Cesena: Casa di Cura Privata “Malatesta Novello” ricerca Medico

Si ricerca per collaborazione nella Casa di CuraMalatesta Novello di Cesena,  Medico-chirurgo.

L’ambito lavorativo sarà nel reparto Ortopedico, con impegno a svolgere attività riguardante la gestione dei pazienti ricoverati in reparto;

possibilità anche di attività in Sala Operatoria come assistente.

I recapiti per contattare la struttura sono i seguenti:

0547/370711 – Segreteria

0547/370752 – Direzione

info@malatestanovello.it

Vaccino COVID-19: la scelta in gravidanza e allattamento

da Univadis)    Le donne in gravidanza con COVID-19 hanno un rischio più elevato rispetto alle donne non gravide con caratteristiche simili di andare incontro ad esiti negativi di salute, con rischi che possono anche essere maggiori per i loro figli. Pertanto, è fondamentale che le donne in gravidanza abbiano l’opportunità di essere vaccinate, in particolare se soddisfano i criteri per la vaccinazione. Tuttavia, poiché le donne in gravidanza sono state escluse dagli studi sulla vaccinazione COVID-19, abbiamo informazioni limitate su efficacia e sicurezza in questo gruppo di persone (1).

Vaccini e gravidanza

L’uso di vaccini per proteggere la donna gravida da malattie infettive è parte integrante della pratica ostetrica di routine. E’ noto che il vaccino contro l’influenza stagionale protegge le madri da malattie gravi e protegge i neonati nei primi mesi di vita. I vaccini contro il tetano, la difterite e la pertosse vengono somministrati in gravidanza tra la 26a e la 34a settimana di gestazione per proteggere la madre e il bambino. Questi vaccini forniscono la migliore protezione contro gli effetti di queste malattie e hanno eccellenti profili di sicurezza supportati da dati di studi su animali e da studi epidemiologici in donne in gravidanza (2). Nel caso di COVID-19, il tempo rappresenta un fattore essenziale da considerare per un buon esito degli interventi di cura.  Per le donne in età riproduttiva, comprese quelle in gravidanza o dopo il parto, la prevenzione di gravi malattie in corso di COVID-19 richiede una risposta tempestiva, che deve considerare le attuali conoscenze sull’efficacia e la sicurezza di questi vaccini (2).

Nonostante i criteri di eleggibilità restrittivi degli studi sui vaccini contro COVID-19, si sono verificate diverse gravidanze dopo la fase di arruolamento, anche perché alcune non sono state rilevate durante lo screening di prevaccinazione. In uno studio Pfizer-BioNTech, si sono verificate 23 gravidanze e 12 nel gruppo vaccino. Nello studio sul vaccino Moderna, sono state segnalate 13 gravidanze, di cui 6 nel gruppo vaccinato. La revisione dell’ente regolatorio degli Stati Uniti (FDA) sulla tossicità riproduttiva per lo sviluppo e perinatale/postnatale del vaccino Moderna ha concluso che il vaccino non ha avuto alcun effetto negativo sulla riproduzione femminile, sullo sviluppo fetale/embrionale o sullo sviluppo postnatale ad eccezione delle variazioni scheletriche che sono comuni e tipicamente si risolvono dopo la nascita senza intervento. Non è ancora disponibile alcun follow-up a lungo termine su queste donne incinte o sui loro figli. Nello studio sul vaccino Janssen, ci sono state 8 e 4 gravidanze rispettivamente nei gruppi vaccino e placebo. C’è stato un aborto spontaneo (gruppo vaccino), un aborto incompleto (gruppo placebo), 2 aborti elettivi (gruppo placebo) e 1 gravidanza ectopica (gruppo vaccino).  Janssen ha presentato uno studio di tossicità riproduttiva sullo sviluppo e perinatale/postnatale in conigli che hanno ricevuto due volte la dose di vaccino umano prima dell’accoppiamento e durante i periodi di gestazione; la revisione della FDA su questo studio ha concluso che il vaccino “non ha avuto effetti negativi sulla riproduzione femminile, sullo sviluppo fetale/embrionale o sullo sviluppo postnatale” (3).

