Bruxismo e serramento: in forte crescita le diagnosi

(da DottNet)   Digrignare i denti (di notte o di giorno) o serrare con forza le due arcate dentali – le cosiddette “parafunzioni”, chiamate rispettivamente bruxismo e serramento dei denti (clenching) – sono due atteggiamenti piuttosto comuni che possono riguardare fino al 40% della popolazione, il 10-15% in forma grave. Attualmente si registra in forte crescita la diagnosi di parafunzioni, nonché degli effetti che esse determinano anche dal punto di vista neuromuscolare. Lo spiega Luca Landi, Presidente Eletto della Società Italiana di Parodontologia & Implantologia, precisando che mentre i disturbi di malocclusione riguardano il modo in cui i denti si interfacciano tra loro sulle due arcate, le parafunzioni sono atteggiamenti che determinano un contatto non fisiologico tra denti superiori e inferiori.  La causa delle parafunzioni è di origine nervosa centrale, spiega, in pratica è un modo che il nostro organismo utilizza per scaricare tensioni e stress somatizzando certe condizioni psicologiche.  Nel bruxismo si evidenzia il digrignamento (lo sfregamento dei denti sia in avanti e indietro, sia lateralmente); nel serramento i denti restano a contatto troppo a lungo con contrazione dei muscoli e dell’articolazione temporo-mandibolare. Questi atteggiamenti, prolungati nel tempo, sono devastanti non solo per il cavo orale, ma per gli effetti posturali e articolari che inducono.   Basti pensare che, se normalmente i denti vengono in contatto non più di 20 minuti al giorno(durante la masticazione o mentre parliamo), nel bruxismo i denti sono in contatto anche 6-8 ore su 24, il che significa che in termini di consumo di denti una settimana come bruxista equivale a un mese per un soggetto normale (che non soffre di parafunzioni).  Il bruxismo può avvenire sia di giorno sia di notte; quello notturno è più facile da identificare e controllare perché il paziente tende a svegliarsi con indolenzimento o dolore della bocca, o anche del collo e della testa. Altri segni che si notano nelle parafunzioni sono il consumo dei denti (che si presentano appiattiti nel bruxismo, mentre chi stringe i denti vede comparire dei buchetti nelle cuspidi dei molari) e un aumento della sensibilità termica.

In questi casi i bite notturni sono molto utili: si tratta di paradenti rigidi che servono ad evitare che i denti, venendo in contatto in modo anomalo, si consumino. Inoltre il bite evita così l’attivazione di recettori parodontali e l’innesco di un feedback neuromuscolare, consentendo di prevenire sia i sintomi del bruxismo, sia gli esiti a lungo termine su postura e articolazioni.  “Ma attenzione – afferma Landi – Il bite spesso è utilizzato senza una diagnosi corretta e con un bite non ben equilibrato il rischio è che il paziente non tragga alcun beneficio; sconsigliati sono anche i dispositivi fai da te che si trovano in farmacia e che si automodellano sulla bocca del paziente”.  Le parafunzioni, inoltre, possono essere anche diurne, ad esempio durante l’orario di lavoro o durante la pratica sportiva e sono in genere più complicate da gestire e in questi casi anche l’aspetto psicologico e la gestione dello stress contano tantissimo nella risoluzione del problema.

Col tempo il bruxismo e il serramento possono portare anche a alterazioni della conformazione anatomica dell’articolazione temporo-mandibolare che si manifestano con un ‘click’ mandibolare durante l’apertura della bocca per masticare o sbadigliare ad esempio. Lo scatto della mandibola può associarsi a dolore dell’articolazione e provocare acufeni e difficoltà masticatorie; anche problematiche relative ai denti del giudizio, in particolare quelli dell’arcata superiore, che quando sono malposizionati possono scatenare problematiche di natura funzionale. In questi casi si può ottenere un notevole beneficio dalla loro estrazione. E anche nel caso di click mandibolare lo stress, o la cattiva abitudine di mangiarsi penne e matita o di mordere la pipa possono influire, sebbene esistano condizioni anatomiche congenite predisponenti che sono spesso determinanti per l’insorgere di queste problematiche. La terapia per il ‘click’ mandibolare si basa su delle specie di bite che vengono realizzati per far sì che l’articolazione ritrovi un suo equilibrio e che permetta in molti casi al menisco articolare, simile a quello delle ginocchia, di muoversi in modo armonico con il resto dell’articolazione.  Nelle forme acute anche la terapia farmacologica può essere di aiuto con farmaci miorilassanti o ancora esercizi specifici per decontrarre la muscolatura della zona come ad esempio aprire e chiudere o portare in avanti la mandibola seguendo movimenti lenti e controllati.  In tutti questi casi, comunque, è cruciale la correttezza diagnostica e la comprensione, per quanto possibile, delle cause scatenanti, per non incorrere in lunghi e costosi trattamenti (come l’applicazione di un bite non corretto) che non si associano a benefici reali.

