L’ECM verrà riformata. Concesso un altro anno per acquisire i crediti necessari nel triennio 2017-2019

(da Odontoiatria33)   A pochi giorni dalla scadenza del triennio formativo e della annunciata stretta sugli iscritti all’Albo degli odontoiatri ed a quello dei medici che non hanno raccolto il numero di crediti previsti, la Commissione Nazionale ECM (della quale fanno parte come presidente il Ministro della Salute Roberto Speranza e come vicepresidente Filippo Anelli presidente FNOMCeO) ha deciso di riformare il sistema di Educazione Continua in Medicina e di prorogare di un anno la possibilità di acquisire i crediti necessari per il triennio 2017-2019. La nuova scadenza sarà il 31 dicembre 2020.     A darne notizia è la stessa la FNOCMeO che informa di come nella riunione odierna della Commissione, tra i nove punti approvati all’Ordine del giorno, la decisione principale è stata quella dell’istituzione di un Gruppo di lavoro per “la revisione e la valorizzazione del sistema della formazione continua nel settore salute”.    Per la FNOMCeO, faranno parte della squadra che riscriverà le regole dell’aggiornamento per i prossimi anni il Segretario, Roberto Monaco, il Coordinatore dell’Area Strategica Formazione, Roberto Stella e il Componente della Commissione nazionale Albo Odontoiatri, Alessandro Nisio.   “La formazione continua dei professionisti della salute è una garanzia per la salute del cittadino e per la qualità del sistema di cure – spiega il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli-. Con l’istituzione di questo Gruppo di lavoro, la si vuol valorizzare, intercettando i fabbisogni di formazione di tutte le componenti delle professioni oggi esistenti: penso ai professori universitari e ai ricercatori, e delle nuove professioni. E adeguandola alle esigenze del Servizio sanitario nazionale, che deve fare i conti con i nuovi scenari legati, ad esempio, all’intelligenza artificiale, alle inedite frontiere della bioetica, alla cronicità e, non ultima, alla multidisciplinarietà e al lavoro in equipe”.  “Il Gruppo di Lavoro nasce dal fatto che il sistema nazionale ECM è ormai datato, quindi bisogna revisionarlo – continua il Segretario della FNOMCeO, Roberto Monaco -. Questo comporta che la multiprofessionalità, che già utilizziamo nel lavoro quotidiano, venga portata a sistema, includendo anche i nuovi Ordini istituiti con la Legge 3/2018”.    E proprio per dar tempo ai nuovi Ordini di entrare a pieno titolo nel sistema dell’ECM, spiegano da FNOMCeO, oltre che per dare pieno corso alla riforma del sistema, “finalizzata ad elevare la qualità degli eventi formativi per migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli operatori sanitari, con l’obiettivo di  assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale”, la Commissione ha deliberato di: mantenere l’obbligo formativo, pari a centocinquanta crediti, per il triennio 2020-2022; e consentire l’acquisizione dei crediti formativi relativi al triennio 2017/2019 sino al 31 dicembre 2020

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Boom disturbi neuropsichici in giovanissimi, fino a 20% colpiti

(da AdnKronos Salute) – Crescono i disturbi psichici e neuropsichici nell’età pediatrica. Problemi che coinvolgono fino al 20% della popolazione tra 0 e 17 anni. E aumentano i ragazzi con questi problemi in fase acuta nei pronto soccorso italiani. Il dato emerge dal ‘Libro Bianco’ realizzato dalla Fiarped, Federazione italiana delle associazioni e società scientifiche dell’area pediatrica, presentato oggi al ministero della Salute, frutto del contributo di 34 società scientifiche e associazioni che operano nel mondo del bambino e della sua salute. Il risultato è un documento dettagliato per ciascuna area specialistica, dal quale emergono alcuni problemi comuni a tutte le aree. 