Sicurezza per la donna gravida e il feto 

Per i vaccini mRNA, l’mRNA non entra nel nucleo cellulare e ha un’emivita stimata di 8-10 ore. Il vaccino a vettore virale Janssen è modificato affinchè non possa replicarsi. Questo permette che non ci sia viremia durante la gravidanza e non prevede che il vaccino infetti il ​​feto. Data la breve emivita dell’mRNA del vaccino, è improbabile che venga trasmesso dalla madre al feto durante la gravidanza o al neonato durante l’allattamento. Se l’mRNA del vaccino entra nel latte materno, si prevede che venga scomposto durante il processo digestivo e non è probabile che venga assorbito in uno stato intatto e funzionale. È improbabile che il vaccino a vettore virale Janssen entri nel latte materno poiché la viremia non si verifica dopo la somministrazione. La proteina espressa dall’mRNA probabilmente rimane nel corpo per diversi giorni, in modo simile a quanto previsto con i tradizionali vaccini a base di proteine. È probabile che la proteina espressa rimanga associata alle cellule e quindi ha anche una bassa probabilità di trasmissione al feto durante la gravidanza o al lattante attraverso il latte materno. È improbabile che questi vaccini rappresentino un rischio per la donna incinta, che influiscano sul feto e ciò sembra ammissibile anche durante l’allattamento (3). 

L’insieme di dati acquisiti durante la campagna vaccinale ha portato il Center for Distasse Control and Prevention (CDC) ad orientare all’uso di questi vaccini durante la gravidanza e l’allattamento, in particolare alle donne gravide nel caso in cui fanno parte di un gruppo a cui è stato raccomandato il vaccino.  Il parere è stato supportato dall’analisi dei dati del programma di monitoraggio del CDC sulla sicurezza del vaccino v-safe, che a partire dal 16 febbraio 2021 ha ricevuto la segnalazione di più di 30.000 donne in gravidanza e comprende il monitoraggio di 275 gravidanze completate e 232 nati vivi. Le partecipanti sono stati controllate per aborto spontaneo e nati morti, complicazioni della gravidanza, ricovero in unità di terapia intensiva ostetrica, esiti avversi alla nascita, morte neonatale, ricoveri in nenatologia e difetti alla nascita. Ad oggi, gli esiti della gruppo gravidanza sono paragonabili ai tassi di fondo e sia nelle gravidanze che nei neonati non sono stati osservati esiti inaspettati correlati alla vaccinazione COVID-19 (4) .

Risposta immunologica al vaccino in gravidanza

I vaccini mRNA COVID-19 hanno dimostrato di essere immunogenici, in base alla valutazione delle risposte immunitarie sia umorali che cellulari, nelle donne in gravidanza, in allattamento e non gravide, che non allattavano. Dopo la seconda dose dei vaccini mRNA, il 13% delle donne in gravidanza e il 47% delle donne non gravide ha manifestato febbre. Ci sono dati coerenti a convalida che la vaccinazione provoca risposte anticorpali più elevate rispetto all’infezione (5,6). La rilevazione di anticorpi leganti e neutralizzanti nel sangue cordonale del neonato suggerisce un efficiente trasferimento transplacentare degli anticorpi materni. Come con la raccomandazione per difterite, tetano e la vaccinazione contro la pertosse in gravidanza per proteggere i neonati vulnerabili, la vaccinazione materna COVID-19 in gravidanza può conferire benefici simili ai neonati che potrebbero non essere idonei alla vaccinazione (6). 

