Diabete, continua ad aumentare l’incidenza. 1,3 miliardi di persone affette nel 2050

(da Doctor33)    Secondo le stime pubblicate di recente dalla prestigiosa rivista “The Lancet”, nel 2050 oltre 1,3 miliardi di persone a livello globale si troveranno a convivere con il diabete. Una crescita più che doppia rispetto ai 529 milioni di casi del 2021.
Il diabete è una delle principali cause di morte e disabilità in tutto il mondo e colpisce le persone indipendentemente dal paese, dalla fascia di età o dal sesso. Utilizzando il quadro probatorio e analitico più recente del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), i ricercatori hanno prodotto stime specifiche per posizione, età e sesso della prevalenza e del carico del diabete dal 1990 al 2021, la proporzione di diabete di tipo 1 e di tipo 2 nel 2021 e le proiezioni della prevalenza del diabete fino al 2050. L’OMS ha identificato il diabete come una delle tre malattie bersaglio nel suo piano d’azione globale dell’OMS per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili e il Global Diabetes Compact dell’OMS è stato istituito nel 2021 per migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria e lavorare a stretto contatto con coloro che vivono con il diabete.
L’aumento della prevalenza (rispetto ai 529 milioni nel 2021) è legato all’aumento del diabete di tipo 2, che a sua volta è causato da un aumento della prevalenza dell’obesità e dai cambiamenti demografici. Nel 2021, il diabete di tipo 2 rappresentava il 90% di tutta la prevalenza del diabete. La maggior parte dei casi di diabete è attribuibile a fattori di rischio sociale, come un indice di massa corporea elevato, rischi dietetici, rischi ambientali e professionali, uso di tabacco, consumo di alcol e scarsa attività fisica. Il tasso globale di prevalenza del diabete standardizzato per età nel 2021 è stato del 6,1%, con punte del 9,3% nella superregione Nord Africa e Medio Oriente e del 12,3% nella regione Oceania. Il diabete era particolarmente diffuso nelle persone di età pari o superiore a 65 anni in ogni località, ma in alcune località i tassi di prevalenza erano elevati anche negli adulti più giovani, superando il 10% tra quelli di età compresa tra 30 e 34 anni in dieci paesi, tutti in Oceania.
Tra il 2021 e il 2050, la prevalenza globale del diabete dovrebbe aumentare del 59,7%, passando dal 6,1% al 9,8%, risultando in 1,31 miliardi di persone affette da diabete nel 2050.
Di questo aumento, il 49,6% è determinato dalle tendenze dell’obesità e il restante 50,4% è determinato dai cambiamenti demografici. Si prevede che la prevalenza del diabete standardizzata per età sarà superiore al 10% in diverse regioni: Nord Africa e Medio Oriente (16,8%), America Latina e Caraibi (11,3%).
Il previsto aumento della prevalenza totale del diabete dovrebbe essere guidato dal diabete di tipo 2. Si prevede che la prevalenza globale diabete di tipo 2 aumenterà del 61,2%, passando dal 5,9% nel 2021 al 9,5% nel 2050, interessando più di 1,27 miliardi di persone.
La prevalenza globale standardizzata per età del diabete di tipo 1 dovrebbe aumentare del 23·9%, dallo 0,2% nel 2021 allo 0,3% nel 2050.
Il diabete, concludono i ricercatori, era già una malattia preoccupante nel 2021 ed è destinato a diventare un problema di salute pubblica ancora più grave nei prossimi tre decenni. Senza alcuna strategia di mitigazione efficace la prevalenza della malattia continuerà ad aumentare senza sosta.
Bisogna quindi identificare con urgenza soluzioni che limitino l’aumento della popolazione dei fattori di rischio per il diabete, altrimenti è probabile che l’avanzata della malattia continui senza sosta. Allo stesso tempo, bisogna migliorare ed espandere l’accesso alle cure per il diabete per limitare le complicanze associate alla malattia.

Troppa TV da bambini aumenta il rischio di sindrome metabolica da adulti

(da Quotidiano Sanità)   Guardare troppa TV da bambini è associato a una maggiore probabilità di sviluppare la sindrome metabolica da adulti. A mostrarlo è un team dell’Università di Otago a Dunedin, in Nuova Zelanda, guidato da Bob Hancox, che ha pubblicato uno studio su ‘Pediatrics’.   La sindrome metabolica comprende un gruppo di condizioni tra cui ipertensione, iperglicemia, eccesso di grasso corporeo e livelli anomali di colesterolo che portano a un aumento del rischio di malattie cardiache, diabete e ictus.

