Oms, lasciare circolare il virus non è un’opzione

(da AGI)   “Mai nella storia della salute pubblica l’immunità di gregge è stata utilizzata come strategia per rispondere a un’epidemia, per non parlare di una pandemia. È scientificamente ed eticamente problematico”. Lo ha dichiarato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel suo briefing a Ginevra sul Covid-19. “Consentire a un virus pericoloso che non conosciamo pienamente di circolare liberamente è semplicemente immorale. Non è un’opzione”, ha aggiunto.

Psicologi, una nuova chiusura sarebbe insostenibile

(da DottNet)   Un nuovo lockdown sarebbe insostenibile. Questo il messaggio lanciato da David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, in un evento a Roma dedicato alla giornata nazionale della psicologia il 10 ottobre. “La pandemia, come tutte le grandi crisi che mostrano la nostra vulnerabilità e pongono una sfida adattiva- spiega Lazzari- ha mostrato l’importanza degli aspetti psicologici per la vita e la salute. Ora, dopo 7 mesi di questa situazione, il livello del disagio psicologico – non supportato da una rete pubblica carente o assente – è diventato un grande problema sociale e di salute pubblica”. “Dopo l’estate- aggiunge- i livelli di stress sono tornati a crescere e siamo quasi ai livelli di marzo, si pensi solo che il 59% degli italiani ha un livello di stress medio-alto (tra 70 e 100). In queste condizioni il Paese non ha le risorse psicologiche per reggere un nuovo lockdown. Sarebbe insostenibile una seconda chiusura totale”. “Occorrono quindi provvedimenti -prosegue Lazzari- e comportamenti responsabili per tenere la pandemia sotto controllo e l’urgente attivazione di una rete psicologica pubblica, a partire dal sistema sanitario, dall’assistenza di base e dalla scuola. Senza prevenzione e ascolto questi livelli di disagio sono destinati ad aggravarsi ed avere pesanti ricadute sulla società e sulla salute delle persone, con ulteriori danni per una economia già molto provata. La psicologia è fondamentale per la resilienza e per costruire il futuro”.

Diritto alla ricostruzione della carriera, nella anzianità di servizio anche i contratti di lavoro a tempo determinato

(da Doctor33)    Deve ritenersi inoperante nella fattispecie la disciplina della normativa nazionale in materia e, più in particolare, l’art. 4, comma 2 e 12, comma 3, lett-a) del Ccnl 08.06.2000 e succ. integrazioni e modificazioni, atteso che il principio di uguaglianza sotteso alla direttiva comunitaria 1999/70/CE (confluita nell’accordo-quadro del 18.03.1999) impone al giudice dello Stato membro di disapplicare la normativa interna che allo stesso sia contraria; consegue da ciò il riconoscimento del diritto dei ricorrenti ad ottenere la ricostruzione della carriera con il riconoscimento, ai fini economici e giuridici, del periodo lavorato per la stessa azienda o altra dello stesso comparto ad essa collegata con rapporti di lavoro a tempo determinato. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net )

Covid-19, quarantena a dieci giorni e stop a doppio tampone. Le indicazioni del Cts

(da Doctor33)   Via libera alla riduzione della quarantena da 14 a 10 giorni, e stop alla regola del doppio tampone negativo per poter dichiarare un positivo guarito. Ne basterà uno. Queste le indicazioni emerse dalla lunga riunione del Comitato tecnico scientifico convocata d’urgenza dal ministro Speranza. Il Cts, fa sapere una nota, in coerenza con le linee guida internazionali e adottando il principio di massima cautela, sottolinea “l’esigenza di aggiornare il percorso diagnostico per l’identificazione dei casi positivi così come la tempestiva restituzione al contesto sociale dei soggetti diagnosticamente guariti”.

