Infortuni e malattia, diritti per tutti i liberi professionisti

(da enpam.it)   La tutela degli infortuni e della malattia dei liberi professionisti passa dall’Assistenza alla Previdenza. In termini pratici questo significa che da oggi, in caso di inabilità temporanea, l’indennizzo verrà garantito a tutti e non più solo a chi ha un reddito al di sotto di limiti stringenti.   Chi sarà costretto ad assentarsi dallo studio potrà contare su un’indennità pari all’80 per cento del reddito dichiarato ai fini della Quota B.   Potrà far  domanda anche chi ha un fatturato alto: l’unico limite sarà sull’importo massimo dell’aiuto che si riceverà dall’Enpam (circa 5mila euro al mese, o più precisamente 167,11 euro al giorno).  Mentre quindi l’importo del sussidio massimo è più che raddoppiato rispetto a prima (era di 80 euro al giorno), i tempi di carenza si sono dimezzati: si potrà ottenere la tutela a partire dal 31° giorno di malattia o infortunio anziché dal 61° come in passato.   La riforma dell’inabilità temporanea rientra tra gli obiettivi del Consiglio di amministrazione Enpam che, per il mandato 2015-2020 si è prefisso di tutelare i professionisti mettendo a punto un welfare di categoria per facilitare la vita lavorativa. Ma il cambio di passo su questo tipo di tutele è anche figlio dei tempi che cambiano.  “Fino a 10/15 anni fa il nostro reddito ci consentiva di occuparci della pensione, o di affrontare i disagi o problemi che ci possono investire, solo nel momento in cui si decideva di smettere di lavorare o quando si palesavano le criticità. Oggi il nostro reddito non ci consente più questo atteggiamento”, osserva il vicepresidente vicario dell’Enpam Giampiero Malagnino.  “Se per esempio in passato essere costretti ad assentarsi dallo studio per due mesi era un problema tutto sommato superabile grazie ai risparmi che avevamo messo da parte, oggi un’assenza di questo tipo mette in difficoltà i bilanci dei nostri studi e spesso i bilanci della nostra famiglia”, dice Malagnino.

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il fumo passivo della sigaretta elettronica scatena attacchi d’asma

(da M.D.Digital)   Un recente studio conferma che l’esposizione al fumo passivo delle sigarette elettroniche sarebbe in grado di aumentare le probabilità di attacchi d’asma in in chi è ammalato di questa patologia respiratoria. Se questi soggetti, già sofferenti di asma, si trovano nelle vicinanze di chi fuma sigarette elettroniche avranno il 27% di probabilità di incorrere in un attacco d’asma.
Contrariamente alla convinzione che le sigarette elettroniche sarebbero innocue in quanto emettono vapore, si stanno accumulando dati che ne indicherebbero la pericolosità dal momento che, oltre al vapore, emettono sostanze chimiche riscontrabili anche nel fumo di tabacco, unitamente a tipi di particolato che possono essere molto irritanti, a maggior ragione in caso di un apparato respiratorio già in difficoltà a causa della malattia. Per esempio vi sono alcune evidenze che la sigaretta elettronica è in grado di aumentare tosse e difficoltà respiratoria e aumentare l’intensità dei sintomi dell’asma.
In questo nuovo studio, pubblicato su Chest, i ricercatori hanno raccolto e analizzato i dati di circa 33.500 adolescenti delle scuole medie e superiori, di età compresa tre 11 e 17 anni, concentrandosi sugli 11.830 studenti che riferivano di soffrire di asma. Complessivamente, il 21% dei ragazzi avevano sofferto di attacchi di asma durante l’anno precedente e nel 33% dei casi si era registrata esposizione al fumo passivo di sigarette elettroniche. Tale esposizione era strettamente correlata a un significativo aumento del rischio di attacco d’asma, che si manteneva anche dopo aggiustamento per altri fattori, quale per esempio l’uso personale di sigaretta elettronica o l’esposizione al fumo di tabacco.
(Bayly JE, et al. Secondhand Exposure to Aerosols From Electronic Nicotine Delivery Systems and Asthma Exacerbations Among Youth With Asthma. Chest 2019; 155: 88-93.) 