Pagamenti servizi e carburante, stop ai contanti. Da luglio medico deve dematerializzare i compensi

(da Doctor33)   Dal 1° luglio 2018 due rivoluzioni nel mondo delle transazioni. Dal benzinaio si potrà pagare solo con bancomat e carta di credito nel caso si sia lavoratori autonomi a partita Iva e si voglia scalare l’uso del proprio mezzo. Ma soprattutto, ogni datore di lavoro o committente-titolare di studio medico, odontoiatrico, farmacia incluso -non potrà più pagare in contanti i servizi offertigli; alla busta paga di lavoratori dipendenti e parasubordinati dovrà corrispondere un pagamento tracciabile. Il fine della norma è contrastare il comportamento fraudolento attraverso cui accade che un datore di lavoro segni in busta paga una retribuzione alta, ma poi in contanti versi una cifra inferiore a quella dichiarata.
Una frode possibile, come ci spiegano i commercialisti interpellati “per le vie brevi”, anche se per lo più fuori dal campo medico e odontoiatrico. Il senso della norma, come ha avvertito il tesoriere Fimmg Luigi Galvano che ha scritto una nota alle sedi periferiche, è che bisognerebbe prepararsi fin da adesso, da metà giugno, a versare ad assistenti di studio ed altri collaboratori il “quantum” dovuto:
• con bonifico su conto corrente del lavoratore con codice IBAN da quello indicato;
• con altri strumenti per i pagamenti elettronici;
• tramite assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore o a un suo delegato, la delega è ammessa solo in caso di effettivo e comprovato impedimento e solo al coniuge, al convivente o altro familiare o affine del lavoratore, comunque sopra i 16 anni.
La chance residuale di versare in contanti direttamente in banca o alla posta, sussiste solo se il datore di lavoro ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento e in genere si applica solo per le grandi aziende. «Molti titolari di studio tuttora pagano in contanti – ci dice un commercialista “anonimo” – ma il problema più grosso è per i ristoratori e i piccoli commercianti che retribuiscono il cameriere o il complesso musicale a serata, e dovranno cambiare, pagando con sistema tracciabile o inserendo il bonus a fine mese, inquadrato magari contrattualmente». Sempre dal 1° Luglio, segnala Fimmg nazionale ripresa dalla Segreteria di Milano, ci sarà l’obbligo per i distributori di benzina di emettere fattura elettronica per l’acquisto di carburante per uso professionale. «Alla luce delle precisazioni sin qui rilasciate dalla Agenzia delle Entrate – Circ. n. 8 del 2018 – sembra delinearsi, in relazione alla posizione tributaria del medico di medicina generale, l’obbligo di farsi rilasciare dal distributore di carburante, ai fini della deducibilità del costo, la fattura elettronica con l’Iva esposta: documento che il medico provvederà a registrare nell’ambito delle fatture ricevute e a trattare fiscalmente in base alle attuali disposizioni di cui all’articolo 164 del Testo unico imposta sui redditi».  La vecchia scheda carburante, che si sarebbe prestata a essere “gonfiata”, va in pensione. «Si dovrà pagare con moneta elettronica: carta di credito o di debito (bancomat), da portare dietro al posto del contante», spiega lo stesso commercialista. «La convenienza a dedurre dal reddito imponibile le spese per il carburante sarà solo per il medico che viaggia di più, molto probabilmente deduzioni e detrazioni diminuiranno anche perché il recupero fiscale è pari al 20% e quello dell’Iva al 40%. La fattura spedita al telefonino potrà comunque essere scaricata collegandosi al sistema di accoglienza del Ministero dell’Economia dove è reperibile la posizione fiscale del contribuente». Dovrebbe essere il codice fiscale o la partita Iva del cliente acquirente la chiave per linkarsi all’archivio dell’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima sta per mettere peraltro a disposizione due strumenti: per le partite Iva un QR Code da mostrare al fornitore e per il benzinaio un’app per acquisire i dati identificativi del committente e fare fattura subito.

Statine: qual è il beneficio della prevenzione primaria nei soggetti anziani?

