Case di comunità, Dabbene (Fimmg): «È stato creato prima il contenitore del contenuto, devono avere una funzione di integrazione»

(da fimmg.org)   "Un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale non passa solo dalla presenza nelle Case di Comunità: in primis perché non è mai stata formalmente decisa né normata all''interno delle strutture. Abbiamo solo una indicazione di massima nel DM77 e nel PNRR ma è facilmente intuibile che la risposta alla prossimità non possa essere quella di compattare tutti gli ambulatori dei medici di base in poche strutture, centralizzando un servizio che deve essere invece sparso capillarmente su tutto il territorio". Lo ha detto Alessandro Dabbene, vicepresidente nazionale Fimmg, intervistato dal sito web https://trendsanita.it sul tema delle Case di Comunità.

"È stato creato prima il contenitore del contenuto - ha aggiunto Dabbene -. Tranne nei pochi casi in cui c''è stata la volontà individuale di alcuni medici di famiglia di trasferire totalmente il proprio studio all''interno delle Case di Comunità, non è pensabile chiedere a tutti i medici di famiglia di lasciare i propri ambulatori, licenziare il personale di segreteria che ci lavora, e trasferirsi lontano dai propri assistiti".

Da sempre la Fimmg sostiene che "la Casa di Comunità debba avere una funzione di integrazione, per fare da filtro fra i propri studi e gli ospedali. La mancanza di fondi in più ha fatto sì che la presenza dei medici di famiglia sia ancora minoritaria e resti il frutto di una scelta individuale. Entro il 2026 bisognerà arrivare ad una soluzione collettiva più definita".

"Secondo noi la soluzione è da cercare più nelle nuove tecnologie e nella telemedicina che non nella presenza fisica", ha aggiunto il vicepresidente della Fimmg, da anni impegnato personalmente in un progetto di "gestione integrata del diabete" che prevede visite a tre con medico di famiglia e specialista nello studio del medico di base, senza che sia il paziente a doversi spostare.

"In Spagna sono in corso sperimentazioni che prevedono che sia lo specialista ad andare nello studio del medico di base a visitare il paziente - ha proseguito Dabbene -. Insomma, le soluzioni possono essere molte e non passano necessariamente da un raccordo organizzativo ma soprattutto da uno funzionale".

"Il problema dell''aggregazione territoriale fra gli studi dei medici di base è già stato risolto con la legge del 2012 siglata dal Ministro Renato Balduzzi nell''allora governo di Mario Monti - ha spiegato Dabbene -: poi tutto si è fermato fino alla firma dell''accordo fra i sindacati dei medici di medicina generale con le Regioni nel 2022 in cui è stata definita l''Aggregazione Funzionale Territoriale, atta a garantire l''assistenza dei medici di basi sia di giorno che di notte, 7 giorni su 7, con una organizzazione che raggruppa gli studi medici che lavorano ogni 30 mila abitanti".

Menzionando l''accordo fra medici di famiglia e Regioni, il vice nazionale di Fimmg ha sottolineato come questo sia la prova del fatto che non saranno le Case di Comunità a risolvere il problema di una maggior copertura sanitaria della medicina di base, che risultano essere quindi un di più che, da questo punto di vista, deve ancora trovare una sua diretta collocazione.

"Attualmente non vi è alcuna norma che obblighi o incoraggi i medici di famiglia a spostarsi dai propri studi professionali agli ambulatori delle Case di Comunità - ha concluso Dabbene -. I medici di base vogliono restare quello che sono, liberi professionisti convenzionati che in quanto tali possono decidere di lavorare con autonomia e senza essere inquadrati in una struttura al pari di altro personale subordinato".

PNRR. Dalla Commissione Ue ok a revisione del Piano italiano. Dalle Case di Comunità alla Telemedicina ecco cosa cambia per la sanità

(da Quotidiano Sanità)  a Commissione ha espresso oggi una valutazione positiva del piano per la ripresa e la resilienza modificato dell'Italia comprendente il capitolo dedicato a REPowerEU. Il piano ammonta ora a 194,4 miliardi di € (122,6 miliardi di € in sovvenzioni e 71,8 miliardi di € in prestiti) e comprende 66 riforme, sette in più rispetto al piano originario, e 150 investimenti.