Minacce alla salute globale, l’Oms pubblica la lista. Inquinamento atmosferico al primo posto

(da Doctor33)    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stilato e pubblicato un elenco di quelle che considera le 10 principali minacce alla salute globale nel 2019. Le prime citate nel documento sono l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico, che uccidono ogni anno 7 milioni di persone attraverso malattie come cancro, infarto, patologie cardiache e polmonari. Tra il 2030 e il 2050, si prevede che il cambiamento climatico causerà 250.000 ulteriori decessi all’anno per malnutrizione, malaria, diarrea e stress da calore. Si nominano poi alcune malattie non trasmissibili, come il diabete, il cancro e varie patologie cardiache, responsabili di 41 milioni di morti, più del 70% di tutti i decessi in tutto il mondo. L’uso del tabacco e dell’alcol, l’inattività fisica, le diete malsane e l’inquinamento atmosferico sono i fattori chiave dell’aumento dell’incidenza delle malattie non trasmissibili, e sono anche alla base di problemi mentali.
Subito dopo nell’elenco si cita la minaccia di una nuova pandemia influenzale globale. Proprio per controllare la situazione, l’agenzia monitora costantemente la circolazione dei virus influenzali tramite 153 istituzioni in 114 paesi. Nella lista compare anche la problematica costituita da ambienti fragili e vulnerabili, come le regioni colpite da siccità, carestie, conflitti o spostamenti di popolazione, in cui vivono oltre 1,6 miliardi di persone (il 22% della popolazione mondiale). Non poteva mancare all’appello la resistenza antimicrobica e alcuni agenti patogeni ad alto rischio, in particolare ebola, che nel 2018 ha fatto sentire la propria presenza in Repubblica Democratica del Congo con due grandi focolai. L’OMS è preoccupata anche dalla debolezza dell’assistenza sanitaria primaria in molti paesi e dai problemi derivanti dalle posizioni anti-vaccino ormai presenti in tutto il mondo, con il rischio di invertire i progressi compiuti nella lotta contro le malattie prevenibili. Secondo l’OMS, la vaccinazione impedisce attualmente da 2 a 3 milioni di morti ogni anno, e ulteriori 1,5 milioni potrebbero essere evitati migliorando la copertura vaccinale globale. Tra le minacce per la salute si parla anche di Dengue, 390 milioni di casi ogni anno: l’obiettivo sanitario è diminuire i decessi provocati da questa patologia del 50% entro il 2020. Ultimo ma non meno importante, l’HIV, che continua a rappresentare un’epidemia (quasi 1 milione di persone ogni anno muore di HIV/AIDS) sebbene siano stati compiuti grandi progressi nel trattamento e nell’accesso a misure preventive.
(https://www.who.int/emergencies/ten-threats-to-global-health-in-2019)

Regionalismo differenziato: per Gimbe “è una minaccia per la salute”

(da DottNet)   Il regionalismo differenziato “minaccia i nostri diritti costituzionali, soprattutto la tutela della salute”. Questo il parere della Fondazione Gimbe (che promuove la formazione in ambito sanitario) sul percorso di acquisizione di maggiori autonomie portato avanti da alcune regioni. “Considerato che sono in gioco i diritti civili – sottolinea il presidente, Nino Cartabellotta -, è inaccettabile per un Paese democratico l’assenza di un dibattito politico e civile sul tema”.  Il prossimo 15 febbraio i rappresentanti di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, ricorda Gimbe, incontreranno il premier Conte per riprendere la discussione sul regionalismo differenziato, mentre nel frattempo altre 7 Regioni (Campania, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria) hanno conferito ai Presidenti il mandato di avviare il negoziato.  Un percorso, per Cartabellotta, non senza rischi. La cartina al tornasole è rappresentata dalla sanità, dove già oggi “il diritto costituzionale alla tutela della salute è condizionato da 21 sistemi sanitari che generano diseguaglianze sia nell’offerta di servizi sia negli esiti di salute”.  In questo contesto, prosegue, le autonomie differenziate non potranno che “amplificare le diseguaglianze di un servizio sanitario oggi universalistico ed equo solo sulla carta”. In altre parole, “senza un potenziamento delle capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, il regionalismo differenziato finirà per legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio di uguaglianza dei cittadini”.   Davanti a questo “potenziale attentato allo Stato sociale, un’insolita congiunzione astrale ha allineato tutte le forze politiche, senza alimentare alcun dibattito sui rischi”. Per questo la Fondazione Gimbe invita tutti a partecipare, attraverso il proprio sito web, alla consultazione pubblica per far luce sulle potenziali conseguenze del percorso.

