Depressione del medico: i fattori di rischio pesano di più

(da M.D.Digital)   Cosa accade quando è il medico ad essere depresso? Come si comportano quando i giorni bui si trasformano in settimane, e a volte anche in mesi? Esistono dei fattori specifici che portano alla depressione nel medico? Quali trattamenti i medici cercano o evitano? La realtà è che quello che molti medici depressi fanno è … niente. Oppure provano rimedi che in realtà non aiutano. In una recente indagine è stato chiesto a un gruppo di medici se avessero sperimentato episodi di depressione durante la loro carriera e, in caso affermativo, che tipo di intervento hanno scelto per uscire. Questi in sintesi i risultati: il 33% ha deciso per un aiuto professionale, il 27% si è affidato all’autocura, il 14% ha avuto comportamenti autodistruttivi, il 10% non ha fatto alcunché, il 6% ha cambiato lavoro, il 5% si p autoprescritto dei farmaci, il 4% ha dichiato un generico altro, l’1% si è rivolto alla preghiera. Per quanto riguarda la terapia, al maggior parte dei medici ha tentato opzioni multiple. Tuttavia, la maggior parte non ha preso nessuna misura per mesi se non addirittura per anni prima di decidersi finalmente a fare qualcosa (e talvolta questo si è tradotto in autolesionismo).

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I Rimedi naturali, andrebbero sempre discussi con il proprio medico

(da M.D.Digital)   Il medico dovrebbe essere edotto in relazione ai rimedi naturali che i pazienti affetti da cardiopatie di vario genere potrebbero assumere, in modo da essere in grado di valutare le potenziali implicazioni cliniche, i benefici e i possibili effetti collaterali. Il tema è stato oggetto di una review pubblicata su Journal of the American College of Cardiology.
I rimedi naturali non richiedono studi clinici prima della loro commercializzazione né tanto meno approvazioni da parte di agenzie regolatorie, così la loro efficacia e sicurezza non sempre risultano provate. Una recente survey ha rivelato che un soggetto su 5 assume un rimedio naturale o un supplemento dietetico almeno una volta nella vita. Nella review sono stati valutati 42 preparati con possibili indicazioni per malattie cardiovascolari (ipertensione, scompenso cardiaco, coronaropatia, dislipidemia, malattie tromboemboliche o arteriopatia periferica) e tra questi ne sono stati selezionati 10 più comunemente utilizzati in terapia cardiovascolare per discuterne indicazioni, dati biologici e clinici, dati di sicurezza. I ricercatori hanno osservato che vi è una complessiva mancanza di evidenze e non è sempre possibile stabilire una chiara relazione causa-effetto tra esposizione a questi rimedi e potenziali effetti indesiderati. Suggeriscono dunque che, a causa della popolarità di questi rimedi e delle potenziali interazioni con altre terapie, sarebbe sempre opportuno indagarne l’uso presso i pazienti. Va detto che spesso i pazienti non forniscono volontariamente informazioni relativamente all’uso di questi composti poiché non vengono percepiti come farmaci veri e propri. Diventa così importante un’indagine da parte del medico, anche perchè si è osservato come l’uso di rimedi naturali è associato a una bassa aderenza alle terapie convenzionali, con tutti i problemi che ne possono derivare. I potenziali rischi derivati da scarsa compliance o da eventuali interazioni devono essere illustrate e discusso con il paziente.
In questo studio i ricercatori hanno anche sottolineato l’importanza dell’educazione e della consapevolezza in materia da parte del medico, considerando che lo studio delle medicine complementari o alternative non fa parte dei piani di studio. Avere una soddisfacente conoscenza permetterebbe di fornire un altro livello di cura dove la parte informativa comprende i diversi approcci terapeutici, tradizionale e alternativo, con accenti tanti sull’efficacia quanto sugli eventuali eventi avversi o le possibili interazioni.
(Liperoti R, et al. Herbal Medications in Cardiovascular Medicine. J Am Coll Cardiol 2017; 69: 1188-99.)