Per il loro lavoro i ricercatori hanno preso in considerazione 879 partecipanti allo studio Dunedin. Il team ha osservato, così, che i bambini tra 5 e 15 anni che passavano molte ore (in media due) davanti alla TV avevano maggiori probabilità di sviluppare la sindrome metabolica intorno ai 45 anni.   Il maggior tempo trascorso davanti allo schermo, inoltre, si associava a un rischio più elevato di essere in condizione di sovrappeso o obesità e di avere una forma fisica peggiore sempre nella mezza età. Dallo studio è emerso anche che i ragazzi guardavano più tv delle ragazze e la sindrome metabolica era più comune negli uomini che nelle donne, 34% vs 20%.

Tra le ipotesi sull’associazione avanzate dagli autori c’è quella secondo la quale la TV “potrebbe essere responsabile di un basso dispendio energetico e potrebbe sostituire l’attività fisica e ridurre la qualità del sonno”, come evidenzia Hancox. Inoltre, il tempo davanti allo schermo “può promuovere un maggiore apporto energetico, con i bambini che tendono a consumare più bevande zuccherate e prodotti ricchi di grasso e meno frutta e verdura; abitudini che possono persistere, poi, nell’età adulta”, conclude l’esperto.(https://publications.aap.org/pediatrics/article/doi/10.1542/peds.2022-060768/192843/Childhood-and-Adolescent-Television-Viewing-and?autologincheck=redirected

Liberi professionisti: come funziona la polizza malattia per i primi 30 giorni di inattività

(da DottNet)    Le tutele assicurative dell’Enpam per l’infortunio e la malattia decorrono tutte dal 31° giorno di assenza, con l’erogazione di specifiche indennità disciplinate da un apposito Regolamento. Riguardo alla copertura dei primi trenta giorni di malattia, le diverse categorie hanno posizioni piuttosto variegate: a parte gli specialisti ambulatoriali, che hanno il mantenimento della retribuzione per tutti i primi sei mesi di malattia, gli altri convenzionati (medici di famiglia, continuità assistenziale, emergenza territoriale, con l’unica eccezione dei pediatri di libera scelta) godono di una copertura assicurativa con la compagnia Cattolica Assicurazioni, che li tiene indenni dalle spese sostenute per il mancato esercizio dell’attività professionale (pagamento del sostituto o valore dei turni non svolti). Questa tutela, salvo alcune particolarità, copre anche eventi di durata inferiore ai trenta giorni, ed è finanziata da un contributo aggiuntivo presente nei contratti di categoria. 

Per i liberi professionisti (iscritti alla Gestione Quota B dell’Enpam), sino a poco tempo fa, i primi trenta giorni di malattia o di infortunio erano sprovvisti di coperture, salvo che il singolo decidesse di tutelarsi per proprio conto con una compagnia da lui scelta, a prezzi di solito molto elevati.

Da qualche mese, però, la polizza Enpam garantisce una tutela (curata dalla compagnia ITAS Mutua) per i primi trenta giorni ad un prezzo molto competitivo: 120 euro all’anno. A differenza dei convenzionati, che debbono produrre le fatture delle spese sostenute e portarle a rimborso, in questo caso viene garantito un importo fisso di 150 euro al giorno, con una franchigia di cinque giorni. L’inabilità temporanea all’attività professionale deve essere dovuta ad un infortunio o ad una malattia di durata comunque superiore a trenta giorni. Quindi, ad esempio, per un’assenza di 30 giorni (a differenza dei convenzionati), non si ha diritto a nessun risarcimento, mentre per un’assenza da 31 giorni in poi si ha diritto a 3.750 euro (150 per 25) a carico dell’Assicurazione per i primi trenta giorni, e dal 31° giorno si ha diritto all’indennità dell’Enpam. 

La polizza tutela un massimo di 3 eventi per ogni anno solare e la copertura cessa dopo il compimento del 75° anno di età. Come per quasi tutte le assicurazioni, la garanzia non opera per le malattie pregresse rispetto al contratto; in caso di pratica di alcune attività e sport pericolosi; e nei casi di ubriachezza, abuso di psicofarmaci ed uso di stupefacenti.

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