4); alto/critico (score 5).

La valutazione dei parametri “al momento della diagnosi di infezione e il monitoraggio quotidiano, anche attraverso approccio telefonico, soprattutto nei pazienti sintomatici lievi è fondamentale poiché – si legge nella circolare – circa il 10-15% dei casi lievi progredisce verso forme severe”. Precise le indicazioni su come gestire la cura a casa: misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno (che non deve essere sotto il 92%) tramite saturimetri, trattamenti sintomatici (paracetamolo), appropriate idratazione e nutrizione e l’avvertenza di non modificare terapie croniche in atto per altre patologie, in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti.

Rispetto ai farmaci cui fare riferimento, si raccomanda di non utilizzare routinariamente corticosteroidi (raccomandati solo nei soggetti gravi che necessitano di supplementazione di ossigeno); non utilizzare eparina (l’uso è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto); non utilizzare antibiotici (il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica). Si indica inoltre di non utilizzare idrossiclorochina, “la cui efficacia non è stata confermata in alcuno degli studi clinici fino ad ora condotti”.  Si raccomanda anche di non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente.

La circolare sottolinea poi che “non esistono, ad oggi, evidenze solide di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato”.   Per gestire il paziente, si sottolinea, fondamentale è la collaborazione con le Unità speciali di continuità assistenziale Usca che effettuano l’assistenza al domicilio.   Tuttavia, afferma la circolare, nelle situazioni di aggravamento del paziente è “largamente raccomandabile che, in presenza di adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale, i medici e i pediatri, anche integrati nelle Usca, possano garantire una diretta valutazione dell’assistito attraverso l’esecuzione di visite domiciliari”.

I dettagli del documento

Definizione di paziente a basso rischio. “I pazienti a basso rischio sono definiti dall’assenza di fattori di rischio aumentato (ad esempio patologie neoplastiche o immunodepressione) e sulla base delle seguenti caratteristiche:
• sintomatologia simil-influenzale (ad esempio rinite, tosse senza difficoltà respiratoria, mialgie, cefalea);
• assenza di dispnea e tachipnea (documentando ogni qualvolta possibile la presenza di una SpO2 > 92%);
• febbre £38 °C o >38°C da meno di 72 ore;
• sintomi gastro-enterici (in assenza di disidratazione e/o plurime scariche diarroiche);
• astenia, ageusia / disgeusia / anosmia.”
 
Il saturimetro.“Il monitoraggio delle condizioni cliniche e della saturazione dell’ossigeno andrà proseguito nel soggetto infettato da SARS-CoV-2 per tutta la durata dell’isolamento domiciliare – dispone la circolare – , in rapporto alle condizioni cliniche e all’organizzazione territoriale. Il paziente dovrà essere istruito sulla necessità di comunicare una variazione dei parametri rispetto al baseline e, in particolare, dovrà comunicare valori di saturazione di ossigeno inferiori al 92%. Qualora venga esclusa la necessità di ospedalizzazione, potrà essere attivata, con tutte le valutazioni prudenziali di fattibilità del caso, la fornitura di ossigenoterapia domiciliare”.
 
Le indicazioni. In particolare, nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, si forniscono le seguenti indicazioni di gestione clinica:
• vigile attesa;
• misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;
• trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo);
• appropriate idratazione e nutrizione;
• non modificare terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti;
• i soggetti in trattamento immunosoppressivo cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, potranno proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante; • non utilizzare routinariamente corticosteroidi;
• l’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia;
• non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto;
• non utilizzare antibiotici. Il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l’infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico;
• non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti;
• non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente.

COVID-19 e Uso della Mascherina: come rispondere alle domande dei pazienti

(da Univadis)  Dato che non ci sono prove sul fatto che le mascherine di stoffa causino danni nei soggetti adulti sani, è plausibile affermare che rappresentano un livello di protezione essenziale nel contrasto alla pandemia da SARS-CoV-2, da utilizzare insieme alle distanze sociali e al lavaggio frequente delle mani (1). Le aree dove si è tenuto conto di tali consigli e implementato l’uso di mascherine hanno registrato un calo di nuovi casi quotidiani, mentre le aree con misure di allontanamento sociale da sole no (2). Il messaggio sulle indicazioni attuali è che le mascherine facciali aderenti a 2-3 strati dovrebbero essere indossate sempre in pubblico come ulteriore livello di protezione, anche quando è possibile il distanziamento sociale, ma è condizione comune della pratica clinica trovarsi di fronte  a pazienti scettici sull’uso delle mascherine, con dubbi sulle modalità di impiego o sulla loro efficacia. Un articolo di revisione della letteratura (1) descrive vari scenari con risposte adeguate alle domande dei pazienti, basate su prove di evidenza, centrate sulla prudenza e non allarmanti. 