(da Univadis)  Nei soggetti anziani (≥65 anni) con ipertensione arteriosa e iperlipidemia moderata, in assenza di malattia cardiovascolare nota, il trattamento con le statine a dose efficace, rispetto a cure tradizionali, dopo 6 anni di monitoraggio,  ha dimostrato che i tassi di mortalità ed eventi coronarici (EC) non hanno ottenuto un miglioramento significativo nel braccio con le statine (pravastatina 40 mg/die) rispetto al braccio con le cure tradizionali. Nei pazienti di età ≥75 anni, la mortalità è persino aumentata nel braccio con le statine fino a un livello molto vicino alla significatività statistica. E’ il risultato di un Un’analisi post hoc di quasi 2.900 pazienti di oltre 65 anni, arruolati tra il 1994 e il 2002 nella sperimentazione ALLHAT-LLT (https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2628971?redirect=true )

Solo il 54% dei medici è in regola con i corsi di aggiornamento

(da DottNet)   Solo il 54% dei medici risulta in regola nell’ultimo triennio con i corsi di aggiornamento di Educazione formativacontinua (Ecm). Sebbene i numeri siano in crescita, di fatto quasi la metà dei camici bianchi è ancora inadempiente.  A poco più di un anno di distanza dall’entrata in vigore della legge 24/2017 (cosiddetta Legge Gelli), la formazione si conferma elemento chiave della norma che regola la responsabilità professionale in ambito medico-sanitario. È lo stesso articolo 3, infatti, a prevedere l’individuazione di idonee misure per la prevenzione e la gestione dell’errore sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure, nonché per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.  L’ultimo triennio formativo ECM si è concluso con solo il 54% dei medici in regola (dati CoGeAPS); sebbene i numeri siano in crescita, di fatto, quasi la metà dei camici bianchi risulta ancora inadempiente. «Al di là del dovere deontologico – spiega Consulcesi Club, realtà di riferimento per oltre 100mila medici – il mancato aggiornamento ECM, alla luce del nuovo dettato normativo, si profila come possibile elemento negativo, in caso di contenzioso, nell’accertamento della responsabilità professionale». Un’eventualità tutt’altro che remota visto che, secondo gli ultimi dati dell’Associazione nazionale imprese assicuratrici (Ania), solo nel 2016 si sono registrate oltre 15mila denunce di sinistri in ambito sanitario.  Ed è proprio in ambito assicurativo che la formazione ECM gioca un ruolo sempre più fondamentale per quanto riguarda la stipula e i costi delle polizze. «La Legge Gelli, infatti, ha introdotto l’obbligo della copertura assicurativa della responsabilità professionale per colpa grave, – sottolinea Consulcesi Club – e le compagnie potrebbero contestare eventuali casistiche collegabili alla mancata formazione, oppure determinare costi più elevati per quanti non sono in regola con i crediti ECM, proprio in virtù del maggior rischio di errore». D’altro canto, invece, chi ha adempiuto all’obbligo formativo ha la concreta prospettiva di vedersi riconosciuti sconti sui premi assicurativi, infatti già diverse compagnie dichiarano di essere al lavoro in questo senso

Medici, indagine Uk mette a confronto gli stipendi. Italiani tra i più poveri

(da Doctor33)

