#VaccinesWork: in corso la Settimana mondiale delle vaccinazioni

Con lo slogan “i vaccini funzionano”, dal 24 al 30 Aprile si tiene la Settimana Mondiale delle Vaccinazioni, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Regione Europea).Tale iniziativa si prefigge l’obiettivo principale di aumentare la consapevolezza dell’importanza delle vaccinazioni, non solo per la fascia pediatrica, ma per tutta la vita. Uno dei messaggi chiave dell’iniziativa, finalizzato alla protezione degli adulti, ricorda che “essere sempre in regola con le vaccinazioni protegge se stessi e chi ci circonda da malattie gravi e potenzialmente fatali”, ciò nasce anche dal fatto che la protezione fornita da alcuni vaccini si riduce nel tempo, per cui nel corso dell'età adulta, al fine di garantire una protezione per tutta la vita, sono necessarie dosi di richiamo vaccinale, come ad esempio, contro la Difterite, il Tetano e la Pertosse.
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Delibera orari per ricevere informatori, in Emilia Romagna scoppia il caso. Mmg: è illegittima

(da Doctor33)   Nuove nubi si addensano sul già difficile rapporto tra medici di famiglia e regione Emilia Romagna e suscitano riflessioni anche al di là di Appennino e Po. Dal 1° maggio 2017 prossimo non si potrà più ricevere gli informatori scientifici del farmaco in orario di ambulatorio. Medici di famiglia e pediatri dovranno comunicare all'Asl l'orario di ricevimento e gli informatori dovranno esibire un tesserino di riconoscimento regionale. Lo prevede la delibera della Regione 2309/2016, secondo cui i medici dovranno anche chiedere all'informatore il documento di riconoscimento e affiggere un cartello in sala d'attesa per avvisare i pazienti che non vedranno più gli Isf in orario di visita.
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Infermiere di famiglia, la nuova figura accende la polemica. Medici contrari: improvvisazione pericolosa

(da Doctor33)   «La sola gestione dei non autosufficienti a domicilio in mano ai medici di medicina generale è fallimentare». Così il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega commenta l'istituzione dell'infermiere di famiglia, una figura che, secondo il presidente Nursind, opportunamente valorizzata, potrebbe rappresentare «la soluzione per l'intasamento dei Pronto Soccorso. Pronta la replica dei medici di famiglia che in una nota di Snami esprimono la riluttanza verso la figura dell'infermiere di famiglia che in Piemonte, Lombardia e ora anche in Campania e Molise bussa alle porte di anziani, malati cronici, disabili e donne fresche di parto per verificare che controlli e terapie vengano fatti nei tempi e nei modi giusti.
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Linee guida anti-contenzioso, Gimbe: le società scientifiche non sono pronte

(da Doctor33)   Tre società scientifiche italiane su quattro non producono linee guida, una parte di quelle che le fa le tiene sul sito ma riserva l'accesso ai soli iscritti, solo un quinto della produzione attuale italiana è aggiornato in quanto pubblicato dal 2015 in poi (dopo 3 anni un'indicazione è reputata superata). Inoltre solo il 17% delle società scientifiche produttrici di linee guida dichiara i conflitti d'interesse. All'indomani dell'approvazione della legge sulla responsabilità sanitaria -che affida all'aderenza a linee guida e raccomandazioni le chance del medico per evitare la denuncia per colpa grave - il sistema per elaborare linee guida corrette, affidato proprio alle associazioni di medici, sembra tutto di là da venire, a giudicare dall'indagine presentata dalla Fondazione Gimbe a Bologna e illustrata da Simone Laganà dell'Università di Messina. L'indagine finanziata con la borsa di studio dedicata a Gioacchino Cartabellotta e condotta sotto l'egida di Istituto superiore di sanità e Guideline International Network, ha verificato i siti di 403 società scientifiche - non s'è soffermata sui produttori "istituzionali" come Iss, Agenas, regioni, che saranno valutati in seguito - e come produttori di "guideline" ne ha potute selezionare solo 81 di cui solo 44 iscritte alla Federazione Fism.
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Rapporto Osservasalute: diminuisce aspettativa vita in Italia, boom di malati cronici

(da fimmg.org e Ansa – Manuela Correa)  Italiani meno longevi di una volta: nel 2015 diminuisce infatti l'aspettativa di vita rispetto all'anno precedente e se, in generale, si muore prima, altro dato allarmante è che si muore di più nelle regioni del Sud. Tanto che nascere nel Mezzogiorno d'Italia, ad esempio in Campania, significa vivere in media 3-4 anni di meno rispetto a chi nasce a Trento. È l'istantanea preoccupante che emerge dal Rapporto Osservasalute 2016, che segnala anche un peggioramento negli stili di vita ed un boom di malati cronici. Al 2015, la speranza di vita alla nascita è più bassa di 0,2 anni negli uomini e di 0,4 anni nelle donne rispetto al 2014, attestandosi, rispettivamente, a 80,1 anni e a 84,6 anni, evidenzia il Rapporto frutto del lavoro dei 180 ricercatori dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l'Università Cattolica di Roma. Un dato medio nazionale che si differenzia nelle diverse regioni: Nel 2001, ha sottolineato il presidente dell'Istituto superiore di sanità, nonchè dell'Osservatorio, Walter Ricciardi, «l'aspettativa di vita era più alta al Sud, mentre oggi il Meridione ha di molto indietreggiato, perdendo gli avanzamenti guadagnati dal dopoguerra. Oggi nascere in un ospedale in Tunisia è per vari aspetti meglio che nascere in certe regioni del Sud, e questo non è accettabile». Ed «inaccettabile», ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è che ci siano «due Italie per la qualità dell'assistenza sanitaria: una al top nel mondo e l'altra in crisi, ma riportare l'Italia in crisi a livelli più alti è fattibile a patto di lavorare sulla prevenzione e la programmazione». C'é però, ha avvertito, «una chiamata alla responsabilità per le regioni del Centro sud, per attuare azioni in tale direzione». Il Patto della salute, ha aggiunto, «ha però messo dei paletti importanti e si sta reinvestendo nel Ssn». Alla base della più alta mortalità al Sud, ha spiegato Ricciardi, ci sono vari fattori: «La scarsa prevenzione, a partire dalla minore risposta agli screening oncologici, diagnosi più tardive, una minore disponibilità di farmaci innovativi ed una minore efficacia ed efficienza delle strutture sanitarie». Ma a pesare sono, appunto, anche gli stili di vita, che proprio al Sud fanno registrare più alti tassi di obesità e mancanza di attività fisica. Un'Italia a due velocità su cui grava pure un ulteriore fardello: l'enorme peso, in termini economici e di assistenza, rappresentato dai malati cronici, che sono ormai oltre 23 milioni, pari a 4 cittadini su 10. Per questo diventa centrale puntare oggi più che mai sulla prevenzione: «Dal diabete, all'obesità, dalle infezioni alla salute delle donne e dei bambini - ha detto Lorenzin - sono fondamentali grandi campagne di prevenzione». A fronte di tale situazione, ha avvertito, «la spesa sanitaria non può però rimanere al 6,8% del Pil, ma deve aumentare attestandosi sui livelli europei». La prevenzione è l'unica possibile riposta anche secondo Ricciardi: «Il SSN non è ugualmente strutturato in tutto il Paese per assistere adeguatamente la massa di malati cronici in crescita. Questa situazione, se non si inverte il trend grazie ad azioni di prevenzione - è il monito del presidente Iss - mette a rischio la tenuta stessa del sistema».