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Inibitori pompa protonica, assunti con continuità aumentano il rischio di gastroenterite virale acuta

(da Doctor33)   Una terapia continuata con inibitori della pompa protonica è associata a un rischio aumentato di gastroenterite acuta durante i periodi invernali, in cui vi è un picco di circolazione dei virus enterici, secondo uno studio pubblicato su ‘Jama Network Open’.   «Tra i pazienti in terapia con inibitori della pompa protonica è stato riferito in passato un aumento del rischio di infezioni enteriche batteriche acute. Non è stato però sufficientemente studiato il rischio di gastroenterite acuta di origine virale associata a esposizione continua a questi farmaci» spiega Ana-Maria Vilcu, della Sorbonne Université di Parigi, prima autrice del lavoro.
Per meglio chiarire la questione, i ricercatori hanno condotto uno studio di coorte utilizzando un database che ha raccolto dati sulla distribuzione di farmaci da un grande gruppo di farmacie comunitarie in modo da poter esaminare la correlazione tra terapia con inibitori della pompa protonica continuata e l’insorgenza di gastroenterite acuta durante il periodo invernale della stagione 2015-2016.
Le analisi hanno identificato un totale di 233.596 pazienti esposti alla terapia, e ciascuno di essi è stato abbinato a tre controlli non esposti in base all’anno di nascita, al sesso e alla farmacia dove si serviva di solito. Gli esperti hanno potuto identificare almeno un episodio epidemico di gastroenterite acuta nell’1,3% delle persone che avevano ricevuto la terapia e nello 0,7% di coloro che invece non l’avevano ricevuta. Prendendo in considerazione solo le persone che assumevano la terapia, il rischio relativo aggiustato per età è risultato pari a 1,81 per tutte le età considerate, a 1,66 per le persone di età compresa tra 45 e 64 anni, a 2,19 per quelle di età compresa tra 65 e 74 anni e a 1,98 per quelle di almeno 75 anni di età.
«I risultati riportati in questo lavoro motivano la necessità di ulteriori studi per confermare l’associazione e studiare i meccanismi fisiopatologici che la supportano» concludono gli autori.
«Per i pazienti con un’indicazione documentata per l’uso di inibitori della pompa protonica, i medici devono assicurarsi che i benefici attesi siano bilanciati rispetto ai rischi della terapia e che venga utilizzata la dose efficace più bassa per la durata raccomandata più breve» scrivono in un editoriale di accompagnamento Kaleen Hayes e Mina Tadrous della University of Toronto, e Nardine Nakhla, della University of Waterloo, in Canada.
(Jama Network Open 2019. Doi: 10.1001/jamanetworkopen.2019.16184
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2755847
Jama Network Open 2019.
 Doi: 10.1001/jamanetworkopen.2019.16205
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2755852)

Campagna informativa sul corretto uso dell’alluminio in cucina

(da Univadis)   L’alluminio trova largo impiego nel settore alimentare per la realizzazione di imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti, come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso, caffettiere, ecc.    La contaminazione del cibo per fenomeni di migrazione da utensili o imballaggi è una delle fonti di esposizione alimentare, ma è anche quella direttamente prevenibile attraverso semplici accorgimenti, considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento.  Nei soggetti sani il rischio tossicologico dell’alluminio è limitato per via dello scarso assorbimento e della rapida escrezione. I gruppi di popolazione più vulnerabili alla tossicità orale dell’alluminio sono quelli con diminuita capacità escretoria renale: anziani, bambini sotto i 3 anni, soggetti con malattie renali e donne in gravidanza.  In Italia con il decreto ministeriale 18 Aprile 2007, n. 76 (Regolamento recante la disciplina igienica dei materiali e degli oggetti di alluminio e di leghe di alluminio destinati a venire a contatto con gli alimenti) sono state previste  specifiche  disposizioni, in particolare  i contenitori in  alluminio devono riportare in etichetta una o più delle seguenti istruzioni:

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Spazzolino e dentifricio sono strategie di prevenzione cardiovascolare