Modifiche anche per la sanità. In primis sull’assistenza territoriale dove le Case di Comunità da realizzare con i fondi europei scendono da 1.450 a 1.038. Riduzioni anche per gli Ospedali di Comunità che passano da 400 a 307 e le Centrali Operative territoriali che da 600 scendono a 480. Il taglio come ha più volte spiegato il Ministero si ero reso necessario sia per l’aumento dei costi che per le molte difficoltà burocratiche per la realizzazione delle strutture. Il Ministero ha in ogni caso assicurato che anche le strutture fuori dal finanziamento e dal timing del Pnrr saranno costruite con altri fondi come ad esempio quelli sull’edilizia sanitaria.
“Alla luce delle modifiche proposte dall’Italia – scrive la Commissione europea -, la Missione 6 continua a rafforzare la prossimità servizi e digitalizzazione del sistema sanitario nazionale. L'obiettivo delle proposte di modifica deve tener conto delle circostanze oggettive previste quali l’inflazione e sviluppi nazionali imprevisti”.

Per quanto riguarda l’obiettivo al 2026 per i pazienti da assistere al domicilio: dovranno essere 842 mila gli over 65 che da assistere. Più ambizioso diventa il progetto per la telemedicina: saranno 300 mila le persone da assistere entro il 2025 invece delle 200 mila originariamente previste. Viene poi posticipato di due anni (da fine 2024 a fine 2026) l’operatività di 3.100 nuove apparecchiature diagnostiche.

Viene poi ridotto da 7.700 a 5.922 il numero di posti letto di terapia intensiva e sub intensiva da realizzare entro giugno 2026. Scendono poi da 109 a 84 gli interventi antisismici nelle strutture ospedaliere al fine di allinearle alle norme antisismiche.

Previsto poi che almeno il 90% di 250 mln di euro vengano erogati per progetti finalizzati a ristrutturare e ammodernare gli ospedali relativi agli Accordi di Programma ai sensi dell'articolo 20 L. 67/88, e condotto dal Ministero della Salute con la rispettiva Regione. Viene fissata all’85% la soglia dei medici di medicina generale che entro il 2025 siano in grado di alimentare il fascicolo sanitario elettronico

Medici Enpam in pensione dopo i 68 anni: in arrivo nuovi incentivi

(da DottNet)    Se l’età ordinaria di pensionamento per i medici convenzionati (medici e pediatri di famiglia, specialisti ambulatoriali, addetti alla continuità ed emergenza, ecc.) è fissata a 68 anni e se la maggior parte di questi professionisti, raggiunta questa fatidica età, decide di abbandonare l’attività e godersi la meritata pensione, è anche vero che, volendo, essi possono proseguire il rapporto sino a 70 anni ed anche, fino al 2026, in alcuni casi, fino al 72° anno di età.

L’Enpam, in passato, era particolarmente generoso con i pensionati 70enni, ai quali venivano applicate maggiorazioni di oltre il 43%, poi ridotte al 20%, sull’intero importo della pensione. Con la riforma Fornero, e il conseguente periodo di vacche magre, le maggiorazioni vennero prima limitate al 100% poi al 20% sui soli rendimenti dei mesi lavorati dopo i 68 anni. Arrivati ai giorni nostri, con la grande carenza di medici sul territorio, l’Enpam ha pensato di reintrodurre incentivi più consistenti per il trattenimento in servizio, largamente compensati dal risparmio determinato dalle due annualità pensionistiche in meno e dai due anni di versamenti contributivi in più.

In effetti, la riduzione della maggiorazione dal 100% al 20%, unitamente al progressivo aumento dell’età per il pensionamento ordinario di vecchiaia (portata progressivamente da 65 fino a 68 anni), ha notevolmente ridotto l’effetto incentivante dell’istituto. Il bilancio preventivo Enpam per il 2024 spiega che, nell’attuale contesto demografico, caratterizzato dalla notevole numerosità delle classi pensionande e dalla contemporanea carenza di medici in entrata, è emersa l’opportunità di prevedere un maggiore e diverso incentivo al procrastinamento del collocamento in pensione. 