Domanda  (D) Non sono malato, perché devo indossare la mascherina?

Risposta (R):Più di un terzo delle persone infette non è consapevole di essere portatore del virus e non sviluppa mai sintomi che giustificano il test. Indossando una mascherina, la persona protegge gli altri.

Prove (P): Il CDC (Center for Disease Control and Prevention) stima che circa il 40% degli individui infetti non manifesti sintomi evidenti e potrebbe contribuire alla significativa diffusione della malattia a loro insaputa. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato che i pazienti hanno livelli rilevabili di SARS-CoV-2 RNA da 1 a 3 giorni prima della comparsa dei sintomi. Utilizzando tamponi faringei per quantificare la carica virale e le informazioni sull’insorgenza dei sintomi si stima che il picco di infettività sia 1-2 giorni prima della comparsa dei sintomi. Gli individui diffondono il virus da 5 a 6 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi e che la trasmissione pre-sintomatica totale è del 44% (CI, 30-57%). 

DHo letto che le mascherine non funzionano e che alcuni studi hanno evidenziato problemi legati alle mascherine di stoffa in operatori sanitari. Perché allora dovrebbero usarle le persone comuni?

R: Le mascherine di stoffa proteggono le altre persone da te, riducendo il numero di goccioline che potresti rilasciare in uno spazio aereo condiviso quando respiri, parli, tossisci o starnutisci. Forniscono un ulteriore livello di protezione complementare al distacco sociale e al lavaggio delle mani. Ci sono prove a sostegno di un vantaggio per le mascherine di stoffa nel ridurre il carico della pandemia COVID-19, mentre le mascherine non sono state altrettanto efficaci per altri virus respiratori. Le mascherine medico/chirurgiche hanno un ruolo diverso. La struttura e l’uso corretto di una mascherina medica può aiutare a proteggere il medico dai propri pazienti in modo più efficace rispetto a una mascherina in tessuto. 

P: L’efficacia delle mascherine sia nella comunità che nelle strutture sanitarie è stata ampiamente rivista  (3) e confermata indicando un vantaggio per la ridotta trasmissione di SARS-CoV-1 o MERS-CoV-1, ma nessun effetto per l’influenza, malattia simil-influenzale, o altre malattie respiratorie virali. Per SARS-CoV-2 studi osservazionali hanno mostrato una diminuzionedei casi in seguito all’implementazione dell’uso. Per il personale sanitario uno studio ha mostrato che c’erano tassi significativamente più alti di infezioni respiratorie (malattia respiratoria clinica, malattia simile all’influenza e infezione da virus respiratorio confermata in laboratorio) tra i professionisti randomizzati a un braccio con mascherina di stoffa rispetto alle mascherine chirurgiche. Va segnalato che il braccio di controllo (pratica abituale) includeva l’uso di mascherine mediche. Pertanto, non è possibile trarre conclusioni sul fatto che una mascherina in tessuto fornisca o meno un livello di protezione rispetto a nessuna mascherina.

DSe sono in un ambiente chiuso, a 2 metri di distanza da qualcuno, devo indossare una mascherina?

R: Sì, idealmente dovresti indossare una mascherina anche se sei in grado di mantenere una distanza di 1,8 m. La distanza di 1,8 m è la “stima migliore” per quanto si diffondono le goccioline respiratorie. Ci sono prove di diffusione attraverso aerosol che possono viaggiare molto più lontano delle goccioline e rimanere in sospensione in aria per un periodo di tempo più lungo e possono accumularsi in uno spazio chiuso. Le distanze sociali e il lavaggio delle mani non proteggono dalla trasmissione per via aerea, le mascherine sì.