Anticorpi post vaccino nel latte materno

Un recente studio ha analizzato, in 84 donne sottoposte volontariamente a vaccino anti-COVID-19, se l’immunizzazione materna provocasse la secrezione di anticorpi SARS-CoV-2 nel latte materno e valutato eventuali potenziali eventi avversi per le donne e i loro bambini (7). I dati documentano una forte secrezione di anticorpi IgA e IgG specifici per SARS-CoV-2 nel latte materno per 6 settimane dopo la vaccinazione. La secrezione di IgA era evidente già 2 settimane dopo la vaccinazione, seguita da un picco di IgG dopo 4 settimane (una settimana dopo la  seconda dose di vaccino).  Gli anticorpi trovati nel latte materno di queste donne hanno mostrato forti effetti neutralizzanti, suggerendo un potenziale effetto protettivo contro l’infezione nel neonato (7).

(1 – McSpedon C Pregnancy and COVID-19 AJN 2021;121:18-20 

2- Riley LE et al Inclusion of Pregnant and Lactating Persons in COVID-19 Vaccination Efforts Ann Int Med 2021;174:701-2

3- Blumberg D et al. COVID-19 Vaccine Considerations during Pregnancy and Lactation Am J Perinatal 2021; 38: 523-28

4- Shimabukuro T. COVID-19 vaccine safety update. Advisory Committee on Immunization Practices(ACIP) presentation March 1, 2021. 

5- Wang  Z, et al. mRNA vaccine-elicited antibodies to SARS-CoV-2 and circulating variants.   Nat 2021;592:616-22.

6- Collier AY et al. Immunogenicity of COVID-19 mRNA Vaccines in Pregnant and Lactating Women. JAMA. Published online May 13, 2021. doi:10.1001/jama.2021.7563

7- Perl SH, et al. SARS-CoV-2–Specific Antibodies in Breast Milk After COVID-19 Vaccination of Breastfeeding Women. JAMA. 2021;325:2013–4)

Le sigarette compromettono le cure odontoiatriche

(da DottNet)  Per non mandare in fumo la salute di denti e gengive bisogna smettere di fumare:tanti italiani non ci provano o falliscono.Lo sottolinea la Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) per la Giornata Mondiale Senza Tabacco che si è svolta il 31 maggio, riferendo i dati di un’indagine su 2600 italiani condotta da LILT e SWG che ha mostrato come pochi siano riusciti a utilizzare la ‘pausa forzata’ del lockdown per spezzare la dipendenza dal fumo. Meno di 1 su 2 ha cercato di smettere La maggioranza non ha cambiato abitudini o ha fumato di più per la difficoltà a gestire ansia e stress. Smettere di fumare è però un investimento: i fumatori sono più fragili di fronte a Covid-19 e le sigarette danneggiano la salute orale.Aumentano la deposizione di placca e così chi fuma ha un rischio da 2 a 3 volte più elevato di andare incontro a parodontite. Il fumo inoltre peggiora o rallenta la guarigione dopo trattamenti o interventi di chirurgia orale.”Paura, ansia e stress-evidenzia Luca Landi, presidente SIdP- sono stati per molti un ostacolo alla cessazione del fumo, ci si è aggrappati alla sigaretta per gestire emozioni negative. Circa il 30% ha fumato di più, il 15% ha visto ridursi la motivazione a smettere. La potenziale maggiore gravità di Covid-19 nei fumatori invece deve essere utilizzata come un’informazione dal grosso impatto. Ciò è ancora più importante nei pazienti con parodontite fumatori e che stanno manifestando disagio psicoemotivo per la pandemia: lo stress è uno dei motivi principali per cui non si riesce a non fumare,strategie di controllo sono essenziali perché la ‘triade’ fumo,stress e placca batterica è potenzialmente esplosiva per la salute orale”.”Superato lo stress generato dal lockdown forzato – aggiunge Silvia Masiero, coordinatore commissione editoriale SIdP -i fumatori potrebbero essere più ricettivi verso i messaggi sulla cessazione del fumo. L’odontoiatra e l’igienista dentale possono utilizzare strumenti di valutazione del grado di dipendenza per indicare il percorso più efficace.A volte bastano consigli come provare a rimandare più a lungo possibile l’accensione della sigaretta,controllare la respirazione,bere più acqua e distrarsi, ad esempio con una passeggiata.In altre situazioni è necessario rivolgersi ai centri anti-fumo”. 