Medici di famiglia ricchi come gli ospedalieri ma solo in apparenza, la qualità di reddito dipende dal contratto. Mette tutti d’accordo il sondaggio UK Doctors’ salary report condotto da Medscape su campioni di Mmg e specialisti che confronta le retribuzioni di “pari ruolo” britannici (caso di riferimento) e francesi, tedeschi, spagnoli e statunitensi (presi a parametro). Il campione Uk di 800 medici, 46% formati in Asia o da questa parte della Manica, di cui il 75% ospedalieri e il 25% “generalisti” (studi mono o pluriprofessionali, mono o pluribranca, assunti nelle healthcare organization o titolari), è confrontato con dati di 16 mila medici Us, 549 teutonici, 526 iberici, 937 francesi. Per i medici britannici è dato un reddito medio (totale stipendi annui diviso numero rispondenti) e uno mediano (dichiarato più spesso dai rispondenti) che è sempre inferiore: cioè è meno raro trovare “picchi” sui redditi alti. Viene poi considerato il reddito proveniente da attività extra specialità sia per i medici generalisti sia per gli specialisti, che va dall’8 al 12% del totale a seconda dei paesi. In tutto un medico di famiglia inglese arriva a prendere l’equivalente di 126 mila euro lordi medi che salgono fino quasi a 140 mila se è maschio, scendono di circa 40 mila euro se è femmina o se è sotto i 45 anni. Gli specialisti hanno una media di 10 mila euro più alta e una mediana più bassa, ci sarebbero dunque dei “superpagati” il cui “scatto” potrebbe derivare dalla libera professione di pochi (10 mila euro di introito aggiuntivo medio e 4 di valore mediano).  Nel confronto internazionale, il “generalista” francese prende il 20% in meno: neanche 100 mila euro lordi medi che salgono di 6 mila con lavori aggiuntivi o se si opera in ospedale; in Spagna si scende a 45 mila sterline, poco più di 51 mila euro, di reddito medio sul territorio e altri 3 mila euro in più se si è specialisti, e un 10% in più di introiti da altri lavori. Meglio in Germania: si prende una media di 117.300 sterline, cioè 134 mila euro sul territorio e un 5% meno se si lavora in ospedale; vantaggi simili ma proporzioni rovesciate sorvolando l’oceano: 183 mila euro medi al generalista e 250 mila allo specialista ospedaliero. Nel 2016 hanno denunciato più spesso aumenti i medici tedeschi e Usa, in crescita per un 35% dei casi, mentre francesi e spagnoli con perdite sono pari (15-16%) a quanti hanno conseguito guadagni. Tuttavia, i “ricchi” tedeschi e americani a fine mese riescono a mettere da parte di meno. Fanno tornare i conti l’80% dei francesi, l’82% dgli spagnoli, il 59% degli inglesi, il 57 dei teutonici e il 32% degli americani! E gli italiani? Le statistiche del Ministero dell’Economia parlano di un reddito medio lordo d’assistenza primaria pari a 65 mila euro contro i 75 mila dell’ospedaliero, di introiti cresciuti del 43% tra 2005 e 2010 e quasi fermi da allora, di punte stipendiali fino a 72 mila euro e passa per il Mmg con più assistiti o più over 75.
Per Fiorenzo Corti, vicesegretario Fimmg, «la bella ricerca sconta tre limiti. Intanto il paragone non va fatto tra sanità eterogenee, la nostra è come quella Uk e iberica, le altre sono costituite da mutue. All’estero in genere si riconosce al Mmg la possibilità di fare in studio diagnosi di secondo livello, retribuite. Secondo, pesa il tipo di contratto, noi e i titolari inglesi siamo liberi professionisti convenzionati a quota capitaria, gli spagnoli sono dipendenti, francesi e tedeschi hanno altri criteri. Terzo, i carichi di lavoro non sono comparabili, ciascun paese ha un modo diverso di coprire le 24 ore, noi abbiamo la continuità assistenziale per 12 ore, e i francesi o gli inglesi? Quanto agli specialisti, all’estero sono ospedalieri, da noi ci sono anche i territoriali. Tedeschi e americani in affanno a fine mese? Mi ricordano me e i colleghi che investono sulla qualità dello studio e ci ritroviamo a sborsare 5 mila mensili tra affitto e facilities, quando qualcun altro non paga perché comune o Asl gli mettono a disposizione i locali».
Per Aldo Lupo presidente dell’Union Europeenne des Medecins Omnipracticiens che raggruppa i sindacati dei Mmg continentali l’indagine ha almeno due limiti: «Le tipologie di contratto in realtà influenzano sia i comportamenti sia gli introiti dei medici; inoltre quando si parla di redditi c’è di solito più difficoltà a esporsi, quanto sono oggettivamente riscontrabili le cifre dichiarate nel sondaggio (dove servirebbero più nazioni)? Ciò detto, i dati sono credibili, è credibile il miglioramento nel 2016 in Germania dove il pagamento a prestazione induce maggiore competizione tra medici, e lo è quello in Uk a seguito dello sviluppo della convenzione che premia il general practitioner in base al raggiungimento di indicatori di qualità; ancor più credibile il nostro stipendio “certificato” dal Mef che temo a conti fatti somigli a quello spagnolo in apparenza più basso. I colleghi iberici sono in parte dipendenti, e lavorano in strutture messe a disposizione; noi paghiamo l’affitto dello studio, e giriamo per intero le compartecipazioni Asl per infermieri e assistenti di studio. Interessante il dato sulle donne che in Uk guadagnano meno: può essere influenzato dall’incidenza del part-time che consente di abbattere le liste al 50 o all’80%. Evidente il gap rispetto allo specialista: in Italia (e non solo, come si vede) guadagna di più e ha un rapporto di dipendenza che significa spese in meno e in più tredicesima, quattordicesima, ferie pagate».

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