Il consumo di yogurt da parte di soggetti giovani riduce l’insulinoresistenza

(da Univadis)   È noto che i figli di genitori obesi presentano un maggior rischio di obesità da adulti: ben 10 volte maggiore se entrambi i genitori sono obesi, 4 volte maggiore se lo è soltanto uno dei due. Tra le molte variabili (genetiche, socioeconomiche, comportamentali) che contribuiscono a questa situazione vanno annoverate anche le abitudini alimentari, non ultima la progressiva riduzione del consumo di latte e latticini e particolarmente quello di yogurt, che si riduce mediamente a meno di una porzione al giorno proprio tra i 14 e i 18 anni. In questo studio, sono stati valutati i parametri antropometrici e di composizione corporea, l’andamento delle variabili metaboliche e infine la composizione della dieta e la qualità delle abitudini alimentari in ragazzi e ragazze di 20 anni in media, ad alto rischio di obesità. La ricerca ha prima di tutto confermato alcuni dati già noti: i figli di genitori obesi hanno una composizione corporea e un profilo metabolico complessivo meno favorevoli rispetto ai coetanei figli di genitori normopeso. Raggruppando i giovani in base ai livelli di consumo di yogurt, è emerso che coloro che lo consumavano regolarmente (almeno una porzione al giorno) presentavano un livello di insulinemia a digiuno e dell’HOMA index (marker di insulinoresistenza) migliore rispetto a coloro che non consumavano affatto yogurt o lo assumevano sporadicamente. Queste osservazioni sono in linea con quanto già dimostrato a proposito degli effetti positivi che le proteine dello yogurt e i peptidi bioattivi del latte hanno proprio sull’andamento della glicemia e dell’insulinemia, a digiuno e post-prandiale. In conclusione, questo studio, valutando il rapporto tra consumo di yogurt, peso e salute metabolica e considerando il ruolo della predisposizione familiare all’obesità, conferma l’opportunità di inserire questo alimento con regolarità nell’alimentazione di questa categoria di soggetti.  (Panahi S, Gallant A, Tremblay A, Pérusse L, Després JP, Drapeau V. Eur J Clin Nutr. 2018 Apr 25. doi: 10.1038/s41430-018-0166-2. [Epub ahead of print]) 

Rapporto Passi (Iss): dieta o stop al fumo è Mmg che convince

(da Doctor33)   Più che il web o gli amici, è il medico di famiglia che può convincere anche i più reticenti a fare la dieta o a smettere di fumare. Lo affermano i dati della sorveglianza Passi dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui ad esempio la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è tre volte maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico. «I dati» spiegano gli esperti «mostrano che il consiglio del medico è rilevante nell’incoraggiare la scelta del paziente ad adottare comportamenti più salutari: anche nella promozione degli screening oncologici il consiglio del medico è rilevante, la quota di persone che si sottopone a screening oncologico, a scopo preventivo, è maggiore fra chi riceve il consiglio da parte del medico o di un operatore sanitario e persino l’adesione allo screening organizzato aumenta se alla lettera della Asl si accompagna il consiglio del proprio medico».
Al momento però, secondo lo studio Passi, i buoni consigli sono dati più che altro a persone con patologie croniche o con comportamenti particolarmente a rischio (forti fumatori, forti bevitori, persone in forte eccesso ponderale e persone che hanno un aumentato rischio cardiovascolare). Poco più del 50% dei fumatori riferisce di aver ricevuto il consiglio di smettere di fumare, ancor meno persone in eccesso ponderale riferiscono di aver ricevuto il consiglio di perdere peso, solo il 30% degli assistiti dichiara di aver ricevuto il consiglio di praticare attività fisica e appena il 6% dei consumatori di alcol a maggior rischio (per consumo abituale elevato o binge drinking o consumo prevalentemente fuori pasto) riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno.

