Zucchero nelle sigarette, fa male e pochi sanno che c’è

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health)   Solo pochissimi fumatori sanno che le sigarette contengono zucchero e che lo zucchero aumenta le tossine nel fumo di sigaretta. “Le sigarette contengono zuccheri naturali e aggiunti per ridurre l’asperità del fumo, facilitandone l’inalazione. Questo aumenta anche la quantità di sostanze chimiche dannose presenti nel fumo e il potenziale di dipendenza”, dice Andrew Seidenberg, della University of Nord Carolina, autore principale dello studio che ha fatto emergere questa evidenza.
Lo studio   Seidenberg e colleghi hanno coinvolto 4.350 adulti fumatori di sigarette, reclutandoli attraverso Amazon Mechanical Turk, per partecipare a un esperimento online sulla pubblicità di sigarette elettroniche. Alla fine dell’esperimento, gli intervistati hanno risposto a domande sulla presenza di zucchero aggiunto nelle sigarette e sulla consapevolezza che la presenza dello zucchero fosse ulteriormente dannosa per la salute. I ricercatori hanno scoperto che il 5,5% degli intervistati sapeva che le sigarette contengono solo il 3,8% era a conoscenza del fatto che la presenza dello zucchero aumentasse le tossine nel fumo.  “Siamo rimasti davvero sorpresi dal fatto che quasi tutti i fumatori intervistati non sapessero che lo zucchero viene aggiunto alle loro sigarette. Il rischio non può essere nascosto”, aggiunge Seidenberg.

Lavorare in piedi fa bene alla salute e non solo…

(da M.D.Digital)   Le postazioni di lavoro che consentono di stare in piedi per lavorare a computer riducono il tempo giornaliero che si trascorre seduti e sembrano avere un impatto positivo sulla salute, oltre che migliorare le prestazioni lavorative. È risaputo che una sedentarietà eccessiva si correla a un aumentato rischio di malattie croniche (diabete di tipo 2, malattie cardiache e alcuni tipi di tumore) e di mortalità; ha dimostrato inoltre di esercitare effetti deleteri correlabili all’attività lavorativa, soprattutto in relazione al fenomeno del presenteismo. E la popolazione degli impiegati vince probabilmente la palma d’oro della sedentarietà, trascorrendo il 70-85% del tempo al lavoro seduti.  Un recente studio pubblicato sul ‘British Medical Journal’ ha coinvolto un gruppo di impiegati assegnati in modo casuale al gruppo di intervento o al gruppo di controllo, che sono quindi stati seguiti per un periodo di 12 mesi.  L’età media dei partecipanti era di 41 anni, il 78% era di etnia europea bianca e la maggioranza (80%) erano donne.
Al gruppo di intervento è stata assegnata una postazione di lavoro regolabile in altezza, un breve seminario con opuscolo di supporto e istruzioni di lavoro con obiettivi seduti e in piedi, mentre il gruppo di controllo ha continuato a lavorare come al solito.  Il tempo trascorso in posizione seduta è stato misurato utilizzando un dispositivo indossato sulla coscia all’inizio dello studio e a 3, 6 e 12 mesi. Sono stati registrati anche i livelli giornalieri di attività fisica e sono stati valutati aspetti relativi al lavoro (prestazione lavorativa, coinvolgimento) e alla salute (umore, qualità della vita).  All’inizio dello studio, il tempo complessivo trascorso in posizione seduta era di 9.7 ore al giorno e i risultati mostrano che questo si è poi ridotto 50.62 minuti al giorno a 3 mesi, di 64.40 minuti al giorno a 6 mesi e di 82.39 minuti al giorno a 12 mesi nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo. I risultati suggeriscono inoltre dei miglioramenti nelle prestazioni lavorative e nell’impegno lavorativo, una riduzione della stanchezza professionale, del presenteismo, dell’ansia quotidiana e una migliore qualità della vita, ma non sono stati riscontrati cambiamenti significativi in relazione alla soddisfazione lavorativa, alla funzione cognitiva e alle assenza per malattia.
(Edwardson CL, et al. Effectiveness of the Stand More AT (SMArT) Work intervention: cluster randomised controlled trial. BMJ 2018;363:k3870; http://dx.doi.org/10.1136/bmj.k3870)