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Inibitori di pompa protonica potrebbero aumentare il rischio diabete

(da DottNet)    L’uso regolare (2 o più volte a settimana) di farmaci prescritti molto comunemente – gli inibitori di pompa protonica, prescritti ad esempio contro il reflusso – è risultato associato a un rischio di diabete del 24% maggiore, e del 26% maggiore se assunti per più di due anni di seguito. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista ‘Gut’ e condotto presso l’università Sun Yat-sen di Shenzhen in Cina. Gli inibitori di pompa protonica sono nella top ten dei farmaci più usati al mondo e sono stati già associati a fratture, aumentato rischio di infezioni del tratto digerente, di cancro dello stomaco e altri problemi. Gli esperti hanno osservato per parecchi anni un campione di 204.689 individui e registrato nel corso del periodo di osservazione ben 10.105 nuovi casi di diabete.   È emerso che 7,44 per 1000 individui che assumevano regolarmente i farmaci si sono ammalati di diabete contro 4,32 per 1000 che non hanno assunto inibitori di pompa. Ciò equivale a dire che il rischio diabete con gli inibitori di pompa è del 24% maggiore; il rischio aumenta se i farmaci sono assunti per più di due anni di seguito ed è più alto anche per coloro che sono di peso normale. Il rischio persiste anche tenendo conto di diversi fattori influenti: età, diabete in famiglia, consumo di alcolici e fumo, colesterolo e pressione alti. “La notizia colpisce visto l’uso diffuso degli inibitori di pompa – sottolinea in un commento all’ANSA il Presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia Agostino Consoli dell’Università di Chieti-Pescara – Bisognerebbe capire se l’aumentato rischio di diabete legato a questi farmaci sia il risultato di una “associazione” causale (quindi è proprio l’uso dei farmaci a causare un aumento di rischio diabete), o viceversa una associazione ‘mediata’ da qualche altro fattore in gioco”. 

Dispensazione pillola 5 giorni dopo, cade obbligo di ricetta per le minorenni

(da Doctor33)   Non sarà più necessario l’obbligo della prescrizione medica per dispensare alle minorenni ulipistral acetato (EllaOne), il farmaco utilizzato per la contraccezione di emergenza fino a cinque giorni dopo il rapporto. Lo comunica l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che lo ha stabilito con la Determina n. 998 dello scorso 8 ottobre.

Ecco la carta gratuita per rateizzare i contributi Enpam

(da enpam.it)   Pagare i contributi anche in 18, 24 o 30 mesi è ora possibile. È la novità collegata alla Carta Fondazione Enpam, la carta di credito che i medici e gli odontoiatri possono ottenere gratuitamente grazie alla collaborazione tra Banca popolare di Sondrio (Bps) ed Enpam.  Tutti quelli che la chiederanno in questi giorni, avranno la possibilità di usarla già per i contributi della Quota B in scadenza il prossimo 31 ottobre.   Per ottenere la carta è sufficiente entrare nell’area riservata (https://areariservata.enpam.it/login) cliccando sulla sezione “Carta di credito e Servizi annessi. A questo punto scatta una procedura che si svolge interamente online e che permette di sottoscrivere il contratto in tutta sicurezza, tramite una firma digitale rilasciata gratuitamente dalla banca. Entro pochi giorni la banca dirà se la richiesta è accettata o meno.

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Pensione a 70 anni anche per i dirigenti sanitari

(da DottNet)   Anche i dirigenti sanitari potranno lavorare fino a 70 anni se ne faranno espressa richiesta. Lo riporta il decreto di Agosto al momento in fase di conversione in legge alla Camera.  Si tratta di una estensione alla novità in fatto di pensioni introdotta con l’ultimo decreto Milleproroghe. La legge, riporta InvestireOggi, riserva infatti la possibilità di restare in servizio fino al compimento dei 70 anni ai dirigenti medici per maturare i contributi necessari alla pensione. Gli interessati devono però farne esplicita richiesta all’amministrazione sanitaria di appartenenza.   La modifica consente, da un lato di sopperire alle carenze di organico nel comparto sanitario laddove vi è carenza di dirigenti medici, dall’altro di permettere a chi vuole continuare a lavorare nelle strutture sanitarie e ospedaliere anche dopo aver raggiunto i 40 anni di servizio. Una misura fortemente voluta dagli stessi medici, ma anche dettata dalle esigenze nazionali in campo sanitario. Ma la novità è che la legge, in fase di approvazione alla Camera, estende questa possibilità anche ai dirigenti sanitari del Servizio Sanitario Nazionale e del Ministero della Salute, come si legge su InvestireOggi. Fino al 31 dicembre 2022 gli interessati potranno presentare domanda di trattenimento in servizio sino al 70 esimo anno di età anche con oltre 40 anni di servizio effettivo.