Le ipotesi proposte dai Comitati Consultivi delle gestioni sono state oggetto di specifiche elaborazioni attuariali, a cura dello studio di fiducia dell’Enpam, volte a verificare l’impatto delle modifiche sul bilancio tecnico della Fondazione, cioè sull’equilibrio di medio e lungo periodo delle gestioni. Tenuto conto delle diverse opzioni proposte, il Consiglio di Amministrazione dell’Enpam ha deliberato una modifica al vigente criterio di maggiorazione delle aliquote di rendimento, introducendo un incremento di tali aliquote di due punti percentuali per ogni anno di permanenza in attività oltre l’età ordinaria di pensionamento, attualmente fissata a 68 anni. 

In particolare, alla luce della disposizione legislativa (art. 4, comma 9-octiesdecies del Decreto-Legge n. 198/2022 – cosiddetto decreto Milleproroghe, convertito nella legge 24 febbraio 2023, n. 14) che ha innalzato sino a 72 anni il limite di età per la permanenza in servizio del personale in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, per il Fondo della medicina convenzionata e accreditata è stata prevista l’applicazione di questo beneficio appunto fino a 72 anni.  Il provvedimento incentivante è stato esteso fino al 75° anno di età anche alla gestione "Quota B" del Fondo di previdenza generale, dove com’è noto non è richiesta la cessazione dell’attività per accedere al pensionamento; in questo caso la maggiorazione dei due punti percentuali sarà rapportata alle diverse aliquote di rendimento previste per i pensionati in base alle rispettive aliquote contributive (19,50%, 9,75% e 1%). 

In merito alla modifica, dalle elaborazioni attuariali emerge che il ritardo nell’accesso al trattamento di quiescenza comporta per la Fondazione un immediato risparmio in termini di mancata erogazione di prestazioni previdenziali. Pertanto, nonostante i successivi incrementi delle singole pensioni derivanti dal nuovo incentivo, si assicura, comunque, un miglioramento dei saldi della Fondazione e della copertura della riserva legale (5 anni della spesa pensionistica).

I Ministeri vigilanti, a cui sono stati sottoposti i provvedimenti per la prescritta approvazione, hanno formulato il 6 ottobre scorso alcune osservazioni, a cui l’Enpam ha già dato riscontro per riattivare l’iter di ratifica. 

Molto importante sottolineare che le nuove maggiorazioni entreranno in vigore soltanto dopo l’approvazione ministeriale, e questo significa, tanto per essere chiari, che se essa interverrà quando un ipotetico medico di famiglia in attività avrà compiuto 69 anni e 6 mesi, e se questo medico cesserà il rapporto a 70 anni, avrà le vecchie maggiorazioni (20% in più del rendimento annuo, cioè da 1,40% ad 1,68%) per un anno e mezzo, e le nuove (aumento di 2 punti dell’aliquota di rendimento, cioè da 1,40% a 3,40%) per soli sei mesi.

Che cosa consigliare agli interessati? Nel caso della Quota B, nonostante le maggiorazioni, portarsi a casa annualità aggiuntive di pensione batte in rendimento qualunque tipo di incentivo, sicché salvo casi limite, conviene sempre agganciare la pensione dei 68 anni (o addirittura l’anticipata) e continuare l’attività utilizzando la contribuzione ridotta e fruendo dei supplementi annuali di pensione. Riguardo ai convenzionati, l’esperienza insegna che la decisione di restare in servizio difficilmente dipende dall’entità della futura pensione, quanto piuttosto dalla realizzazione professionale e dall’importo del compenso percepito durante il rapporto confrontato con la pensione maturata. Certo, qualche soldino di pensione in più non dà certo fastidio: una celere approvazione ministeriale rimane quindi fortemente auspicabile.