P: E’ stato dimostrato che le particelle respiratorie portatrici di patogeni derivanti da esalazioni, tosse e starnuti possono viaggiare fino a 8 metri in “nuvole di gas turbolente “: Particelle respiratorie di una tosse simulata viaggiavano fino a 3 metri e mezzo in 50 secondi. Un fazzoletto piegato ha ridotto il getto a circa 90 cm. Una mascherina in tessuto a due strati cucita in casa ha ridotto la distanza a meno di 8 cm. L’OMS e il CDC definiscono le particelle respiratorie maggiori di 5 μm come goccioline e inferiori a 5 μm come aerosol, mentre altri definiscono gli aerosol di 10 o 20 μm in base alla capacità di queste particelle respiratorie di rimanere nell’aria (trasportate all’interno di “nuvole di gas turbolente ”) Mentre le goccioline più grandi tipicamente cadono a terra entro il raggio di 1,8 metri.  E’ stato riscontrato che SARS-CoV-2 rimane vitale e infettivo negli aerosol per 3 ore. Bastano poche centinaia di particelle di SARS-CoV-2 per causare la malattia. Si stima che: un minuto di conversazione ad alta voce generi almeno 1000 aerosol contenenti virus che rimangono nell’aria per più di 8 minuti; la probabilità che una data gocciolina contenga una particella SARS-CoV-2 sia del 37%;  un minuto di conversazione ad alta voce possa essere sufficiente per causare un’infezione virale oltre i 2 metri di distanza. Una recente revisione sistematica di 9 studi osservazionali ha determinato una probabilità dell’8-12% di infezione virale a 1 m e il rischio viene dimezzato a ogni metro aggiuntivo di distanza. Tuttavia, in un ambiente chiuso, è probabile che gli aerosol si accumulino e viaggino più lontano di 1,8 m. 

DCosa posso usare come filtro per la mia mascherina e potrei provare con più filtri?

R: Indossare una mascherina con 2-3 strati e senza spazi vuoti, insieme al distanziamento e al lavaggio delle mani, ottimizza la traspirabilità pur offrendo prestazioni di filtraggio sufficienti per ridurre il rischio di trasmissione senza la necessità di un filtro aggiuntivo.

P: La stratificazione dei tessuti migliora la filtrazione. Studi condotti in ambiente sperimentale hanno dimostrato un’eccellente filtrazione delle goccioline quando i tessuti sono stratificati. Un doppio strato riduce del 97,2%. il numero di goccioline che lo passano. Dato che il diametro di SARS-CoV-2 è di circa 0,1 μm, una possibile obiezione alle mascherine di stoffa è che il virus sia troppo piccolo per essere bloccato dal tessuto. Le particelle respiratorie (goccioline e aerosol) generate da un colpo di tosse o da uno starnuto hanno una dimensione di 0,1–900 μm e gli aerosol prodotti dalla normale conversazione o respirazione sono <1 μm.  Un singolo strato di cotone al 100% è in grado di bloccare fino al 70% delle nano-particelle contenute in goccioline ad alta velocità, mentre un doppio strato bloccato oltre il 94% e 3 strati bloccati> 98%, che ha prestazioni simili a una mascherina medica . Allo stesso modo, il 94% delle goccioline a bassa velocità è bloccato con uno o due strati di cotone al 100%. Tutto quanto  suggerisce che una mascherina a strati funziona abbastanza bene da ridurre la diffusione della malattia in ambiente della comunità senza la necessità di un filtro aggiuntivo.

DDevo indossare una mascherina quando passeggio all’aperto?

R: Il virus in aerosol viene rapidamente diluito all’aperto anche se può rimanere nell’aria. A seconda di dove si stà camminando, si potrebbe comunque indossare una mascherina per ridurre ulteriormente il rischio per gli altri.

P: In uno spazio esterno, gli aerosol sono rapidamente diluiti, riducendo così l’esposizione durante l’attività all’aperto e che rende improbabile a venire a contatto con un alto carico virale sufficiente a causa di malattia. Tuttavia, è importante notare che, nelle aree ad alto inquinamento, può ancora verificarsi l’accumulo di virus all’aperto.  

DIndossare una mascherina è malsano? Non sto respirando aria con un contenuto di anidride carbonica alto e povera di ossigeno?

R: È improbabile che indossare una mascherina modifichi i livelli di ossigeno o anidride carbonica, ma il nostro corpo umano è in grado di affrontare l’anidride carbonica se necessario. Ad esempio, chirurghi, infermieri e altro personale medico indossano mascherine per procedure che durano più di 8 ore e sono in grado di esercitare per molti anni senza subire effetti dannosi dall’anidride carbonica.