Prevenire i fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento

(da M.D.Digital)   L’estensione delle definizioni di malattia se da un lato può determinare benefici per i pazienti che possono accedere a trattamenti efficaci, dall’altro rappresenta uno dei driver principali della sovra-diagnosi (overdiagnosis), una vera e propria epidemia del 21esimo secolo che in Italia gode ancora di scarsa attenzione. Infatti, la modifica delle soglie di malattia, insieme alla disponibilità e all’uso esteso e spesso inappropriato di tecnologie diagnostiche sempre più sensibili, finiscono per etichettare come malate persone il cui stadio di malattia è troppo precoce, molto lieve e/o non evolutivo. A livello di popolazione varie sono le condizioni in cui il conseguente sovra-trattamento (overtreatment) può sbilanciare il rapporto benefici/rischi in: ipertensione, embolia polmonare, insufficienza renale cronica, osteoporosi, prediabete, carcinoma della tiroide, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, demenza.

Leggi tutto

La cannabis ha effetti più devastanti dell’alcol sugli adolescenti

(da DottNet)   La marijuana avrebbe effetti peggiori dell’alcol e di più lunga durata sul cervello degli adolescenti. Lo dice uno studio pubblicato sull’ ‘American Journal of Psychiatry’ che illustra i test cognitivi effettuati dai giovani, inclusi test mnemonici, di ragionamento intuitivo, analitico, di memoria a breve e lungo termine, di capacità di controllo. Lo studio è stato condotto a Montreal su oltre 3.800 ragazzi di 31 scuole, tutti tredicenni all’inizio dei test. I teen-ager sono stati seguiti per quattro anni,durante i quali hanno riportato il loro uso di alcol e marijuana (un accordo scritto vincolava i ricercatori alla riservatezza, anche con i loro genitori) ed hanno ripetutamente fatto test cognitivi. Nonostante entrambe le sostanze abbiano mostrato di danneggiare lo sviluppo cerebrale dei ragazzi, la cannabis ha evidenziato danni più pronunciati e di lungo termine. Lo studio ha concluso che la marijuana ha un effetto più profondo e di lunga durata dell’alcol nel danneggiare le funzioni logiche, di ragionamento, di memoria e in tutti i campi testati.  Questi danni sono stati osservati anche dopo che i teen-ager hanno smesso di usare cannabis. “Possiamo concludere che la cannabis causa deficit cognitivi e uno sviluppo ritardato del ragionamento negli adolescenti”, ha detto l’autrice della ricerca, Patricia Conrad, professore di psichiatria della università di Montreal.

L’Enpam è ultima in classifica

(da www.enpam.it)  A volte essere poco concentrati è sinonimo di sicurezza. La Covip, l’authority che vigila sul sistema pensionistico italiano, ha certificato che l’Enpam ha l’indice di concentrazione del portafoglio più basso tra tutte le Casse dei professionisti.  Detto in altri termini, la strategia di investimenti attuata dal Consiglio di amministrazione della Fondazione ha diversificato gli investimenti patrimoniali meglio di tutti, a salvaguardia delle pensioni di medici e dentisti.  Il dato è stato illustrato la scorsa settimana dal presidente della Covip, Mario Padula, presentando il “Quadro di sintesi” sui patrimoni delle Casse al 31 dicembre 2017.   L’indice di concentrazione rileva quanto gli investimenti di un portafoglio siano correlati tra loro. Più la percentuale è elevata, più alto è il rischio che il cattivo andamento di uno trascini con sé tutti gli altri.

Leggi tutto

ENPAM vs Report. ‘’Ecco quanto rendono davvero i nostri investimenti’’ la replica alla trasmissione

(da Odontoiatria33)   Lunedì sera Report, la trasmissione d’inchiesta di Rai Tre ha trasmesso un servizio dal titolo “Le mani sulle pensioni dei medici” ,  partendo dalle rivelazioni del dott. Franco Picchi, odontoiatra toscano, su alcuni investimenti immobiliari che l’ENPAM avrebbe svolto su immobili del Gruppo Parnasi (al quale Report stava dedicando una inchiesta), evidenziando le perdite.  

Leggi tutto
1 343 344 345 346 347 432