Gotta? Più dell’alimentazione sembra colpa della genetica

(da M.D.Digital)   La dieta è sostanzialmente meno importante della genetica nello sviluppo di una elevata uricemia, che spesso precede la comparsa della gotta. La convinzione largamente diffusa che la malattia sia causata principalmente dalla dieta non è infatti supportata dai nuovi dati pubblicati sul ‘British Medical Journal’, che suggeriscono che la dieta è sostanzialmente meno importante della genetica.  La malattia articolare, caratterizzata da dolore e gonfiore estremi delle articolazioni, è più comune negli uomini di età pari o superiore a 40 anni ed è, appunto, causata da un eccesso di acido urico nel sangue con produzione di cristalli che si accumulano intorno alle articolazioni.  Per capire meglio come la dieta e i geni potrebbero influenzare lo sviluppo della gotta, un team di ricercatori ha analizzato i dati di un sondaggio alimentare condotto in 8.414 uomini e 8.346 donne di origine europea, provenienti da cinque studi di coorte statunitensi.

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Certificati in nero, denunciati 2 medici; evasi 570 mila euro

(da AGI)   Rilasciavano certificati medici per attività sportiva agonistica senza emettere la ricevuta fiscale. In questo modo due medici con studio a Ciré e Lanzo Torinese hanno evaso oltre 570mila euro. La Guardia di finanza ha denunciato entrambi per i reati fiscali. Per uno dei due medici, inoltre, è scattata la denuncia alla Procura di Ivrea, in quanto in fase di indagine è emerso che utilizzava fatture per operazioni inesistenti, emesse da un altro studio medico di Trofarello. In particolare, il medico avrebbe stipulato con lo studio compiacente un finto contratto di noleggio di attrezzatura a prezzi esorbitanti, così da “gonfiare” i costi e quindi pagare meno tasse.

Vaccino antinfluenzale, lo fanno 3 operatori sanitari su 10

(da Enpam.it)  Dal 15 ottobre è ripartita la campagna di vaccinazione contro l’influenza. I medici e il personale sanitario sono fra le categorie a cui il ministero della Salute raccomanda l’immunizzazione, da quest’anno gratuita anche per i donatori di sangue. Nonostante ciò, nell’ultima stagione rilevata (2016-17) sono stati meno di 3 su 10 (28 per cento) gli operatori sanitari che si sono vaccinati.   È quanto è emerso da una recente indagine condotta su circa 4mila operatori sanitari dalla Simpios (Società italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni delle organizzazioni sanitarie) in collaborazione con l’Università di Pisa.   Si tratta di un risultato “che è in linea con i dati che mediamente si riportano negli ospedali italiani” dice Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Pisa. “Negli ospedali – prosegue – le coperture variano dal 10 per cento fino ad un 25-30 per cento dei più virtuosi, cioè di quelli che mettono in atto sistemi più pressanti, come la vaccinazione nei reparti”.   Analizzando i dati si nota che la percentuale di vaccinati aumenta con l’età ed è maggiore fra i medici rispetto agli infermieri e agli altri operatori. “La percezione del rischio di trasmettere l’influenza ai propri pazienti è più alta rispetto a infermieri e operatori sociosanitari, che invece sono quelli più ad alto rischio di trasmissione vista la loro maggiore prossimità e numero di contatti con i pazienti”.   Per cercare di rimediare, nell’ultima circolare del ministero della Salute sull’influenza nella stagione 2018-19 “viene raccomandato l’avvio tempestivo della vaccinazione agli operatori sanitari che hanno contatto diretto con i pazienti a più alto rischio di acquisizione/trasmissione dell’infezione influenzale”. “Non credo che si possa avviare un discorso di obbligo a livello nazionale e regionale – conclude però Lopalco –  forse non sarebbe neanche giusto farlo. Con operazioni di offerta attiva, informazione e convincimento si possono ritenere risultati maggiori”.