Certificati Covid. Ci sarà una piattaforma nazionale e sarà scaricabile anche tramite Fascicolo sanitario e App Immuni.

È previsto nel decreto legge “Governance e Semplificazioni” pubblicato ieri notte in Gazzetta. La piattaforma per l’emissione e la validazione delle certificazioni verdi Covid, operabili a livello nazionale ed europeo, sarà realizzata attraverso l’infrastruttura del Sistema Tessera Sanitaria. Le certificazioni disponibili ai vaccinati sia con l’inserimento nel fascicolo sanitario elettronico che tramite l’app Immuni   Leggi L’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=95983&fr=n

Consiglio di Stato: il medico è libero di prescrivere il farmaco più appropriato

(da DottNet)    Il Consiglio di Stato ribadisce come il medico debba essere libero di prescrivere il farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso clinico che deve trattare e qualora la scelta di appropriatezza terapeutica ricada sul farmaco on-label più costoso del medicinale prescrivibile off-label, “ciò non comporta alcuna conseguenza né economica né disciplinare per il prescrittore, né tantomeno comporta oneri a carico della struttura sanitaria presso cui il paziente è stato curato”.

La sentenza nasce da un ricorso della Regione Lombardia contro la sentenza del Tar che, lo scorso agosto, aveva annullato la delibera della Giunta regionale n. XI/1986, in merito alla “Determinazione del rimborso regionale delle prestazioni farmacologiche per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età e della compromissione visiva dovuta a edema maculare diabetico con i farmaci ANTI-VEGF intravitreali”.  La delibera stabiliva che, “dal 1 agosto 2019 per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età e della compromissione visiva dovuta a edema maculare diabetico relativamente al trattamento con i tre medicinali che sono rendicontati in File F [cioè Eylea (di Bayer), Lucentis (di Novartis) e Avastin (di Roche)] un rimborso pari a 55,6 Euro per singola somministrazione per occhio”.

Una decisione contro cui la Bayer aveva presentato ricorso al Tar, ritenendo la delibera illegittimamente basata su un giudizio di equivalenza terapeutica riservato per legge all’Aifa. I giudici del Tar avevano quindi osservato come, “anche se l’equivalenza terapeutica ha la finalità di agevolare l’acquisto di farmaci in concorrenza, il principio non potrebbe essere spinto fino al punto da violare la libertà prescrittiva del medico e il principio di continuità terapeutica”. La “delibera impugnata comporta surrettiziamente (senza prevederlo formalmente) una palese coercizione del medico, tenuto conto che il farmaco on-label viene rimborsato dalla struttura presso cui è erogato in modo del tutto disancorato dal costo del farmaco, con la conseguenza che la differenza rimane a carico della struttura sanitaria, non potendo neppure essere richiesto un contributo del paziente, trattandosi di farmaco classificato in classe H/OSP a totale carico del SSR”.

La coercizione indiretta conseguente al parziale rimborso del costo del medicinale, per il giudici, “è tale da compulsare la libertà prescrittiva del medico, anche ledendo il principio della continuità terapeutica”. In pratica la Regione – come riferisce il Tar e come si legge su Quotidiano Sanità – ha esorbitato dalle proprie attribuzioni, invadendo le competenze esclusive di AIFA in tema di determinazione del prezzo di rimborso a carico del S.S.N., realizzando un indebito condizionamento sul medico prescrittore ed alterando anche i principi relativi all’impiego off label dei farmaci”. Dunque, riconoscendo un rimborso fisso, di gran lunga inferiore al costo di acquisto del medicinale effettivamente somministrato (anche dello stesso Avastin), la Regione ha imposto direttamente a carico della struttura erogatrice un onere economico “improprio”, pari al “differenziale” di prezzo.