Agenas: «Il 60% dei pazienti dice no alla prima disponibilità per le visite»

(da fimmg.org)   Il 60% dei cittadini non ha accettato data e struttura di prima disponibilità per le prestazioni strumentali e le visite specialistiche. Sono i dati resi noti oggi da Agenas in collaborazione con la Fondazione The Bridge sul monitoraggio delle prenotazioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale in modalità ex ante. L'indagine ha fatto emergere anche le motivazioni alla base della scelta degli utenti: sul fronte delle prestazioni strumentali, il 70,63% degli utenti ha preferito andare in un ospedale o struttura diversi a quello della prima disponibilità; dato che sale al 76,33% per le visite specialistica.

Come si calcola la pensione dei medici ospedalieri

(da enpam.it)    I medici ospedalieri appartengono al sistema pensionistico pubblico che un tempo faceva riferimento alla Cassa pensioni sanitari (Cps), dal 1996 confluita nell''Inpdap e successivamente, dal 2012, nell''Inps. Il sistema di calcolo previdenziale applicato loro (retributivo o contributivo), dipende dall''anno di inizio dell''attività lavorativa.  Per coloro che hanno maturato entro il 31 dicembre 1995 almeno 18 anni di contributi, il sistema di calcolo retributivo si applica per gli anni maturati sino al 31 dicembre 2011. Per coloro che non hanno maturato tale anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, il calcolo con il sistema retributivo viene utilizzato per gli anni maturati fino 1995 e con il sistema contributivo per gli anni successivi.

Il governo propone ora una riforma che prevede che chi ha un''anzianità inferiore a 15 anni nel sistema retributivo, si veda applicate (per la quota di contributi maturati prima del 31/12/1995) non più le aliquote di rendimento previste dalle attuali tabelle, ma quelle nuove allegate alla Legge di Bilancio 2024.

COME FUNZIONA IL RETRIBUTIVO (QUOTA A INPS)     Il sistema di calcolo retributivo dei medici ospedalieri si basa riferendosi all''ultimo stipendio percepito per le anzianità di servizio maturate sino al 31 dicembre 1992 (Quota A della pensione Inps) e sulla media degli stipendi degli ultimi 10 anni, per le anzianità maturate dal 1° Gennaio 1993 (Quota B della pensione Inps).  All''inizio della carriera si ha un coefficiente elevato del 24% dell''ultimo stipendio per il primo anno di servizio con successiva riduzione nel tempo. Condizione che consentiva comunque di maturare il 100 per cento dell''importo dell''ultimo stipendio con il raggiungimento dei 40 anni di contribuzione.

Dall'' 1/1/95 l''aliquota di rendimento è del 2 per cento costante per ogni anno di Servizio, come già era in precedenza per i dipendenti privati. Ciò consente, di conseguenza, di maturare - con 40 anni di contribuzione - il massimo dell''80 per cento dell''ultima retribuzione.

COME FUNZIONA IL CONTRIBUTIVO (QUOTA B INPS)     Il Calcolo della pensione con il sistema contributivo, si basa sulla contribuzione accreditata nel corso di tutta la carriera lavorativa, rivalutata annualmente sulla base dell''importo del Pil quinquennale e sull''età dell''interessato.  Si applicano infatti dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo in assegno pensionistico, valori che, espressi in percentuale, aumentano con l''età del pensionamento.  Per calcolare quanto si prenderà di pensione lorda mensile, bisogna: calcolare il montante contributivo complessivo; moltiplicare il montante individuale per il coefficiente di trasformazione legato all''età anagrafica in cui si esce;

Dall''ultimo decreto del Ministero del Lavoro l''effetto dei coefficienti di trasformazione si riferisce esclusivamente sulle quote di pensione il cui calcolo è basato sul sistema contributivo.

NORMA PENALIZZANTE

Come detto, l''importo finale della pensione Inps spettante si ottiene dalla somma delle Quote A e B dell''Inps. Proprio il ricalcolo della parte retributiva (Quota A Inps) così come indicato dalla riforma in discussione, comporterebbe una riduzione sulla quota retributiva dell''assegno pensionistico, con una penalizzazione che - secondo le stime dei sindacati - potrebbe arrivare in alcuni casi anche oltre il 20 per cento.(per visualizzare anche le tabelle si può accedere a questo LINK https://www.enpam.it/2023/come-si-calcola-la-pensione-dei-medici-ospedalieri/