Covid, Di Lorenzo (IRBM): vaccino AstraZeneca sotto attacco perché costa poco

(da AdnKronos Salute)   Il vaccino AstraZeneca è davvero meno efficace del prodotto Pfizer? “Ma per carità, non è così e lo spiego. Osservo, invia preliminare, che questa ondata mediatica contro AstraZeneca è partita subito dopo che è stato diffuso il prezzo del nostro vaccino”. Così Piero Di Lorenzo, presidente della Advent, l’azienda di Pomezia del gruppo Irbm spa produttrice del vaccino AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford, in un’intervista al ‘Mattino’. “Si è associato il minor prezzo ad una qualità inferiore. Invece, meritoriamente AstraZeneca e l’Università di Oxford – sottolinea – hanno scelto di caricare sulla collettività solo i costi di produzione, rinunciando a qualsiasi guadagno sulla proprietà intellettuale”.   Il vaccino, ricorda Di Lorenzo, “è efficace al 76% dopo la prima dose, all’82% con la seconda. La cosa più eclatante, però, è che la copertura è totale sugli effetti del virus che costringono al ricovero ospedaliero. Chi è vaccinato, anche se viene contagiato non subisce altra  conseguenza che un po’ di febbre o dolori allaschiena, senza avere alcun bisogno di ricovero in ospedale”. È un dato scientifico? “È un risultato reso pubblico dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Lancet in un pre-print”. Il vaccino AstraZeneca, dunque, pensa sia stato vittima di denigrazione mediatica? “Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato – risponde – ma a volte si fa centro. Osservo alcuni episodi. Si è parlato di medici che rifiutano il vaccino, nonostante sia stato ottenuto dopo sperimentazioni accurate di un’Università di prestigio come quella di Oxford e poi si scopre che un solo medico, un ginecologo, mentre era in fila ha chiesto perché non gli venisse inoculato il vaccino Pfizer”.

Responsabilità medica e relazione con le linee guida

(Autore: Anna Macchione – Ufficio Legislativo FNOMCeO)    La Cassazione ha stabilito che il giudice deve “verificare la esistenza di linee guida, stabilire il grado di colpa tenendo conto del discostamento da tali linee guida o, comunque, del grado di difficoltà dell’atto medico, stabilendo la qualità della colpa (imprudenza, negligenza imperizia) ed il suo grado al fine di verificare se il caso rientri in una delle previsioni più favorevoli.” Infatti “L’errore, ex se, non vale a tradursi nell’immediato riconoscimento della responsabilità penale. Nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, deve necessariamente farsi luogo ad un ragionamento controfattuale che deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.” (Corte di Cassazione Sezione IV Penale Sentenza N. 4063/2021)

Attività di screening nei luoghi di lavoro attraverso test antigenici rapidi naso-faringei

da AUSLRomagna:

Gentili colleghi,

Allo scopo di favorire la partecipazione e l’adesione si trasmette il progetto promosso dalla Regione Emilia-Romagna relativo allo screening collettivo nei luoghi di lavoro per la prevenzione del rischio di contagio da SARS-CoV-2. Il percorso di screening è caratterizzato da un’unità d’intenti tra tutte le figure aziendali della prevenzione e attribuisce ai Medici Competenti un ruolo centrale. I Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) dei Dipartimenti di Sanità Pubblica territorialmente competenti sono il riferimento e coordinano le attività del progetto. Per ulteriori approfondimenti e informazioni è possibile consultare la pagina web al link sotto indicato e rivolgersi direttamente ai nostri Servizi, in calce si riportano gli indirizzi di posta elettronica e i referenti per i diversi territori.

Si auspicano la massima diffusione e adesione al programma di screening in un sistema partecipato e condiviso per il raggiungimento degli obiettivi comuni di prevenzione del rischio di contagio da SARS-CoV-2 e di prosecuzione delle attività lavorative.