“Onere, quest’ultimo – osserva il Consiglio di Stato, riporta Quotidiano Sanità -, che non solo non è contemplato dalla legge, ma che dovrebbe comunque essere sostenuto dal S.S.N. costituendo una quota parte del prezzo di rimborso negoziato a livello statale dall’AIFA. In tal modo, il medico prescrittore è stato posto dinanzi all’alternativa se prescrivere il farmaco che ritiene – in scienza e coscienza – più adatto alle condizioni cliniche del paziente, scaricando però sulla propria struttura di appartenenza il “maggior costo” non rimborsato dalla Regione, oppure preferire quello off label solo perché rimborsato quasi integralmente. Tenuto conto che il divario di prezzo tra Avastin e gli altri medicinali prescrivibili on label è assai rilevante, il medico è indotto a prescrivere il farmaco più economico, con conseguenze lesive degli interessi economici delle società farmaceutiche appellate”.

Ricerca Medico per torneo Internazionali di tennis Città di Forlì

Buon pomeriggio,

siamo una società che organizza eventi sportivi, nello specifico tornei di tennis: per il torneo Internazionali di tennis Città di Forlì, che si svolgerà presso il circolo Tennis Villa Carpena dal 12 al 19 giugno prossimi, ricerchiamo la figura del medico del torneo e con la presente chiediamo di divulgare la nostra ricerca a tutti i medici iscritti all’ordine per agevolarne l’individuazione.

L’impegno richiesto per il periodo indicato corrisponde all’orario dei matches che verranno disputati durante ogni giornata, indicativamente nella fascia oraria 9-19, ma da definire con precisione giorno per giorno, in base all’ordine di gioco. È importante che per le giornate per cui il medico individuato non potesse garantire la presenza all’evento, possa essere garantita la reperibilità e la possibilità di raggiungere il circolo in 10 minuti circa.

Essendo sempre presente la Croce rossa, al medico viene richiesta sostanzialmente attività di consulenza ed eventuali diagnosi e prescrizioni.   

Rimaniamo a disposizione per eventuali ulteriori informazioni,

Cordiali saluti

Valentina Re

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Covid: infezione può causare disfunzione erettile per mesi

(da AGI) Covid-19 può essere responsabile dell’insorgenza della disfunzione erettile per diversi mesi dopo la ripresa del paziente dalla malattia. Un gruppo di scienziati dell’Università di Miami ha analizzato il tessuto del pene di due pazienti Covid guariti, uno di 65 anni e l’altro di 71 anni d’età, affetti da disfunzione erettile. Stando a quanto riportato dalla rivista ‘World Journal of Men’s Health’, i ricercatori hanno scoperto che virus erano ancora presente nel tessuto del pene analizzato più di sei mesi dopo che i pazienti si erano ammalati. Uno degli uomini ha avuto una forma di Covid-19 grave, tanto che è stato ricoverato in ospedale. L’altro, invece, ha avuto una forma lieve della malattia. Questo, secondo i ricercatori, suggerisce che chiunque si infetti può essere a rischio di sviluppare la disfunzione erettile. Sappiamo che il virus può danneggiare i vasi sanguigni e gli organi interni, ma questa ricerca conclude che può anche bloccare il flusso di sangue ai genitali, rendendo difficile mantenere una vita sessuale attiva. Il virus potrebbe innescare gonfiore e disfunzione nei rivestimenti dei vasi sanguigni che attraversano il corpo e arrivano nel pene. “Abbiamo scoperto che gli uomini che in precedenza non avevano problemi di disfunzione erettile hanno sviluppato una disfunzione erettile piuttosto grave dopo l’inizio dell’infezione da Covid”, dice Ranjith Ramasamy, che ha condotto il piccolo studio. “Questo suggerisce che gli uomini che sviluppano un’infezione da Covid dovrebbero essere consapevoli che la disfunzione erettile potrebbe essere un effetto avverso del virus”, aggiunge, invitando i pazienti con questo problema a rivolgersi al medico.

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