(da Doctor33) Quella che talvolta viene avvertita come vocazione è sempre stata uno degli elementi caratterizzanti la professione medica; altre volte è comunque presente un senso di forte impegno dovuto alla consapevolezza dell'importanza del lavoro svolto. Ora due nuovi studi mostrano come questi aspetti siano in grado di motivare i medici e di proteggerli, almeno in parte, dal burnout, sempre più spesso associato ai pesanti carichi di lavoro e di stress a cui i medici sono sottoposti. Il primo è stato coordinato da Audiey C. Kao, dell'Ethics standards group dell'American medical association, che ha dichiarato: «Se la pratica della medicina non è vista come un lavoro personalmente gratificante e al servizio di un bene superiore, ne possono risentire le sue prestazioni e, cosa ancora più importante, la qualità delle cure che i pazienti ricevono». Kao e colleghi hanno condotto un sondaggio in tutti gli Stati Uniti a cui hanno risposto 2.263 medici e che ha posto in relazione il burnout professionale con il "senso di chiamata", definito come attitudine a "impegnare la propria vita in un lavoro personalmente significativo che serve ad uno scopo sociale". Ebbene, il 28,5% dei partecipanti ha riferito di aver sperimentato qualche grado di burnout, e proprio gli appartenenti a questa fascia hanno dichiarato molto più spesso degli altri di non avvertire una particolare vocazione per la medicina, di non ritenere il proprio lavoro come uno degli aspetti fondamentali della propria vita e di non credere che di rendere il mondo un posto migliore per il fatto di svolgere la professione medica. Il secondo studio, riportato sul Journal of General Internal Medicine, sottolinea ulteriormente l'importanza dei fattori interiori rispetto a quelli esterni, inclusi quelli economici, nel generare un senso di benessere nei medici. Anche in questo caso si è trattato di un sondaggio che ha coinvolto 1.289 medici statunitensi; la convinzione di essere stati chiamati a svolgere il loro lavoro si è fortemente associata alla percezione di una vita significativa e a un maggiore impegno nella relazione personale e diretta con i pazienti.
(1) Jager, Andrew J. et al. Mayo Clinic Proceedings, Volume 92 , Issue 3 , 415 - 422.
(2) Tak, H.J., Curlin, F.A. & Yoon, J.D. J GEN INTERN MED (2017). Renato Torlaschi