P: Attualmente non ci sono studi clinici pubblicati per valutare se le mascherine in tessuto aumentano o meno il rischio di ipercapnia, in adulti normali e sani. Il diametro cinetico della CO 2 è di 330 picometri (3,3 × 10 −6  μm), molto più piccolo della trama delle maschere di stoffa; quindi, l’ipercapnia con l’uso di mascherine in tessuto è estremamente improbabile. Lo stesso vale per l’ossigeo,che ha un diametro cinetico di 346 picometri; è quindi verosimile che lo scambio di CO 2 e O non venga influenzato dall’uso di mascherine di stoffa

DPerché dovrei indossare una mascherina in auto, quando sono solo?

R: Dipende da quanto il viaggio sia tra commissioni o appuntamenti. Ossia una condizione che porta a togliere e mettere più volte la mascherina. Non toccare o regolare frequentemente la mascherina significa meno possibilità di trasferire il virus tramite contatto, se fosse presente. Prima di indossare o rimuovere la maschera, è opportuno lavarsi le mani correttamente con acqua e sapone per 20 secondi.

P: SARS-CoV-2 ha dimostrato di essere vitale sulle superfici per giorni (sebbene l’emivita sia di poche ore) a seconda della superficie.

DQuanto spesso và cambiata e pulita la mascherina? Togliere e mettere la mascherina ne compromette l’efficacia?

R: Si dovrebbe usare una mascherina pulita ogni giorno o se si sporca o si inumidisce. Le mascherine possono essere lavate nel bucato normale o con una soluzione di candeggina. Se è necessario rimuovere la mascherina durante il giorno, è necessario seguire la tecnica corretta per rimuoverla e rimetterla, insieme a una corretta igiene delle mani. Più si tocca e si aggiusta una mascherina, maggiori sono le possibilità di contaminazione.

P: Il sapone normale è un mezzo efficace per disattivare SARS-CoV-2. In caso di lavaggio a mano, il CDC consiglia di utilizzare candeggina destinata alla disinfezione e contiene ipoclorito di sodio dal 5,25 all’8,25%. Mescolare 5 cucchiai di candeggina per litro d’acqua e lascia la mascherina in ammollo per 5 minuti. Assicurarsi che la mascherina sia completamente asciutta prima dell’uso.

D:  I raggi ultravioletti della luce solare uccidono il virus?

R: No, i raggi UVA e UVB che raggiungono la terra non hanno mostrato alcun effetto su SARS-CoV-2. Alcuni studi hanno dimostrato che i raggi UVC disattivano SARS-CoV-2, ma sono assorbiti dallo strato di ozono e non raggiungono la superficie terrestre.

P: La capacità di ridurre la trasmissione di SARS-CoV-2 delle alte temperature e delle radiazioni UV si basa su dati disponibili inconcludenti fino a quando non saranno disponibili dati annuali. In condizioni di laboratorio, solo i raggi UVC, che sono completamente assorbiti dallo strato di ozono, hanno dimostrato di disinfettare SARS-CoV-2 e SARS-CoV-1

D:  In ufficio con ventilazione ad aria condizionata, devo indossare una mascherina?

R: No. La quantità di goccioline contenenti particelle virali probabilmente non sarebbe sufficientemente concentrata da causare malattie. Tuttavia, è consigliabile attenersi alle indicazioni dei protocolli della propria azienda.

P: Alcuni studi hanno rilevato la presenza di SARS-CoV-2 RNA in campioni d’aria, compreso lo sfiato di scarico dell’aria condizionata, ma questi studi non erano quantitativi e non sono stati in grado di determinare la vitalità del virus. E’ dimostrato che il rischio di trasmissione aerea è più elevato in spazi interni con scarsa ventilazione.

(1. Martinez JA, et al. Patient Questions Surrounding Mask Use for Prevention of COVID-19 and Physician Answers from an Evidence-Based Perspective: a Narrative Review J Gen Intern Med. 2020;1-6. doi:10.1007/s11606-020-06324-w

2. Van Dyke Me et al Trend in County-Level COVID-19 Incidence in COunties With and Without a Mask Mandate – Kansas, June 1-August 23, 2020. MMRW Morb Mortal Wkly Rep. ePub: 20 November 2020

3. Chou R, et al. Masks for prevention of respiratory virus infections, including SARS-CoV-2, in health care and community settings: a living rapid review. Ann Intern Med. 2020. 10.7326/M20-3213)

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