Farmacovigilanza, ecco la watchlist Fda. Numerosi antibiotici e antidepressivi nella lista
Se il pronto soccorso è affollato, non è colpa del servizio di medicina di base
(da Doctor33) L'aumento della frequentazione del pronto soccorso deriva principalmente dalle condizioni di salute a lungo termine dei pazienti e non è correlato a carenze nel servizio di medicina di base, secondo uno studio pubblicato sul British Journal of General Practice. «Le pressioni sui dipartimenti di emergenza, specialmente durante l'inverno, sono enormi: quando i reparti sono molto occupati, con lunghe attese e difficoltà a trovare posti letto per le persone che necessitano il ricovero, è facile cercare capri espiatori e suggerire che i servizi di medicina di base malfunzionanti siano la causa della crisi» esordisce Sally Hull, della Queen Mary University di Londra, prima autrice dello studio. I ricercatori però, valutando oltre 800.000 pazienti residenti nella zona est di Londra, hanno dimostrato che non è così. Per la prima volta nel Regno Unito, lo studio ha analizzato i dati resi anonimi dai singoli pazienti collegando i registri del medico di base e del pronto soccorso per ottenere un quadro più preciso delle presenze su un periodo di due anni. Avere più patologie a lungo termine è stato il più forte predittore della frequentazione del pronto soccorso, aggravato da condizioni di svantaggio sociale. I ricercatori hanno riscontrato un aumento di sei volte dei tassi di frequentazione del pronto soccorso in pazienti con quattro o più patologie a lungo termine, rispetto a quelli senza tali condizioni. Le persone residenti nelle aree più svantaggiate con quattro o più patologie a lungo termine, e che erano anche fumatori, avevano quasi il triplo del tasso di frequentazione di pronto soccorso rispetto alla stessa tipologia di persona residente nelle aree meno svantaggiate. I risultati hanno inoltre mostrato che i pazienti che più spesso si recavano al pronto soccorso erano anche quelli che con maggiore frequenza si presentavano nell'ambulatorio del medico di base. Questo suggerisce che l'aumento di anno in anno delle presenze in pronto soccorso non può essere spiegato da un problematico accesso alle cure primarie, ma prevalentemente dalla presenza di patologie a lungo termine, sia mentali che fisiche, oltre che dall'invecchiamento della popolazione, con l'aggravante dello svantaggio socio-economico. Gli autori avvertono che, poiché lo studio è stato condotto nella zona est di Londra, non è rappresentativo del paese nel suo insieme, ma che i risultati possono essere rilevanti per altre aree urbane con livelli simili di deprivazione materiale e presenza di minoranze etniche. (British Journal of General Practice 2018. Doi: 10.3399/bjgp18X694397 http://bjgp.org/content/early/2018/01/15/bjgp18X694397 )
Corte di giustizia UE, gli stipendi degli specializzandi vanno adeguati
(da DottNet) I medici specializzandi vanno adeguatamente remunerati e l’Italia non lo ha ancora fatto: lo afferma la Corte di Giustizia Ue, con le sentenze riunite sulle cause C-616/16 e C-617/16, come riporta il Sole24ore. La vicenda ha preso le mosse dalla direttiva n. 82/76/Cee, che aveva introdotto il principio per cui entro il 31 dicembre 1982 gli stati dovevano quantificare, con legge nazionale, l'entità della remunerazione.
L'Italia ha provveduto con quasi nove anni di ritardo all'attuazione della direttiva (Dlgs 257/91), con effetti a partire dall'anno accademico 1991/1992. Ma Tra il 2001 e il 2003 alcuni medici si sono rivolti al Tribunale di Palermo chiedendo la condanna dell'Università degli Studi di Palermo e dello Stato italiano al pagamento di una remunerazione appropriata per i corsi di specializzazione da loro seguiti tra il 1982 e il 1990 o quantomeno al risarcimento dei danni per la mancata trasposizione della direttiva.Dopo una sconfitta in primo grado e una vittoria in Corte d’appello, la vicenda era approdata in Cassazione, che si è rivolta, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia chiedendo di interpretare la direttiva.
In particolare, la Cassazione aveva chiesto:
1) se la direttiva sia applicabile ai corsi di specializzazione, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati prima del 31 dicembre 1982 (come detto, termine fissato agli Stati membri per conformarsi alla direttiva) e completati dopo tale data, sino al 1990 (anno precedente l'attuazione in Italia della direttiva). In caso di risposta affermativa al suddetto quesito:
2) se l'obbligo di remunerazione adeguata per i medici specializzandi sorga immediatamente per effetto della direttiva oppure solo per effetto della trasposizione della stessa nell'ordinamento nazionale;
3) se l'obbligo di remunerazione adeguata valga, per i corsi di specializzazione svoltisi “a cavallo” del 31 dicembre 1982, anche per la parte di corso anteriore a tale data. Con la sentenza odierna, la Corte afferma, innanzitutto, che la direttiva si applica a tutti i corsi di formazione specialistica, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati a partire dal 1982 (anno di emanazione della direttiva).
Tali formazioni specialistiche, quindi, devono essere adeguatamente remunerate (si vedrà oltre a partire da quando, nell'ambito di un singolo corso), a condizione che si tratti di una specialità comune a tutti gli Stati membri oppure comune a due o più Stati membri e menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio.
In secondo luogo, la Corte stabilisce che l’obbligo di remunerazione sorge immediatamentecon la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale. In effetti, l'obbligo di remunerazione previsto dalla direttiva è, in quanto tale, incondizionato e sufficientemente preciso. Quindi, se, come è accaduto in Italia, mancano le norme interne di trasposizione, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi va effettuata dal giudice mediante l'interpretazione di altre norme del diritto nazionale.
Se ciò non è possibile (e sarà il giudice nazionale a stabilirlo), si legge sul quotidiano economico, allora il mancato recepimento della direttiva deve essere considerato come un inadempimento dello Stato che comporta a suo carico l'obbligo di risarcire i singoli soggetti danneggiati. A tal riguardo, il risarcimento dovrebbe essere quantomeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva, fatta salva la possibilità per i medici interessati di provare danni ulteriori per non avere potuto beneficiare della remunerazione nei giusti tempi. In terzo luogo, la Corte dichiara che, per i medici che abbiano seguìto, a tempo pieno o a tempo ridotto, dei corsi di specializzazione “a cavallo” del 31 dicembre 1982, il diritto alla retribuzione sorge solo a partire dal giorno successivo a tale data (quindi a partire dal 1° gennaio 1983). La stessa direttiva, infatti, ha previsto che, sino al 31 dicembre 1982, gli Stati membri avessero il tempo di adeguarvisi.