Fnomceo, ‘No all’abolizione del numero chiuso a Medicina’

(da AdnKronos Salute)    “No all’all’abolizione ‘tout court’ del numero chiuso, che non farebbe che ingrossare all’inverosimile l’imbuto formativo che già oggi imprigiona 10 mila giovani medici, a cui è negata la prosecuzione della formazione post-laurea”. E’ quanto affermato dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) nell’audizione oggi alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, su alcune proposte di legge che si propongono di regolare l’accesso ai corsi universitari. Per la Fnomceo è necessario invece “mettere in atto una corretta programmazione” e “modificare i test di accesso, rendendoli più mirati alle materie di studio, e calibrandoli su argomenti ai quali gli studenti si siano già approcciati durante gli ultimi anni delle superiori“.  

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Il costo medio di una visita ambulatoriale negli Stati Uniti si avvicina ai 500 dollari!

(da Fimmg.org)   Secondo i risultati di un recente studio dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington, una visita ambulatoriale negli Stati Uniti costa in media quasi 500 dollari, mentre una degenza ha avuto un costo medio nel 2016 di oltre 22.000 dollari. Entrambi questi importi rilevano che gli Stati Uniti superano ogni altra nazione nei costi totali dell’assistenza sanitaria. Lo studio dell’IHME è parte di un plan più ampio sui finanziamenti riguardanti la copertura sanitaria universale (UHC- universal health coverage) in ogni paese del mondo. “Per raggiungere l’UHC, gli esperti in sanità dei settori governativo, privato e non profit hanno bisogno di espandere i servizi per far fronte alla crescita e all’invecchiamento della popolazione e di estendere la copertura assicurativa”, dice Marcia R. Weaver, docente dell’IHME. “Non sorprendentemente, abbiamo riscontrato negli USA, la sovrautilizzazione e la sottoutilizzazione dei servizi nelle strutture ospedaliere e ambulatoriali e soprattutto abbiamo identificato paesi come Olanda, Portogallo e Tailandia che possiedono un giusto equilibrio nell’utilizzo di ospedale e ambulatori territoriali”. Tra il 1990 e il 2016, i ricoveri ospedalieri nel mondo sono aumentati di oltre due terzi, mentre le visite ambulatoriali di oltre la metà. In paesi come Cina, Indonesia, Tailandia e Turchia, le politiche che hanno esteso la copertura sanitaria sono state associate a maggiori visite e ricoveri dei pazienti, mentre in alcuni paesi dell’Africa subsahariana, la maggior parte dell’aumento è derivata dalla crescita della popolazione. Lo studio stima che l’UHC, uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (United Nations’ Sustainable Development Goals) per il 2030, costerebbe 576 miliardi di dollari e richiederebbe un aumento del 49% dei ricoveri, del 27% delle visite ambulatoriali, ma si consideri che l’estensione della copertura sanitaria potrebbe essere, per molti paesi, fonte di nuovi posti di lavoro.

(Marcia R. Weaver et al. The Lancet Public Health, December 12, 2018)

Fine vita. Cristiani, Ebrei, Musulmani, Induisti e Buddisti firmano il “Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita”

È stato siglato oggi al Complesso Monumentale del Santo Spirito a Roma il primo documento bioetico che getta le fondamenta comuni per il dialogo interreligioso in ambito sanitario. Il gruppo promotore è costituito dall’Asl Roma 1, dal Gmc Università Cattolica del Sacro Cuore e dal Tavolo interreligioso di Roma. Nove i diritti sottoscritti, da quelli religiosi a quelli più intimi per la dignità della persona   Leggi l’articolo completo al LINK      http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=70669&fr=n

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