Arresto cardiaco: sintomi “premonitori” diversi per uomini e donne

(da Quotidiano Sanità)    Circa una persona su due che va incontro ad arresto cardiaco accusa sintomi significativi 24 ore prima dell’evento. Sintomi che sono diversi tra uomini e donne, con i primi che avvertono dolore al petto e le seconde un’improvvisa mancanza di respiro. Alcuni sottogruppi di entrambi i sessi, invece, accusano palpitazioni, attività simil-convulsivante e sintomi simil-influenzali.  È quanto emerge da una ricerca condotta da scienziati dello Smidt Heart Institute Cedars-Sinai (USA), guidate da Sumeet Chugh, e pubblicata dal ‘The Lancet Digital Health’.

Lo studio     Il team ha preso in considerazione due studi sviluppati dagli stessi ricercatori: lo studio Prediction of Sudden Death in Multi-Ethnic Communities (PRESTO) – condotto in California su 823 persone – e l’Oregon Sudden Unexpected Death Study (SUDS). Entrambe le ricerche hanno raccolto dati dalla comunità per prevedere al meglio l’arresto cardiaco improvviso. In questi studi è stata valutata la presenza dei sintomi individuali e dei sintomi complessivi segnalati prima dell’arresto cardiaco improvviso. Le informazioni raccolte sono state confrontate con quelle ottenute da gruppi di controllo che avevano richiesto assistenza al pronto soccorso.  “Considerare i sintomi premonitori per eseguire il triage potrebbe portare a un intervento precoce e a prevenire la morte”, sottolinea Sumeet Chugh, secondo il quale i risultati della ricerca “potrebbero portare a un nuovo paradigma per la prevenzione della morte cardiaca”.

Lo studio pubblicato dal The Lancet Digital Health apre la strada a ulteriori studi prospettici che potranno combinare i sintomi con altre caratteristiche, per migliorare la previsione dell’arresto cardiaco improvviso.

(https://www.thelancet.com/journals/landig/article/PIIS2589-7500(23)00147-4/fulltext)

Cinquecento professionisti della sanità lasciano l’Italia per i Paesi arabi (dove si guadagnano fino a 20mila euro al mese)

(da Fimmg.org)   Non solo Cristiano Ronaldo, Neymar e l’ex Ct della nazionale Roberto Mancini. Sono oltre 500 i professionisti della sanità che negli ultimi tre mesi hanno deciso di lasciare l’Italia per prestare servizio nei Paese Arabi. Si tratta di 250 medici specialisti, 150 infermieri, 100 tra medici generici, fisioterapisti, farmacisti, podologi e dietisti. Per i medici ci sono salari tra i 14.000 a 20.000 euro, con servizi e casa, inserimento scolastico per i figli, agevolazioni fiscali, burocrazia snella e veloce. Per gli infermieri si va dai 3.000 a 6.000 euro. A calcolarlo sono l’Associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l’Unione medica euro mediterranea (Umem), secondo cui le specializzazioni più richieste sono dermatologia, chirurgia generale, medicina estetica, ortopedia, gastroenterologia, ginecologia, pediatria, oculistica, emergenza, chirurgia plastica, otorinolaringoiatra, dentisti; oltre agli infermieri specializzati, fisioterapisti, farmacisti e dietisti. Il 90% dei professionisti della sanità in Arabia Saudita è di origine straniera (europei, paesi arabi e africani, indiani, asiatici, cubani, sudamericani), lo stesso vale per gli altri Paesi del golfo.

Entro il 2030 in Arabia Saudita serviranno 44.000 medici e 88.000 infermieri per la crescita del numero della popolazione e l’avanzamento dell’età. Trentamila pazienti dai paesi del golfo vanno a curarsi all’estero (principalmente in Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia) con una spesa annua più di 20 miliardi. Inoltre, hanno fatto sapere le due associazioni, circa il 10% del Pil dei paesi del golfo è dedicato alla sanità ,servizi e industria sanitaria con ospedali e cliniche private all’avanguardia. Per la ricerca dei professionisti della sanità in Arabia Saudita ci sono più di 3000 siti Facebook, Telegram ed altri canali come mediatori.

Sistema Tessera Sanitaria, entro il 2 ottobre l’invio dei dati per il primo semestre 2023

(da DottNet)     Il 30 settembre scade il termine per inviare le spese sanitarie relative al primo semestre 2023. Termine che slitta al 2 ottobre, lunedì.  Si ricorda che dal 2023 è possibile accedere anche con SPID e CIE, oltre che con le proprie credenziali del Sistema Tessera Sanitaria.  Entro quella data si inviano al Sistema Tessera Sanitaria i dati del primo semestre 2023; mentre, entro il 31 gennaio 2024 si invieranno quelli relativi al secondo semestre 2023. La cadenza della trasmissione è libera e può avvenire anche giornalmente, settimanalmente, mensilmente o semestralmente. Inoltre entro il 31 ottobre, chi interessato, dovrà regolarizzare il mancato o tardivo invio della comunicazione dei dati negli anni pregressi fino a quelle riferite al primo semestre 2022 utilizzando la sanatoria per le irregolarità formali.