Un utile manuale sui DCA a disposizione dei nostri iscritti

Nella seduta del 30 Maggio u.s. il nostro Consiglio Direttivo ha deliberato di concedere il Patrocinio alla pubblicazione “Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione” a cura degli specialisti della Associazione “Volo Oltre” di cesena, una Onlus che oltre dieci anni è molto attiva in tema di Disturbi del Comportamento Alimentare. “Volo Oltre” ha curato la realizzazione di questo interessante opuscolo di inquadramento e trattamento dei DCA, che tutti i colleghi possono scaricare e consultare cliccando qui

Le relazioni virtuali riducono il nostro benessere

(da M.D.Digital)   Rimanere troppo a lungo connessi ai social network compromette il livello di benessere delle persone: lo afferma uno studio condotto da due ricercatori americani, pubblicato sulla rivista Harvard Business Review, che hanno confrontato il comportamento di un gruppo di individui che preferivano una relazione con altre persone con il tramite di Facebook rispetto a quando la relazione avveniva nella vita reale. In particolare, è stato chiesto a ogni intervistato di indicare fino a quattro amici con cui aveva discusso questioni importanti e fino a quattro amici con cui aveva passato del tempo libero.  La ricerca è stata condotta su 5.208 adulti: ne sono state analizzate le attività compiute su Facebook nell’arco di due anni e le risposte a un questionario sulle loro relazioni sociali. Lo studio è stato condotto su diversi aspetti psicosomatici, quali la soddisfazione, il benessere mentale, il benessere fisico, e la massa corporea. I risultati mostrano che mentre le relazioni sociali reali aumentano il benessere, quelle effettuate solamente su Facebook lo fanno diminuire. E questo vale soprattutto per la salute mentale. La sensazione dei due ricercatori, è che il malessere provenga soprattutto dal confronto che si fa con la vita degli altri attraverso quanto viene diffuso sul social. Solitamente, infatti, si tende a postare gli aspetti più belli o goliardici della propria esistenza, dalle feste con gli amici alle vacanze in posti esotici e simili.
L’esposizione alle immagini curate con attenzione della vita degli altri porta a un confronto negativo, e l’enorme quantità di interazione con i social media può sminuire esperienze di vita reale più significative, sostiene il rapporto. L’effetto negativo di Facebook sul benessere psicologico tuttavia non è dovuto tanto a cosa vi si faccia di preciso, ma a quanto lo si usa. I risultati, hanno concluso i ricercatori, suggeriscono che la natura e la qualità di questa sorta di connessione non è un sostituto per l’interazione con il mondo reale di cui abbiamo bisogno per una vita in salute.  Precedenti ricerche avevano dimostrato che l’uso dei social media può compromettere le relazioni sociali, riduce il tempo investito in attività significative, aumenta i comportamenti sedentari incoraggiando il tempo trascorso davanti a uno schermi, conduce a dipendenza da internet, ed erode l’autostima attraverso confronto con situazioni che appaiono più belle e più soddisfacenti delle proprie.
(Shakya HB, Christakis NA. A New, More Rigorous Study Confirms: The More You Use Facebook, the Worse You Feel. https://hbr.org/2017/04/a-new-more-rigorous-study-confirms-the-more-you-use-facebook-the-worse-you-feel)

La dieta iposodica è davvero sempre salutare?

(da M.D.Digital)  Così si è sempre pensato ma alcuni dati sembrano suggerire che, in realtà, uno stretto controllo delle quantità di alimenti salati che vengono consumati non sia così utile e benefica per la salute cardiovascolare. A lanciare il provocatorio messaggio è un recente studio, che un gruppo di epidemiologi dell’Università di Boston ha presentato al congresso annuale dell’ American Society for Nutrition di recente conclusosi a Chicago. Secondo le parole di uno degli autori dello studio, Lynn Moore, professore associato alla Boston University School of Medicine, i partecipanti a uno studio a lungo termine non hanno ricavato vantaggi, in termini di riduzione della pressione arteriosa o del rischio di sviluppare malattie cardiache, da una dieta a basso contenuto di sodio.

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Tumori infantili: Italia al primo posto in Europa

E’ molto triste constatare questo primato, che certo si deve allo scarso interesse alle tematiche ambientali e di prevenzione. Al riguardo consigliamo la lettura dell’articolo della nostra collega Patrizia Gentilini, pubblicato sul “Fatto Quotidiano” il 22 Maggio  Leggi l’articolo completo al LINK 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/22/tumori-infantili-litalia-detiene-il-triste-primato-in-europa/3603469/

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