Nei cinquantenni dormire 5 ore o meno a notte è associato ad un rischio raddoppiato di malattie cardiovascolari

(da Cardiolink)   Queste sono le conclusioni dello studio presentato all’ESC 2018.  L’autrice dello studio, Moa Bengtsson, dell’Università di Göteborg, in Svezia, ha dichiarato: “Per le persone che hanno una vita impegnata, dormire potrebbe sembrare una perdita di tempo, ma il nostro studio suggerisce che il sonno breve potrebbe essere collegato a future malattie cardiovascolari”. Studi precedenti hanno generato prove contrastanti sul fatto che il sonno breve sia associato a una maggiore probabilità di avere un evento cardiovascolare futuro. Questo studio ha indagato su questa relazione in uomini di 50 anni. Nel 1993, il 50% di tutti gli uomini nati nel 1943 e residenti a Göteborg furono scelti a caso per partecipare allo studio.

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Il cattivo umore migliora l’attenzione e la capacità di pensiero

(da M.D.Digital)   Una nuova ricerca ha rilevato che, in alcune persone, l’essere di cattivo umore può migliorare le capacità esecutive, come l’efficienza nel focalizzare l’attenzione, nel gestire il tempo e nel dare priorità alle attività. Lo stesso studio ha rilevato che, in alcuni casi, il buon umore ha invece un effetto negativo su queste attitudini. Lo studio ha voluto esplorare se la reattività emotiva di una persona è in grado di modellare il modo in cui l’umore influenza le capacità di pensiero necessarie a superare le richieste e gli stress della vita quotidiana. La reattività emotiva si riferisce alla sensibilità, intensità e durata delle nostre risposte emotive associate al nostro umore.   I risultati, commentano gli autori, mostrano che per alcune persone il cattivo umore può effettivamente affinare il tipo di capacità di pensiero importanti per la vita di tutti i giorni.  Gli individui altamente reattivi – ovvero le persone che hanno risposte emotive rapide, intense e durature – hanno ottenuto risultati migliori nelle mansioni esecutive in caso di cattivo umore. Gli individui a bassa reattività hanno invece mostrato l’effetto opposto, dove il cattivo umore si associava a funzionamento esecutivo di qualità peggiore.   Gli autori spiegano però che avere la luna per traverso non è prassi da adottare aprioristicamente ma sottolineano invece come la reattività emotiva differisce da persona a persona a partire da un’età molto precoce e che queste differenze individuali hanno implicazioni per la salute mentale più avanti nello sviluppo. Saranno necessarie ulteriori ricerche per spiegare la relazione, ma già ora alcuni studi suggeriscono che le persone ad alta reattività sono più abituate a provare emozioni negative. Di conseguenza, i cattivi stati d’animo potrebbero essere meno fastidiosi per loro rispetto alle persone a bassa reattività.
(Gabel MS, et al. Does mood help or hinder executive functions? Reactivity may be the key. Pers Individ Dif 2018; 128: 94-99; DOI: 10.1016/j.paid.2018.02.027) 

Via il numero chiuso a medicina, Fnomceo: “Il Governo faccia un passo indietro”

“Prendiamo atto, dal Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri, che il Governo ha inserito nella Legge di bilancio approvata ieri sera l’abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina. Ci aspettiamo che il Governo chiarisca subito e nel dettaglio tempi e modalità del provvedimento, che, letto sic et simpliciter, appare una misura che rischia di penalizzare fortemente i giovani, illudendoli e infrangendo poi le loro speranze contro la parete di cristallo dell’incapacità dello Stato di programmare.  È un paese triste quello che vive in un eterno presente, è una politica miope quella che non riesce e non vuole costruire un futuro per le nuove generazioni”.  Leggi l’articolo completo al LINK

https://portale.fnomceo.it/via-il-numero-chiuso-a-medicina-fnomceo-il-governo-faccia-un-passo-indietro-2/

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