ECM: ancora un anno per raccogliere i crediti formativi

(da Odontoiatria33)   Tra le norme contenute nel ‘Decreto Milleproroghe’ pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 dicembre scorso anche quella che interviene in materia di formazione professionale continua con l’estensione di un anno (al 31 dicembre 2023) del termine per l’acquisizione dei crediti utili per completare il quadriennio ECM.    Come si legge nel provvedimento, “All’articolo 5-bis del decreto-legge 29 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole: «triennio 2020-2022» sono sostituite dalle seguenti: «quadriennio 2020-2023». 

Provvedimento che non aumenta o riduce il numero di crediti da raccogliere che rimangono 150 (salvo esenzioni o bonus).  Con questo provvedimento, invece delle sanzioni ai sanitari che non hanno raccolto il numero di crediti previsti, a due giorni dalla scadenza del triennio prevista al 31 dicembre 2022, il Governo ha deciso di prorogare di un anno il termine entro cui poter raccogliere i crediti formativi ECM estendendo il triennio formativo, che ora diventa quadriennio (2020-2023). Con buona pace per i dentisti (e altri liberi professionisti) che, invece, avevano dedicato tempo e speso soldi per aggiornarsi e rispettare l’obbligo di aggiornamento professionale nei termini previsti. 

Alzheimer e Parkinson potrebbero avere un’origine comune

(da DottNet)    Alzheimer e Parkinson potrebbero nascere dallo stesso meccanismo neurodegenerativo, per poi differenziarsi solo in seguito: ad avanzare questa nuova ipotesi, che potrebbe cambiare radicalmente l’approccio alle due malattie, è uno studio pubblicato sulla rivista IBRO Neuroscience Reports da tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc).     I tre studiosi – Daniele Caligiore, Flora Giocondo e Massimo Silvetti – hanno ricomposto come in un puzzle i risultati di diverse ricerche su Alzheimer e Parkinson condotte in vari ambiti, dalla genetica alla neurofisiologia.   Sono arrivati così a ricondurre le due malattie allo stesso fenomeno neurodegenerativo che hanno chiamato NES (Neurodegenerative Elderly Syndrome, Sindrome neurodegenerativa dell’anziano) e che sarebbe caratterizzato da tre stadi progressivi. 

   La prima ‘fase di semina’, osserva Caligiore, “inizia molti anni prima rispetto al manifestarsi dei sintomi clinici e in essa si può avere una progressiva perdita di neuroni che producono noradrenalina e serotonina. Proponiamo che tale danno iniziale possa essere causato principalmente dal malfunzionamento di una proteina molto diffusa nel nostro corpo, l’alfa-sinucleina. Le disfunzioni iniziali possono essere dovute a diversi fattori genetici, ambientali o legati allo stile di vita, chiamati ‘semi’, e possono interessare diverse parti del corpo. In particolare, l’alfa-sinucleina malfunzionante può avere diverse vie d’accesso al cervello: potrebbe avere origine in situ o essere trasportata dall’intestino”. Il tipo di seme o fattore scatenante e la parte del cervello e del corpo interessata dalle disfunzioni iniziali di alfa-sinucleina, la via d’accesso e il tipo di neuromodulatore maggiormente coinvolto in questa fase embrionale della malattia influenzano la futura possibile progressione della NES verso la trasformazione in Parkinson o Alzheimer.    

    Nella seconda fase “iniziano a manifestarsi disfunzioni dei neuroni che sintetizzano il neuromodulatore dopamina e che si trovano in due regioni diverse del cervello: nell’area tegmentale ventrale (gestione degli aspetti cognitivi e motivazionali) e nella substantia nigra pars compacta (gestione degli aspetti motori)”, aggiunge Giocondo. “I sintomi clinici sono ancora silenziosi, grazie a meccanismi compensatori che mantengono l’equilibrio delle diverse concentrazioni di neuromodulatori”: perciò questa fase della NES è detta ‘di compensazione’. La terza e ultima fase è quella di biforcazione in cui “la NES diventa Alzheimer se l’area dopaminergica maggiormente colpita è l’area tegmentale ventrale, oppure diventa Parkinson se l’area più colpita è la substantia nigra pars compacta”, continua Silvetti. 

    Se confermata da futuri studi empirici, l’ipotesi NES potrebbe rivoluzionare la ricerca su queste due malattie neurodegenerative, indicando nuove strade per la diagnosi precoce e per lo sviluppo di terapie da attuare in fase precocissima, prima della manifestazione di sintomi clinici.    “Anche l’intelligenza artificiale potrebbe essere uno strumento per verificare o confutare l’ipotesi NES. A questo proposito – racconta Caligiore – al Cnr-Istc stiamo sviluppando degli algoritmi di machine learning per combinare e analizzare grandi quantità di dati eterogenei (clinici, genetici, di risonanza magnetica) su Alzheimer e Parkinson messi a disposizione da database internazionali allo scopo di trovare delle traiettorie di neurodegenerazione comuni tra le due malattie”.

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