https://www.auslromagna.it/servizi/servizi-imprese/imprese/1232-tnf-lavoratori

Covid-19, una dose di vaccino ai guariti. L’ipotesi si fa strada. Ecco perché

(da Doctor33)    Un soggetto guarito sviluppa un certo grado di immunità, che al momento si stima possa perdurare almeno 6 mesi. È a partire da questo presupposto che si sta facendo largo tra gli esperti l’ipotesi di somministrare una sola dose di vaccino anti-Covid, senza dunque effettuare il richiamo, alle persone che già hanno contratto la Covid-19 in forma sintomatica. L’idea è supportata anche dai primi studi scientifici e approda ora all’esame di tavoli tecnici mentre si apre un confronto anche con l’Agenzia italiana del farmaco.
Ad oggi, non sono disponibili linee guida consolidate a livello internazionale sulla questione e le strategie adottate variano nei diversi Paesi. La vaccinazione ai guariti non ha una controindicazione secondo le autorità sanitarie, ma la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha recentemente raccomandato di posticipare la somministrazione del vaccino a chi si è contagiato in una situazione di scorte limitate di vaccini anti-Covid. Secondo l’Aifa, la vaccinazione non contrasta con una precedente infezione da Covid-19, anzi potenzia la sua memoria immunitaria, per cui non è utile alcun test prima della vaccinazione. Tuttavia, rileva l’Agenzia, coloro che hanno avuto una diagnosi di positività a Covid-19 non necessitano di una vaccinazione nella prima fase della campagna vaccinale, mentre questa potrebbe essere considerata quando si otterranno dati sulla durata della protezione immunitaria. Sicuramente, posticipare l’immunizzazione o non effettuare il richiamo ai guariti consentirebbe di avere a disposizione un gran numero di dosi da destinare ad altre categorie prioritarie. La Francia, ad esempio, si sta orientando in questa direzione.
Favorevole a tale strategia è l’immunologo Alberto Mantovani, professore emerito di Patologia e direttore scientifico dell’Istituto Irccs Humanitas di Milano. All’Humanitas, ha spiegato intervenendo a “Che tempo che fa” su Rai3, “abbiamo pubblicato un lavoro due settimane fa, coordinato da Maria Rescigno, in cui abbiamo osservato che nelle persone che hanno avuto Covid, nella prima dose di vaccino c’è una risposta straordinaria del livello di anticorpi. In parallelo, l’esperto Florian Krammer ha pubblicato un lavoro praticamente identico e sono usciti altri 3 lavori negli Usa con lo stesso massaggio”. Questi lavori, ha affermato, “suggeriscono che vada seriamente considerata l’ipotesi di dare una sola dose a chi ha già avuto Covid sintomatico per due motivi: il primo motivo è per il bene di chi viene vaccinato e per risparmiare tossicità e il secondo perché questo ci dà centinaia di migliaia, forse 1 milione di dosi di vaccino in più”.
Sulla stessa linea anche Massimo Galli, direttore del dipartimento Malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano, secondo il quale le persone guarite da Covid “non andrebbero vaccinate”. È infatti “verosimile – chiarisce – che i guariti mantengano una risposta immunitaria anche a lungo, e attualmente vediamo che in questi soggetti tale risposta è molto buona”. Inoltre, avverte, “in alcuni casi si sono viste delle reazioni più pesanti in soggetti guariti e vaccinati. Non si tratta di reazioni gravi o che richiedono ospedalizzazione ma non sappiamo come potrebbe ad esempio rispondere l’organismo di un soggetto anziano in questa situazione”. Il punto, conclude Galli, è che “credo si vaccini a tappeto anche per una questione di semplicità organizzativa, ma questo equivale ad una dichiarazione di incapacità di saper distinguere tra situazioni diverse”.

Origine Covid-19, Oms: I dati riconducono ad un’origine animale. Improbabile incidente da laboratorio

(da Doctor33)   Le informazioni raccolte dalla missione congiunta Oms e Cina a Wuhan «suggeriscono che l’origine del coronavirus è animale», ma «la ricerca per la possibile rotta di penetrazione del virus nelle specie animali è ancora un lavoro in corso d’opera». Lo ha dichiarato il capo della missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek, in una conferenza stampa nella città cinese, primo focolaio del coronavirus. «Un salto diretto dai pipistrelli agli umani non è probabile», ha spiegato, visto che a Wuhan e dintorni non vi è una grande popolazione di questi animali. Rimane in piedi l’ipotesi pangolini e felini come primi portatori del coronavirus, ma l’Oms ha consigliato di andare avanti con gli studi a riguardo.   Embarek ha ammesso che la missione sul campo «non ha stravolto le convinzioni che avevamo prima di cominciare» circa le origini del virus ma, ha proseguito, si sono aggiunti «dettagli cruciali». Il funzionario Oms ha poi sottolineato nel corso della spiegazione che non si è riusciti a scoprire come il virus sia entrato nel mercato Huanan di Wuhan, epicentro del primo focolaio noto della malattia, a fine 2019. «Non abbiamo trovato prove di grandi focolai che possano essere collegati prima di dicembre (2019) a Wuhan – ha detto -. Siamo anche d’accordo sul fatto che troviamo una più ampia circolazione del virus a Wuhan a dicembre, non solo limitata al mercato di Huanan» «La possibilità che la diffusione del nuovo coronavirus derivi da «un incidente collegato a un laboratorio» è «estremamente improbabile». Embarek ha identificato, invece, altre ipotesi ritenute più probabili per la diffusione del virus, tra cui la trasmissione da specie animali e attraverso la catena dei prodotti alimentari surgelati.
«Sappiamo che il virus può sopravvivere nei cibi surgelati, ma non sappiamo ancora se da questi si può trasmettere all’uomo. Su questo servono più ricerche», ha sottolineato. «L’ipotesi che il Covid attraverso il commercio di prodotti surgelati è possibile ma molto lavoro deve essere ancora fatto in questo ambito», ha aggiunto. L’ipotesi di un virus uscito dal laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan è stata lo scorso anno al centro dei sospetti internazionali, e soprattutto degli Stati Uniti, come possibile origine della pandemia di Covid-19, ed è sempre stata smentita da Pechino

Covid. Cattiva igiene orale un rischio per le persone positive

Nelle persone positive e con le gengive molto infiammate la probabilità di decesso crescerebbe di 8.8 volte, quella di ventilazione assistita di 4.6 volte e di 3.5 volte il rischio di un ricovero in terapia intensiva, con un pericolo che sale al crescere della gravità della parodontite. È quanto emerge studio appena pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology. Per la Società italiana di parodontologia e implantologia fondamentale la buona igiene orale.  Leggi L’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=92134&fr=n
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