(da M.D.Digital)  Lavarsi spesso e con regolarità i denti è associato a un minor rischio di fibrillazione atriale e di insufficienza cardiaca: lo annunciano i risultati di uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology.   La correlazione non è del tutto nuova poiché già in precedenza era stato osservato che a una scarsa igiene orale fa seguito un aumento della presenza di batteri nel circo ematico con induzione di foci di infiammazione. A sua volta la flogosi aumenta il rischio di fibrillazione atriale e insufficienza cardiaca. La connessione tra igiene orale e presenza di queste due condizioni è stata presa in esame in uno studio di coorte retrospettivo che ha arruolato 161.286 partecipanti di età compresa tra 40 e 79 anni senza storia di fibrillazione atriale o insufficienza cardiaca. I partecipanti sono stati sottoposti a una visita medica di routine tra il 2003 e il 2004 e sono state raccolte informazioni su altezza, peso, test di laboratorio, malattie, stile di vita, salute orale e comportamenti di igiene orale.   Durante un follow-up mediano di 10.5 anni, 4.911 (3.0%) partecipanti hanno sviluppato fibrillazione atriale e 7.971 (4.9%) hanno sviluppato insufficienza cardiaca.  Un uso dello spazzolino da denti di tre o più volte al giorno era associato a un rischio inferiore del 10% di fibrillazione atriale e a un rischio inferiore del 12% di insufficienza cardiaca. I risultati hanno dimostrato di essere indipendenti da una serie di fattori tra cui età, sesso, stato socioeconomico, esercizio fisico regolare, consumo di alcol, indice di massa corporea e comorbidità come l’ipertensione arteriosa.  Anche se lo studio non ha approfondito i meccanismi che regolano l’associazione, è però possibile che l’uso frequente dello spazzolino da denti riduce i batteri nel biofilm subgengivale (batteri che vivono nella tasca tra i denti e le gengive), impedendone così la traslocazione nel flusso sanguigno.  Uno degli autori della ricerca ha osservato che l’analisi era limitata a un solo paese e che, come studio osservazionale, non dimostra il nesso di causalità. Ma ha aggiunto che poiché è stato studiato un campione di grandi dimensioni per un lungo periodo, ciò aggiunge forza ai risultati ottenuti.   Un editoriale di accompagnamento afferma che è certamente prematuro raccomandare lo spazzolino da denti per la prevenzione della fibrillazione atriale e dell’insufficienza cardiaca congestizia. Ma aggiunge anche che poiché il ruolo dell’infiammazione nel verificarsi di malattie cardiovascolari sta diventando sempre più evidente, sono necessari studi di intervento per definire strategie di importanza per la salute pubblica.

(Chang Y, et al. Improved oral hygiene care is associated with decreased risk of occurrence for atrial fibrillation and heart failure: A nationwide population-based cohort study. Eur J Prev Cardiol 2019; doi:10.1177/2047487319886018.

Meyre P, Conen D. Does tooth brushing protect from atrial fibrillation and heart failure? Eur J Prev Cardiol 2019; doi:10.1177/2047487319886413.)

Non si possono usare messaggistiche telematiche per lo scambio di dati sensibili

In riferimento all’articolo pubblicato sul “Resto del Carlino” in data 19 Novembre u.s., intitolato “Farmaci e visite, la ricetta è via Whatsapp” lo scrivente Ordine ha consultato la Fnomceo, che, nella persona del Presidente Dr. Filippo Anelli ha sollevato molte perplessità e suggerisce cautela (vedi documento).

Laddove il Presidente Anelli parla di ‘certificazione’, occorre spiegare che qualsiasi atto prescrittivo eseguito da un medico di Medicina Generale o Specialista su ricettario SSN è equiparato ad una certificazione, e comunque è un atto di cui si prende piena responsabilità legale ed in solido.

Qualsiasi ricetta o prescrizione, contiene, inoltre, dati sensibili che, ai sensi della Normativa Europea sulla Privacy non possono viaggiare su messaggistiche basate su piattaforme private e con server locati al di fuori della unione Europea, come Whatsapp, Telegram, Messenger e altri di uso comune.