Nel caso in cui la mole dei dati sia consistente si consiglia di procedere con più invii antecedenti alla scadenza semestrale, in quanto il file di invio ha un limite massimo di dimensioni pari a 5Mb. In caso di errato, omesso o tardivo invio è prevista una sanzione pari ad euro 100,00 per ogni documento di spesa errata (senza possibilità di applicare il cumulo giuridico) con un massimo di euro 50.000,00.  Il calendario delle comunicazioni dei dati al sistema tessera sanitaria si presenta secondo il seguente prospetto:

PRIMO SEMESTRE 2023   >>>>>  entro il 2 Ottobre 2023

SECONDO SEMESTRE 2023  >>>>> entro il 31 gennaio 2024

DAL 1 GENNAIO 2024  >>>> entro la fine del mese successivo alla data di emissione 

È possibile effettuare la trasmissione dei dati secondo le seguenti modalità:

• utilizzo di una pagina web dedicata sul sito www.sistemats.it, per l’inserimento manuale di ogni singola spesa;

• trasmissione puntuale di ogni singola spesa, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice sincrono;

• trasmissione massiva di un file Xml, contenente uno o più documenti, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice asincrono.

Particolarmente rigoroso risulta essere il trattamento sanzionatorio in caso di eventuali violazioni dell’obbligo in commento. L’art. 3, comma 5-bis, del D.lgs. n. 175/2014 prevede quanto segue:

– in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione fino a un massimo di 50.000 euro;

– nei casi di errata comunicazione dei dati la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro i 5 successivi alla segnalazione stessa;

– la comunicazione correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza prevista comporta la riduzione della sanzione a un 1/3 con un massimo di 20.000 euro.

È da tenere in debita considerazione il documento di prassi n. 22/2022 dell’Agenzia delle Entrate che ha chiarito il concetto di “comunicazione” contenuto nella norma sanzionatoria, stabilendo che debba riferirsi ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardivamente inviato al Sistema tessera sanitaria, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero di soggetti cui i documenti si riferiscono. Vale a dire, la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 472/1997.

OMCEO RN: Corso di Etica Medica “Le frontiere della medicina”

Buongiorno,

informiamo tutti i Medici Chirurghi e gli Odontoiatri che sono ancora disponibili posti ECM (6 crediti) al primo modulo del Corso di Etica Medica “Le frontiere della medicina” organizzato dalla Scuola di Etica Medica del nostro Ordine che si svolgerà in presenza presso il Centro Congressi SGR di Rimini venerdì 22 settembre al pomeriggio e sabato 23 settembre al mattino (vedi programma allegato).

Gli interessati possono effettuare l’iscrizione esclusivamente accedendo al link qui di seguito riportato e cliccando sul riquadro “Iscriviti ora”:

https://omceorn.irideweb.it/events/949e1c02-bad0-4b9e-5bb3-08db9a4b595a

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria dell’Ordine al numero 0541.382144.

Con preghiera di pubblicità e diffusione tra i Vs. iscritti, porgo cordiali saluti.

Il Direttore

Scuola di Etica Medica OMCeO Rimini

Dott. Mario Bartolomei

Covid, sintomi dopo due anni anche in casi lievi

(da DottNet)     “Se hai preso il Covid, lo hai superato e stai bene, e dopo un paio di anni te ne sei dimenticato, il Covid non si è dimenticato di te. Sta ancora scatenando il caos nel tuo corpo”.   Usa questa frase suggestiva, Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico presso la Washington University School of Medicine di St. Louis, per illustrare i risultati dello studio americano, pubblicato su ‘Nature Medicine’, che ha dimostrato come, anche chi ha avuto un’infezione da Sars-Cov-2 in maniera lieve, a distanza di ben 2 anni, ha un rischio maggiore di soffrire di una serie di sintomi, che vanno da problemi polmonari, cardiovascolari, gastrointestinali, di coagulazione del sangue, oltre all’affaticamento, al diabete e altri disturbi tipici della sindrome del Long Covid. Lo studio è il primo a documentare quanto il rischio di sviluppare effetti collaterali oltre i primi mesi o dopo un anno dall’infezione da coronavirus, anche in pazienti che hanno avuto la malattia in forma lieve. Secondo Al-Aly, primo autore dello studio, solo altri due studi avevano valutato orizzonti temporali di due anni, ma concentrandosi su un gruppo ristretto di sintomi, come quelli sul sistema nervoso. La ricerca – come riporta il Washington Post – sottolinea inoltre l’onere che continua a gravare su milioni di persone negli Stati Uniti e sul sistema sanitario nazionale, anche se il governo federale ha annullato l’emergenza sanitaria pubblica tre mesi fa e l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che la pandemia non è più un’emergenza sanitaria di interesse internazionale. Il nuovo studio, basato sulle cartelle cliniche elettroniche dei database del Veterans Affairs St. Louis Health Care System, ha riguardato quasi 139mila veterani militari a cui è stato diagnosticato il Covid all’inizio della pandemia, da marzo 2020 fino alla fine di quell’anno. Sono stati confrontati con un gruppo di quasi 6 milioni di veterani che non erano stati infettati nello stesso arco temporale. Entrambi i gruppi sono stati monitorati ogni sei mesi fino ai due anni, osservando se chi aveva avuto il Covid presentava percentuali più alte di circa 80 condizioni tipiche del Long Covid.

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