Gli esercizi di resistenza riducono sintomi depressione

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health)   Gli esercizi di resistenza, come il sollevamento pesi o un allenamento sotto sforzo, sarebbero in grado di ridurre i sintomi della depressione. È quanto ha evidenziato uno studio pubblicato da ‘JAMA Psychiatry’. La ricerca è stata guidata da Brett Gordon, dell’Università di Limerick, in Irlanda.
Lo studio. Il team ha analizzato i dati provenienti da 33 studi clinici relativi, complessivamente, a 947 adulti sottoposti ad allenamenti e 930 invece inattivi. Indipendentemente dal fatto che i partecipanti avessero o meno un problema di salute fisica o mentale, l’esercizio ha ridotto i sintomi della depressione, sebbene l’effetto sia stato più pronunciato negli adulti con depressione lieve o moderata. La maggior parte delle ricerche, però, si concentrava sull’esercizio aerobico, come corsa e ciclismo, piuttosto che su allenamenti di resistenza, come sottolineato da Gordon. In media, i programmi di allineamento di resistenza nei piccoli studi inclusi nella review duravano circa 16 settimane, con una durata compresa tra 6 e 52 settimane. E tra gli studi minori che monitoravano se le persone completavano i programmi di allenamento come indicato, il tasso di aderenza era del 78%. Mentre altri studi riportavano solo le presenze, che variavano dall’88% al 94%. Ma l’allenamento di resistenza è stato associato a una riduzione dei sintomi di depressione, indipendentemente da quanto le persone si esercitavano e se ci fosse o meno un miglioramento di forza e massa muscolare. Le conclusioni. In realtà, comunque, questi esercizi non dimostrano se l’esercizio funziona meglio da solo o in combinazione con farmaci o psicoterapia o come alternativa a questi trattamenti. Inoltre, lo studio non ha messo a confronto gli esercizi di resistenza con l’esercizio aerobico o altri tipi di allenamenti. Infine, negli studi considerati non veniva verificato se le persone a cui venivano prescritti farmaci li assumevano come dovuto.  Nonostante questo, “i risultati dimostrano che una serie di esercizi può essere in grado di ridurre la depressione e altri disturbi dell’umore”, come sottolineato da Dianna Purvus Jaffin, del Brain Performance Institute dell’Università del Texas di Dallas. “Il messaggio di fondo è di rimanere attivi”, ha sottolineato, “indipendentemente da fare esercizi aerobici o allenamenti di resistenza”.

Verifiche sui crediti ECM raccolti da medici ed odontoiatri

(da Odontoiatria33)   Attraverso una nota inviata ai presidenti di Ordine e CAO, la FNOMCeO interviene sull’obbligo formativo per medici ed odontoiatri ribadendo che l’aggiornamento costituisce un requisito indispensabile per svolgere attività professionale in qualità di dipendente o libero professionista, e che il Codice di Deontologia Medica prevede che ”il medico, nel corso di tutta la sua vita professionale, persegue l’aggiornamento costante e la formazione continua” assolvendo agli obblighi formativi mentre l’Ordine ha il compito di certificare agli iscritti i crediti acquisiti e valutare eventuali inadempienze.  “Alla luce delle disposizioni” di legge il presidente FNOMCeO ricorda che “l’aggiornamento rimane un preciso dovere di ogni professionista ed è fonte di responsabilità indipendentemente dal fatto che il datore di lavoro organizzi o meno corsi di aggiornamento”. Nonostante le “indicazioni” formative e deontologiche verso l’aggiornamento e che el 2017 l’accordo Stato-Regioni sulla formazione continua indichi che gli “Ordini e le rispettive Federazioni nazionali vigilino sull’assolvimento dell’obbligo formativo dei loro iscritti ed emanino, ove previsti dalla normativa vigente, i provvedimenti di competenza in caso di mancato assolvimento di tale obbligo”, di sanzioni o controlli sul mancato raggiungimento del fabbisogno formativo non sembrano essere state attivati. Forse in vista di una più rigida applicazione delle norme di legge e deontologiche, il Presidente Anelli “nell’ambito dei propri compiti di indirizzo e coordinamento, invita gli Ordini territoriali, stante il fondamentale ruolo nella funzione di accertamento attribuito agli stessi, a sollecitare gli iscritti all’adempimento dell’obbligo formativo”.    Sul fronte dei controlli, il presidente Anelli demanda, però, al 2019 “sottolineando che la verifica per il triennio 2014-2016 non potrà avvenire prima del 31.12.2018, termine entro il quale i professionisti avranno la possibilità – tramite il COGEAPS – di spostare a recupero del detto triennio i crediti maturati nell’anno solare 2017, mentre per l’attuale triennio 2017-2019 sarà possibile verificare l’assolvimento dell’obbligo non prima del 31.12.2019 salvo eventuali proroghe stabilite dalla Commissione nazionale della Formazione continua”.

Abuso droghe, Rapporto europeo: Italia al terzo posto per la cannabis

(da Doctor33)   L’Italia si colloca al terzo posto in Europa per uso illecito di cannabis e il quarto per uso di cocaina. È quanto emerge dal rapporto dell’Agenzia europea delle droghe che disegna un quadro generale dell’ultimo anno: il consumo di cocaina è rimasto stabile nel complesso, ma con segni di aumento, quello di cannabis è rimasto agli stessi livelli pur con grandi differenze nazionali, e per l’ecstasy si è vista una stabilizzazione o un leggero aumento.

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Tumori, l’Italia è tutto un Sin?

Questo articolo piuttosto inquietante è stato scritto dalla nostra collega Patrizia Gentilini, membro della Commissione Ambiente e Salute del nostro Ordine. Il pezzo di Patrizia è stato pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” la scorsa settimanaN.B. Sin è l’acronimo di ‘Sito contaminato di interesse nazionale’…

(da Il Fatto Quotidiano, 15/06/2018)  L’aggiornamento al 2013 di recente diffuso dall’Istituto superiore di Sanità sullo studio Sentieri, ovvero l’indagine sullo stato di salute delle popolazioni residenti in territori fortemente inquinati, conferma quanto già in precedenza emerso: vivere in prossimità di industrie inquinanti, petrolchimici, inceneritori, discariche etc. è un importante fattore di rischio per la salute.

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