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L’assistenza territoriale è la chiave per superare l’emergenza e riformare il SSN

(da M.D. Digital)  Sono le Regioni in cui l’assistenza sanitaria territoriale è più sviluppata quelle che hanno saputo gestire meglio l’emergenza provocata dalla pandemia di Covid-19. È quanto si evince dal Rapporto “Riportare la sanità al centro. Dall’emergenza sanitaria all’auspicata rivoluzione della governance del Ssn”, condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e presentato di recente nel corso di un webinar a cui hanno preso parte accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo produttivo.
Un chiaro esempio di quanto l’assistenza territoriale sia stata fondamentale nella gestione dell’epidemia si palesa dal confronto tra le regioni inizialmente più colpite dal coronavirus. Mentre nella prima settimana dello scorso marzo la Lombardia aveva deciso di ospedalizzare la quasi totalità dei malati (una percentuale che si avvicinava al 100%), il Veneto e l’Emilia-Romagna hanno scelto la via della presa in carico territoriale e hanno fatto ricorso principalmente a un largo uso di tamponi e all’assistenza domiciliare. Nello specifico, nella stessa settimana, in Veneto era ricoverato circa il 30% dei pazienti affetti da Covid-19 mentre in Emilia-Romagna poco meno del 60. A conti fatti, l’attività diffusa e mirata di screening e tamponi, l’isolamento domiciliare e la presa in carico attraverso l’assistenza integrata sono i fattori che più hanno contribuito a far diminuire la pressione sugli ospedali e sulle terapie intensive e, di fatto, a ridurre il tasso di mortalità legato alla diffusione del virus.
Lo studio di I-Com  – curato dal presidente dell’istituto Stefano da Empoli e dal direttore dell’area Innovazione Eleonora Mazzoni – pone infatti l’accento sulla necessità di potenziare l’assistenza territoriale integrata per giungere a un’efficace riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale e della governance farmaceutica.
Secondo il Rapporto, ad acuire le differenze tra i sistemi sanitari delle diverse regioni italiane sono state soprattutto le misure di contenimento della spesa dedicata alla salute volte a migliorare l’efficienza del sistema, alle quali, tuttavia, non è seguita la promessa ristrutturazione. Basti pensare che tra il 2009 e il 2018 la spesa sanitaria pubblica italiana in relazione al Prodotto interno lordo ha subito una decrescita costante, passando dal 7,04% al 6,54. In pratica, lo 0,5% in meno. Un dato in controtendenza con quanto accaduto, invece, nello stesso periodo negli altri principali Paesi europei, come Germania e Francia in cui, seppur con un andamento oscillante, il peso della spesa sanitaria sul Pil è aumentato rispettivamente dello 0,18 e dello 0,67%. La contrazione dell’investimento pubblico in sanità emerge in maniera ancor più evidente se si osservano i dati sulla cosiddetta spesa out of pocket, ossia quella sostenuta dai cittadini con risorse proprie: in base alle elaborazioni degli analisti dell’istituto, gli italiani contribuiscono alla spesa sanitaria per il 23,1%. Una quota molto superiore a quella sostenuta dai cittadini tedeschi (12%) e francesi (9,2%). Per quanto concerne il tema del sottofinanziamento della spesa farmaceutica Eleonora Mazzoni ha tenuto a precisare: “Il comparto farmaceutico ha giocato, e continua a giocare, un ruolo fondamentale nella lotta al Covid-19 e, più in generale, nel Servizio sanitario nazionale”, secondo cui, oggi più che mai, “ripensare il ruolo dei farmaci e dei dispositivi medici all’interno del Ssn è un intervento prioritario, realizzabile solo se le scelte di politica sanitaria e farmaceutica verranno integrate con strumenti di politica industriale capaci di sostenere tanto gli investimenti nazionali quanto quelli dall’estero”. Questi ultimi dovrebbero essere diretti a realizzare un’assistenza sanitaria capace di acquistare le tecnologie disponibili al momento per rispondere in maniera adeguata alle previsioni del fabbisogno di cura della popolazione.
Infine, lo studio sottolinea come la crisi innescata dalla pandemia da Covid-19 abbia impresso una significativa accelerazione alla semplificazione amministrativa nel settore della e-health e incoraggiato un impiego più diffuso, snello ed efficiente di soluzioni digitali già da tempo disponibili. Tra tutte, la telemedicina, il cui importante contributo nel rafforzamento della rete ospedale-medici-territorio è emerso chiaramente nel corso della crisi sanitaria degli ultimi mesi. Il servizio più utilizzato è stato quello della televisita (45%), che ha permesso di sopperire all’imposta distanza tra medico e paziente. Seguono, poi, il monitoraggio (32%), la teleconsulenza (9%), il teleconsulto (5%), l’assistenza da remoto, compresa quella svolta per e all’interno delle Rsa (7%) e, infine, la telecompagnia (2%). “La necessità di predisporre e utilizzare strumenti digitali e di telemedicina nella gestione dell’emergenza ha accelerato processi che sembravano fermi da tempo e dato vita a diverse soluzioni virtuose nelle regioni italiane”, ha osservato il presidente dell’Istituto per la Competitività Stefano da Empoli. Che ha poi indicato gli interventi prioritari da mettere in campo da questo punto di vista: “È necessario continuare ad agire per lo sviluppo dell’agenda digitale, con particolare riferimento alla dematerializzazione delle ricette, alla telemedicina, al Fascicolo sanitario elettronico e al digital therapeutics, mettendo a sistema le procedure attivate durante l’emergenza sanitaria”.

