Ridurre il sale ha lo stesso effetto di un farmaco contro l’ipertensione

(da DottNet)    Eliminare un cucchiaino di sale al giorno dalla alimentazione funziona contro l’ ipertensione quanto i farmaci ed anche sulle persone che sono gia’ sotto terapia medicinale per la pressione alta. Lo afferma un nuovo studio americano pubblicato su JAMA, che ha analizzato un gruppo di circa 250 persone tra i 50 ed i 75 anni.  Gli scienziati hanno scelto un gruppo composito proprio per verificare l’ effetto di una semplice riduzione di sodio nella dieta: tra i volontari figuravano persone ipertese che non prendevano medicine, altre sotto terapia farmacologica che funzionava nel mantenere la pressione nei limiti, altri partecipanti ancora non avevano problemi di pressione, mentre per alcuni la pressione rimaneva fuori norma anche coi farmaci. I volontari hanno seguito a settimane alterne una dieta ad alto contenuto di sodio ed una a basso contenuto di sodio, con l’obiettivo di non consumare piu’ di 500 mg di sale al di’.

Un solo cucchiaino di sale ne contiene 2.300 mg. “Cio’ che abbiamo osservato e’ una riduzione della pressione in tutti gli ipertesi che sono riusciti ad eliminare un cucchiaino di sale al di’ sia che prendessero medicine o no – ha dichiarato l’autrice principale dello studio, Norrina Allen, della Northwestern university – e questa e’ la prima indagine a dimostrare che anche i pazienti gia’ trattati possono ottenere una ulteriore diminuzione dei valori della pressione agendo sulla quantita’ di sale assunta”. “Nei giorni della dieta iposodica – ha precisato Allen – la pressione e’ diminuita in media di 6 mm di mercurio, un dato comparabile a quello ottenuti dalle medicine”.

Graduatorie per incarichi a tempo determinato nei settori della Medicina Generale e della Pediatria di Libera Scelta – anno 2024 – pubblicazione Avvisi

Si informa che nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia – Romagna – parte terza – n.347 del 14 dicembre 2023 sono pubblicati gli avvisi per la formazione di graduatorie per incarichi a tempo determinato nei settori della Medicina Generale e della Pediatria di Libera Scelta (che provvedo ad allegare).

Gli avvisi sono al seguente link:

https://bur.regione.emilia-romagna.it/dettaglio-bollettino?b=481f05dc042f439b9bf430cce4ed51bb

Termine di scadenza per la presentazione delle domande: 13 gennaio 2024.

Nel medesimo avviso è pubblicato anche l’Allegato B – guida all’utilizzo del portale online, che provvedo ad allegare.

L’avviso sarà disponibile, a breve, nel sito “E-R Salute” al seguente link:

http://salute.regione.emilia-romagna.it/medicina-convenzionata/avvisi-e-moduli 

Le fluttuazioni pressorie, una red flag per demenza e malattie cardiache

(da M.D.Digital) Un nuovo studio condotto da ricercatori australiani ha dimostrato che le fluttuazioni della pressione arteriosa possono aumentare il rischio di demenza e di problemi vascolari nelle persone anziane. Le fluttuazioni della PA breve entro 24 ore e per diversi giorni o settimane sono collegate a una funzione cognitiva compromessa, affermano i ricercatori dell’Università dell’Australia Meridionale (UniSA) che hanno condotto lo studio. Variazioni più elevate della pressione sistolica sono anche collegate all’irrigidimento delle arterie, elemento che a sua volta è associato a malattie cardiache. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista ‘Cerebral Circulation—Cognition and Behaviour’.

L’autrice principale Daria Gutteridge, dottoranda presso il Cognitive Aging and Impairment Neuroscience Laboratory (CAIN) dell’UniSA, afferma che è ben noto che l’ipertensione è un fattore di rischio per la demenza, ma viene prestata poca attenzione alle fluttuazioni della pressione arteriosa. “I trattamenti clinici si concentrano sull’ipertensione, ignorando la variabilità della pressione arteriosa”, afferma Gutteridge. E aggiunge che “la pressione arteriosa può fluttuare in diversi periodi di tempo, brevi e lunghi, e questo sembra aumentare il rischio di demenza e la salute dei vasi sanguigni”.

Per aiutare a esplorare i meccanismi che collegano le fluttuazioni della pressione arteriosa con la demenza, i ricercatori dell’UniSA hanno reclutato 70 anziani sani di età compresa tra 60 e 80 anni, senza segni di demenza o deterioramento cognitivo.

La loro pressione arteriosa è stata monitorata, hanno completato un test cognitivo e la loro rigidità arteriosa nel cervello e nelle arterie è stata misurata utilizzando l’ecografia doppler transcranica e l’analisi delle onde del polso.

“Abbiamo scoperto che una maggiore variabilità della pressione arteriosa all’interno di un giorno, così come tra i giorni, era collegata a una riduzione delle prestazioni cognitive. Abbiamo anche scoperto che variazioni di pressione arteriosa più elevate relative alla PAS erano collegate a una maggiore rigidità arteriosa.

“Questi risultati indicano che i diversi tipi di variabilità della PA probabilmente riflettono diversi meccanismi biologici sottostanti e che le variazione di PAS e PAD sono entrambe importanti per il funzionamento cognitivo negli anziani”.

I collegamenti erano presenti negli anziani senza alcun deterioramento cognitivo clinicamente rilevante, il che significa che la variabilità della pressione arteriosa potrebbe potenzialmente servire come marcatore clinico precoce o bersaglio di trattamento per il deterioramento cognitivo, concludono i ricercatori.

(Gutteridge DS, et al. Cross-sectional associations between short and mid-term blood pressure variability, cognition, and vascular stiffness in older adults. Cereb Circ Cogn Behav 2023; 5: 100181. doi:10.1016/j.cccb.2023.100181)

Da 73% italiani sì a sanità digitale ma 92% non vorrebbe Ai al posto del dottore

(da Adnkronos Salute)  Digitale in sanità benvenuto per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e ritiro online dei referti. Ma con giudizio: l’intelligenza artificiale in corsia per esempio va bene, ma solo come alleato e supporto al medico. E’ l’atteggiamento fotografato dall’indagine condotta sull’opinione pubblica e sul personale medico dall’Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. I risultati sono stati presentati oggi a Roma, nell’ambito di un convegno dedicato al Servizio sanitario nazionale.

Cosa dicono gli italiani del ‘dottor Ai’? Che è ben accetto, ma solo come ‘assistente’ del medico in carne e ossa. L’indagine – che si basa su interviste telefoniche e via web effettuate su un campione di 1.000 persone rappresentativo degli italiani di età tra i 15 e i 75 anni e un campione di 300 medici e odontoiatri – rileva che a pensarla in questo modo è il 92% degli intervistati, che escludono di farsi curare, anziché dal medico, da una piattaforma di intelligenza artificiale. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.

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