Vitamina D, i medici endocrinologi fanno chiarezza in un documento di consenso

(da Doctor33)   Un riferimento per la comunità scientifica per quanto riguarda il trattamento delle carenze di vitamina D, per fare chiarezza sull'argomento nell'ottica della medicina basata sulle evidenze. Viene così presentato il documento di consenso preparato da un gruppo di esperti dell'Associazione Medici Endocrinologi (AME) e pubblicato su Nutrients. Gli esperti del gruppo di lavoro sottolineano che l'attuale limite di 30 ng/dl che definisce un'insufficienza di vitamina D non è adeguato. «A nostro avviso, tale limite andrebbe rivalutato in quanto troppo alto, soprattutto in assenza di forti evidenze scientifiche. L'adozione di tale livello costituisce uno dei motivi per cui si finisce per dichiarare "carenti di Vitamina D" tanti soggetti che poi probabilmente non lo sono. Nella consensus abbiamo ritenuto più opportuno definire ridotti i valori di vitamina D quando essi sono chiaramente al di sotto di 20 ng/dl» afferma Roberto Cesareo, dell'Ospedale S.M. Goretti di Latina, autore principale dello studio.  I ricercatori chiariscono poi che, pur essendo attualmente disponibili dati che associano la carenza di vitamina D a malattie diverse da quelle osteoporotiche, non si conoscono i dosaggi necessari di integrazione per ridurre l'incidenza di tali patologie, ed è quindi bene procedere con cautela per evitare prescrizioni di fatto inutili. Inoltre, il documento ricorda che anche se la prevenzione dell'ipovitaminosi deve passare attraverso l'adozione di un corretto stile di vita, la luce solare nel nostro paese non contiene una radiazione UVB sufficiente a far produrre vitamina D nella cute per molti mesi all'anno (autunno e inverno). L'analisi si sposta poi sulle molecole prescritte come integrazione. La forma inattiva della vitamina D, il colecalciferolo, è la più utilizzata, viene solitamente prescritta sotto forma di gocce o flaconcini e deve essere attivata prima nel fegato e poi nel rene. Altre molecole, come il calcefidolo, sono già parzialmente attive al momento dell'assunzione e generalmente non causano particolari effetti indesiderati. I metaboliti del tutto attivi sono invece utilizzati solo in pazienti con insufficienza renale o carenza di ormone paratiroideo, e possono causare un aumento del rischio di ipercalcemia. (Nutrients 2018. doi: 10.3390/nu10050546   http://www.mdpi.com/2072-6643/10/5/546)

FNOMCeO, no a tentativi di imporre ‘visite a cronometro’

(da AdnKronos Salute)  "Ribadiamo con fermezza il nostro no a ogni forma di tempario o minutaggio per le visite mediche ambulatoriali". Così il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, si è espresso oggi, a margine della riunione del Comitato centrale, in merito alla ricerca condotta da Cittadinanzattiva sulle 'visite a cronometro', imposte per decreto in diverse Regioni e poi bocciate, nel Lazio, dal Tar. "Questi provvedimenti, secondo un’indagine di Cittadinanzattiva, sarebbero presenti in almeno quattro Regioni, mentre in altre si tenterebbe di introdurli".  Ma "la diagnosi, la prescrizione, la terapia sono atti medici che hanno le loro basi nell’autodeterminazione del professionista. Lo scrive a chiare lettere il nostro Codice deontologico, lo ha ribadito recentemente il Tar del Lazio, che ha dichiarato illegittimi questi provvedimenti", afferma Anelli. Secondo i risultati del sondaggio, oltre allo stesso Lazio, anche Liguria, Marche e Molise avrebbero già introdotto i 'tempari', mentre i tentativi di Toscana e Sardegna sarebbero bloccati dalla sentenza del Tar.  "Il nostro Codice afferma anche un altro concetto, che ora, dopo la promulgazione della Legge219 del 2107 sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento, che lo ha ripreso e fatto suo, è obbligo di legge: quello secondo il quale il tempo dedicato alla comunicazione è parte integrante e irrinunciabile del tempo di cura - continua Anelli - La relazione di cura non può andare 'a ore'. La medicina non può essere una catena di montaggio, dove il medico è un mero esecutore, legato a obiettivi di produzione. Sosteniamo il segretario generale del Sumai, Antonio Magi, nel chiedere l’istituzione di un’anagrafe nazionale, per monitorare il fenomeno che sembrerebbe essere ulteriore fonte di disuguaglianza tra Regione e Regione, tra Asl e Asl".

Articolo 58 Codice Deontologico e sue applicazioni pratiche

Cari colleghi iscritti, è dovere di questo Consiglio Direttivo ricordare a tutti il testo dell'Articolo 58 del vigente Codice Deontologico, un tempo intestato "Rispetto Reciproco" ed ora intitolato "Rapporti tra colleghi". Il suo testo è questo sotto:

Il medico impronta il rapporto con i colleghi ai principi di solidarietà e collaborazione e al reciproco rispetto delle competenze tecniche, funzionali ed economiche, nonché delle correlate autonomie e responsabilità. 

Il medico affronta eventuali contrasti con i colleghi nel rispetto reciproco e salvaguarda il migliore interesse della persona assistita, ove coinvolta.

Il medico assiste i colleghi prevedendo solo il ristoro delle spese.

