(da fimmg.org e Ansa – Manuela Correa) Italiani meno longevi di una volta: nel 2015 diminuisce infatti l'aspettativa di vita rispetto all'anno precedente e se, in generale, si muore prima, altro dato allarmante è che si muore di più nelle regioni del Sud. Tanto che nascere nel Mezzogiorno d'Italia, ad esempio in Campania, significa vivere in media 3-4 anni di meno rispetto a chi nasce a Trento. È l'istantanea preoccupante che emerge dal Rapporto Osservasalute 2016, che segnala anche un peggioramento negli stili di vita ed un boom di malati cronici. Al 2015, la speranza di vita alla nascita è più bassa di 0,2 anni negli uomini e di 0,4 anni nelle donne rispetto al 2014, attestandosi, rispettivamente, a 80,1 anni e a 84,6 anni, evidenzia il Rapporto frutto del lavoro dei 180 ricercatori dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l'Università Cattolica di Roma. Un dato medio nazionale che si differenzia nelle diverse regioni: Nel 2001, ha sottolineato il presidente dell'Istituto superiore di sanità, nonchè dell'Osservatorio, Walter Ricciardi, «l'aspettativa di vita era più alta al Sud, mentre oggi il Meridione ha di molto indietreggiato, perdendo gli avanzamenti guadagnati dal dopoguerra. Oggi nascere in un ospedale in Tunisia è per vari aspetti meglio che nascere in certe regioni del Sud, e questo non è accettabile». Ed «inaccettabile», ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è che ci siano «due Italie per la qualità dell'assistenza sanitaria: una al top nel mondo e l'altra in crisi, ma riportare l'Italia in crisi a livelli più alti è fattibile a patto di lavorare sulla prevenzione e la programmazione». C'é però, ha avvertito, «una chiamata alla responsabilità per le regioni del Centro sud, per attuare azioni in tale direzione». Il Patto della salute, ha aggiunto, «ha però messo dei paletti importanti e si sta reinvestendo nel Ssn». Alla base della più alta mortalità al Sud, ha spiegato Ricciardi, ci sono vari fattori: «La scarsa prevenzione, a partire dalla minore risposta agli screening oncologici, diagnosi più tardive, una minore disponibilità di farmaci innovativi ed una minore efficacia ed efficienza delle strutture sanitarie». Ma a pesare sono, appunto, anche gli stili di vita, che proprio al Sud fanno registrare più alti tassi di obesità e mancanza di attività fisica. Un'Italia a due velocità su cui grava pure un ulteriore fardello: l'enorme peso, in termini economici e di assistenza, rappresentato dai malati cronici, che sono ormai oltre 23 milioni, pari a 4 cittadini su 10. Per questo diventa centrale puntare oggi più che mai sulla prevenzione: «Dal diabete, all'obesità, dalle infezioni alla salute delle donne e dei bambini - ha detto Lorenzin - sono fondamentali grandi campagne di prevenzione». A fronte di tale situazione, ha avvertito, «la spesa sanitaria non può però rimanere al 6,8% del Pil, ma deve aumentare attestandosi sui livelli europei». La prevenzione è l'unica possibile riposta anche secondo Ricciardi: «Il SSN non è ugualmente strutturato in tutto il Paese per assistere adeguatamente la massa di malati cronici in crescita. Questa situazione, se non si inverte il trend grazie ad azioni di prevenzione - è il monito del presidente Iss - mette a rischio la tenuta stessa del sistema».