Invitiamo gli iscritti ad ottemperare a queste norme per non incorrere in spiacevoli problemi disciplinari, siano essi deontologici o di sanzioni pecuniarie da parte della Autorità del Garante Privacy.

Diamo atto comunque ai colleghi del Poliambulatorio di via Risorgimento di avere immediatamente chiarito il malinteso con il giornalista e di avere fatto pubblicare una rettifica il giorno successivo nella quale si chiarisce il loro comportamento.

Il mezzo telematico più corretto per trasmettere dati sensibili e comunicare con i pazienti rimane la e-mail, che come tutti sappiamo necessita di doppio sistema di password per essere consultata. E la trasmissione di ricette a distanza può essere facilmente completata utilizzando l’efficiente Fascicolo Sanitario Elettronico in funzione nella nostra Regione. Invitiamo pertanto i colleghi a propagandarne l’uso presso i loro assistiti

Il Presidente

Dott. Michele Gaudio

La somministrazione serale della terapia anti-ipertensiva determina una maggiore riduzione del rischio cardiovascolare

(da Cardiolink)  Il trial Hygia Chronotherapy, condotto nell’ambito delle cure primarie, ha confrontato gli effetti della terapia anti-ipertensiva somministrata in due diversi momenti della giornata, prima di coricarsi e al risveglio, al fine di valutare se il timing della somministrazione influenza la riduzione del rischio cardiovascolare prodotta dal trattamento dell’ipertensione arteriosa. E’ stato condotto uno studio multicentrico prospettico e controllato in cui 19084 pazienti ipertesi (10614 uomini e 8470 donne con età media d 60.5 ± 13.7 anni) sono stati randomizzati (1:1) a ricevere l’intera dose giornaliera della terapia anti-ipertensiva (=1 farmaci) al momento di coricarsi (n=9552) o al risveglio (n=9532). All’arruolamento e durante il follow-up (comprensivo di almeno una visita all’anno), il controllo pressorio è stato valutato mediante monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa condotto per 48 ore. Durante il follow-up (di durata mediana pari a 6.3 anni) l’outcome primario – costituito dal composito di mortalità cardiovascolare, infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, scompenso cardiaco o ictus – è stato osservato in 1752 partecipanti. Dopo aggiustamento per fattori confondenti (età, sesso, comorbilità quali diabete di tipo 2 e malattia renale cronica, fumo, colesterolo HDL, pressione sistolica media notturna e precedenti eventi cardiovascolari), il rischio di andare incontro all’outcome primario è risultato significativamente più basso nei soggetti in cui la terapia era stata somministrata al momento di coricarsi, sia per quanto riguarda l’outcome composito (0.55, IC 95% 0.50-0.61; p <0.001) sia per i suoi singoli componenti (p??<0.001 per tutte le componenti), ovvero mortalità cardiovascolare (0.44, CI 0.34-0.56), infarto del miocardio (0.66, CI 0.52-0.84), rivascolarizzazione coronarica (0.60, CI 0.47-0.75), scompenso cardiaco (0.58, CI 0.49-0.70) e ictus (0.51, 0.41-0.63). Pertanto, possiamo concludere che l’assunzione serale della terapia anti-ipertensiva determina una maggiore riduzione del rischio cardiovascolare rispetto alla stessa terapia somministrata la mattina al risveglio.