L’obiettivo del Rapporto I-Com    (consultabile al  LINK sottostante)

Il Rapporto ha come finalità proprio quella di analizzare e discutere gli interventi ritenuti ancora necessari per giungere a un’ efficace organizzazione del sistema sanitario e della governance farmaceutica. L’analisi procede da un lato alla luce delle criticità evidenziate dalla diffusione dell’epidemia da Covid-19 sul territorio italiano e, dall’altro, delle risposte date dall’intero sistema all’emergenza.

Il capitolo 1fornisce una fotografia della nascita e dell’evoluzione della pandemia di Covid-19 con particolare attenzione alla situazione in Italia. Secondo l’ultimo aggiornamento dei dati proposto nello studio (13 settembre 2020) i Paesi più colpiti nel mondo sono Stati Uniti, India, Brasile e Russia, mentre in Europa, Francia, Spagna e Regno Unito restano, secondo i dati cumulativi, quelli più colpiti dall’inizio della pandemia.

Il capitolo 2analizza la risposta italiana all’emergenza evidenziando in particolare le criticità che non hanno permesso al sistema sanitario nazionale di reagire in maniera tempestiva. L’organizzazione del sistema sanitario in Italia è passata negli ultimi dieci anni attraverso una serie di misure di contenimento della spesa che avrebbero dovuto essere rivolte a migliorarne l’efficienza ma, di fatto, non si sono accompagnate alla promessa ristrutturazione, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione e il ruolo dell’assistenza territoriale.

Nel capitolo 3si descrivere l’impegno profuso dall’industria farmaceutica europea nonché italiana nel fronteggiare la crisi sanitaria causata, su scala globale, dal virus SARS-CoV-2 e si procede a fare il punto sui trattamenti farmacologici attualmente disponibili e sulle sperimentazioni cliniche in atto per lo sviluppo di terapie e vaccini necessari al contrasto del virus.

Il capitolo 4, con sguardo lungimirante, valuta le azioni fondamentali messe in atto durante l’emergenza Covid-19 e che potrebbero costituire un punto di partenza per la riforma del sistema sanitario nonché della governance farmaceutica.

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