Il medico, in caso di errore professionale di un collega, evita comportamenti denigratori e

colpevolizzanti.

Ricordiamo che le norme deontologiche non riguardano soltanto la vita professionale del medico, ma incidono su tutta la sfera comportamentale del professionista, inclusi i rapporti con le autorità , con i cittadini e con i colleghi.

Troppo spesso siamo coinvolti in conversazioni di lavoro o amicali durante le quali un medico lamenta che un collega ha esternato un giudizio spiacevole sul suo operato durante una consulenza o una visita, mettendo a repentaglio la relazione di cura tra medico e paziente.

Altre volte dei nostri iscritti riferiscono che per loro necessità si sono dovuti sottoporre a visite o indagini da colleghi e per esse è stato richiesto il pagamento completo della prestazione.

Corre l'obbligo di ricordare a tutti quanto sia importante e qualificante, soprattutto ai tempi odierni, il reciproco rispetto e la salvaguardia dei rapporti professionali.

E uno dei modi da sempre più corretti per mantenere un buon rapporto con i colleghi, ai sensi dell'Art. 58, è quello di evitare commenti negativi sulla loro professionalità e anche di evitare di richiedere il pagamento di tariffe professionali a colleghi o a loro parenti stretti che si rivolgono a noi per le loro necessità di salute.

Sappiamo bene quanto sia difficile, e a volte impossibile, erogare una prestazione professionale in regime di completa gratuità, soprattutto per i colleghi dipendenti ospedalieri o per coloro che si avvalgono di strumentazioni costose o dell'opera di collaboratori esterni, ma ricordiamo che nel testo del citato Art. 58 è scritto espressamente che si può chiedere il completo ristoro delle spese, e questo, solo questo, speriamo sia richiesto da ora in poi a tutti i colleghi che richiedono la nostra opera per se stessi o per i loro familiari

                                                                                   Il Consiglio Direttivo OMCeO Forlì-Cesena

Sindrome della bocca che brucia. Qual è il trattamento più efficace?

(da Odontoiatria33)  La sindrome della bocca che brucia (BMS)è caratterizzata dalla presenza di dolore orofacciale cronico nonostante l'assenza di qualsiasi lesione visibile nella mucosa orale del paziente. La BMS si manifesta come un dolore o una sensazione di bruciore, di origine sconosciuta, che colpisce i tessuti molli orali, più comunemente la lingua, ma anche le labbra, il palato, le gengive e la mucosa buccale, e meno frequentemente il pavimento della bocca e l'orofaringe. Date le difficoltà incontrate dai professionisti nel comprendere l'eziologia di questa sindrome, un trattamento adeguato diventa difficile e in letteratura sono disponibili diverse opzioni terapeutiche.

Tipologia di ricerca e modalità di analisi  In una recentissima revisione pubblicata su Clinical Oral Investigations di giugno 2018 si cerca di dare risposta alla domanda: qual è il miglior trattamento per la BMS?  Gli autori della revisione hanno eseguito una ricerca bibliografica tramite i database PubMed, Embase e SciELO degli studi clinici randomizzati pubblicati tra il 1996 e il 2016 sull’argomento. Sono stati selezionati tutti gli studi clinici randomizzati che riportassero gli effetti dei diversi trattamenti per la BMS. I dati ottenuti dagli articoli selezionati sono stati inseriti in tabelle per le analisi successive, suddivisi in cinque sottocategorie in base al tipo di trattamento valutato.

Risultati  In seguito all'applicazione dei criteri di inclusione ed esclusione, 29 studi sono stati analizzati e suddivisi in cinque sottocategorie in base al tipo di trattamento descritto:

trattamento con farmaci antidepressivi;

trattamento con acido alfa-lipoico;

trattamento con agenti fitoterapici;

trattamento con agenti analgesici e antinfiammatori;

trattamento con terapie non farmacologiche.

In ciascuna categoria i risultati rilevati sono stati confrontati per quanto riguarda la metodologia utilizzata, la dimensione del campione, il metodo di valutazione, la presenza o l'assenza di effetti avversi e gli esiti del trattamento.

Conclusioni  L'analisi ha rivelato che il trattamento a base di antidepressivi e di acido alfa-lipoico ha mostrato risultati promettenti.

Implicazioni cliniche   Sono necessari ulteriori studi a conferma dei dati emersi da questa revisione prima di poter disporre di una strategia di trattamento di prima scelta per i pazienti colpiti da BMS.

(Isadora Follak de Souza, Belkiss Câmara Mármora, Pantelis Varvaki Rados, Fernanda Visioli. Treatment modalities for burning mouth syndrome: a systematic review. Clinical Oral Investigations 2018;22(5):1893-1905.)

Il sangue occulto nelle feci è marker di molte patologie

(da M.D. Digital)  La presenza di sangue occulto nelle feci è collegata a un aumentato rischio di morte per tutte le cause: lo rivela una ricerca pubblicata su Gut. Oltre che alla presenza di tumore intestinale, rivela una correlazione con una maggiore mortalità per malattie circolatorie, respiratorie, digestive, ematiche, ormonali e neuropsicologiche e altri tipi di tumore.  Era già emerso da precedenti studi che la presenza di sangue nelle feci potrebbe essere un fattore predittivo in relazione all'aspettativa di vita, indipendentemente dalla sua associazione con il tumore intestinale.
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