(Hermida R et al. European Heart Journal. Epub ahead of print, October 2019. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehz754)

Anticoagulanti orali e farmaci da banco: il rischio di interazioni è molto serio ma poco noto

(da M.D.Digital)  Circa il 98% dei pazienti che sono in terapia con i nuovi anticoagulanti orali diretti utilizza anche farmaci da banco. Secondo i dati di un recente studio, di questi il 33% aveva assunto almeno uno farmaco Otc che, in combinazione con l’anticoagulante, potrebbe causare un sanguinamento pericoloso. E soprattutto chi assumeva questi farmaci era ignaro del pericolo di alcune interazioni potenzialmente gravi. I ricercatori hanno intervistato 791 pazienti, ai quali era stato prescritto apixaban, per indagare il loro livello di conoscenza circa le potenziali interazioni tra il farmaco e prodotti da banco. È stato chiesto loro quanto spesso assumevano acido acetisalicilico, ibuprofene/naprossene, acetaminofene e 13 integratori alimentari comuni, tra cui erbe cinesi, vari oli di pesce, zenzero e tisane, in contemporanea all’uso di una terapia anticoagulante con apixaban. Quasi tutti gli intervistati (97.5%) hanno riferito l’uso del prodotto OTC e, di questi, il 33% Aveva assunto quotidianamente o quasi tutti i giorni almeno un prodotto OTC in grado di avere interazioni apixaban potenzialmente gravi e il 6.7% aveva assunto più prodotti (media = 2.6). L’ acido acetisalicilico era utilizzata quotidianamente dal 14.7% dei soggetti (e di questi il 64.7% aveva anche assunto altri prodotti OTC potenzialmente interagenti); un uso più frammentato o al bisogno veniva riferito dal 10.4%. L’ibuprofene e il naprossene venivano assunti giornalmente/quasi tutti i giorni dall’1.8%, occasionalmente dal 28.5%. Gli integratori alimentari con interazioni potenzialmente gravi erano utilizzati ogni giorno/quasi tutti i giorni dal 20.2% del campione. Circa il 66% degli intervistati dichiarava incertezza o aveva nozioni non corrette relative al rischio di potenziale sanguinamento correlato alla combinazione di Fans e apixaba. Una minore conoscenza dei prodotti OTC in grado di avere interazioni potenzialmente gravi risultava associata a un maggiore utilizzo del prodotto OTC (OR=0.54).  Considerata l’elevata numerosità di persone che non era a conoscenza dell’esistenza di interazioni potenzialmente pericolose, gli autori sottolineano la necessità di una corretta educazione sia dei pazienti che gli operatori sanitari sui pericoli che queste combinazioni possono comportare.

(Tarn DM, et al. Prevalence and Knowledge of Potential Interactions Between Over-the-Counter Products and Apixaban. J Am Geriatr Soc 2019; doi: 10.1111/jgs.16193)

Salute orale dei bambini: genitori bocciati

(da Odontoiatria33)   La salute orale dei bambini preoccupa gli operatori e la causa è prevalentemente dovuta a alimentazione e stili di vita scorretti e una sempre minor attenzione verso la prevenzione odontoiatrica sia dei genitori che degli operatori sanitari che si occupano di infanzia (pediatri, medici, farmacisti). E’ la sintesi della ricerca italiana condotta dai ricercatori del Dipartimento di odontoiatria materno-infantile dell’Istituto Stomatologico Italiano, guidato da Luigi Paglia, in collaborazione il Laboratorio di epidemiologia degli stili di vita dell’Istituto Mario Negri diretto da Silvano Gallus, Silvia Scaglioni pediatra di Fondazione De Marchi e la società di ricerca di mercato DOXA. La ricerca una delle più importanti per numero di soggetti coinvolti e la prima che coinvolge soggetti da 0 mesi effettuata in Italia, ha cercato di valutare il fenomeno della gravità (e concause) della carie infantile (ECC) tra i bambini di età da zero e 71 mesi (l’arco di tempo in cui, secondo l’American Academy of Pediatric Dentistry si parla di carie infantile, ndr). La ricerca ha riguardato 2.522 genitori adulti di 3000 bimbi, campione rappresentativo della popolazione infantile italiana compresa tra 0 e 71 mesi divisi per diverse fasce di età.  Ai genitori, selezionati attraverso il panel on line di Doxa che conta 120 mila componenti familiari, è stato sottoposto un questionario on line nei  mesi di ottobre e novembre  2018. La percentuale di risposte è stata relativamente elevata di circa il 49 per cento.

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