Dieta vegetariana e vegana sono inadeguate per i bambini

(da DottNet)    “Vitamina B12, ferro e omega 3 devono trovare posto a tavola per il corretto sviluppo dei bimbi”  Non è da escludere a priori il vegetarianesimo, ma rischia di essere inadeguato così come il veganesimo. Latte, uova ed alimenti ricchi di vitamina B12, oltre a ferro e omega 3 devono trovare posto in tavola per un corretto sviluppo dei bambini. Fin dai primi mesi di vita la scelta migliore è quella che prevede il consumo prevalente di alimenti vegetali e l’uso limitato di prodotti animali. A evidenziarlo sono i pediatri, riuniti a Caserta per un corso organizzato dalla Sipps e dalla Federazione Italiana Medici Pediatri. Si comincia proprio con una sessione “Diete vegetariane in gravidanza e in età evolutiva”.  La Sipps, insieme alla Fimp e alla Società Italiana di Italiana di Medicina Perinatale ha deciso di approfondire, attraverso un Position Paper, il problema dell’adeguatezza delle diete vegetariane relativamente alla crescita ed allo sviluppo neurocognitivo dei bambini. “Anche in Italia, come nel resto del mondo – spiega Margherita Caroli, coordinatore del Position Paper – il numero delle persone che abbracciano stili alimentari diversi, fra cui quelli vegetariani, declinati nelle varie forme, è in aumento. In alcuni casi intere famiglie, a volte con conoscenze nutrizionali insufficienti, abbracciano nuovi modelli alimentari, intraprendendo un percorso che necessita peraltro di assunzioni calibrate dei diversi alimenti. I bambini quindi, soprattutto in questi casi, potrebbero venir esposti a stili alimentari non ideali per la loro crescita”.  “Per un corretto sviluppo del bimbo – afferma Andrea Vania, Professore di Nutrizione Pediatrica all’Università La Sapienza di Roma – le diete latto-ovo-vegetariane e vegane sono inadeguate, soprattutto considerando l’ambito neurologico, psicologico e quello motorio”. “La centralità del bambino – conclude Giuseppe Di Mauro, Presidente Sipps – è da sempre l’obiettivo primario per le diverse componenti dell’universo pediatrico”.

Sanità pubblica: prossima legislatura, ultima chiamata

(da M.D.Digital)   Al cospetto di oltre 600 partecipanti del mondo della sanità e della ricerca biomedica, giunti a Bologna da tutto il territorio nazionale, Nino Cartabellotta – Presidente della Fondazione Gimbe – ha fatto il punto sullo “stato di salute” del nostro servizio sanitario nazionale (Ssn) e sull’indifferibile necessità di rimettere la salute dei cittadini al centro dell’agenda politica. Secondo le stime della Fondazione Gimbe nel 2025 serviranno almeno 210 miliardi di euro per mantenere il Ssn pari ad una spesa pro-capite di  3.500 euro; stime estremamente prudenziali perché si tratta di una cifra inferiore alla media OCSE del 2013. Rispetto ai 150 miliardi di spesa del 2016, stando alle previsioni attuali d’incremento di spesa pubblica e di spesa privata e al potenziale recupero da sprechi e inefficienze, rimane indispensabile un forte rilancio del finanziamento pubblico per raggiungere la cifra stimata. “Questi dati – ha esordito Cartabellotta – seppure non devono essere letti come la conseguenza di un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del Ssn, testimoniano indubbiamente l’assenza di un preciso programma politico per il suo salvataggio, confermata anche dalla recente analisi dei programmi elettorali condotta dalla Fondazione Gimbe”.
Impressionante la quantità di numeri snocciolati dal Presidente: dal definanziamento pubblico alle diseguaglianze regionali, dalla composizione della spesa privata alla mobilità sanitaria, dai ticket alle addizionali regionali IRPEF, dalla spesa per il personale agli sprechi, che restituiscono un quadro allarmante in cui il nostro Ssn si sta inesorabilmente disgregando sotto gli occhi di tutti.
“Davanti a tinte così fosche per il futuro della sanità pubblica – ha puntualizzato Cartabellotta – dal nostro monitoraggio dei programmi elettorali emerge che nessun partito ha predisposto un piano per tutelare il Ssn  intervenendo sulle principali determinanti della crisi di sostenibilità: definanziamento, ‘paniere’ Lea troppo ampio, sprechi e inefficienze, deregulation della sanità integrativa, diseguaglianze regionali e locali. Considerato che non potrà essere il futuro a prendersi cura del Ssn la Fondazione Gimbe ha dunque messo nero su bianco un dettagliato’piano di salvataggio’ la cui attuazione sarà strettamente monitorata dal nostro Osservatorio”.  Ma sotto osservazione ci sono anche i Piani anti-liste d’attesa delle Regioni e delle aziende sanitarie, per valutare l’adeguamento alle indicazioni nazionali e il rispetto dei tempi minimi per accedere alle prestazioni. Tale finalità è infatti l’obiettivo di un progetto di ricerca finanziato dalla borsa di studio promossa dalla Fondazione Gimbe alla memoria del medico Gioacchino Cartabellotta, e destinata a un giovane ricercatore. A riceverla quest’anno, durante la 13.esima Conferenza nazionale Gimbe è Vincenza Gianfredi, della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’università di Perugia, per fare luce sulle modalità con cui Regioni e Aziende sanitarie gestiscono le liste d’attesa.
“Dalle nostre analisi, effettuate nell’ambito delle attività dell’Osservatorio Gimbe – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe -ci siamo resi conto di un elemento ‘curioso’: in Italia esiste un Piano nazionale per il governo delle liste d’attesa che ciascuna Regione avrebbe dovuto recepire, e ciascuna azienda sanitaria avrebbe dovuto redigere un Piano aziendale per definire i tempi minimi previsti per accedere alle varie prestazioni. In nessun sito istituzionale, però, si ritrovano queste informazioni”.
“Perciò ci siamo dati l’obiettivo – prosegue – di costruire una sorta di mappatura, sia delle Regioni sia delle Aziende sanitarie, rispetto agli obblighi a cui sono tenute dal Piano nazionale per il governo delle liste d’attesa”. I primi dati sono attesi dopo l’estate, i risultati conclusivi saranno illustrati alla prossima Conferenza nazionale Gimbe nel 2019.

I 12 punti del piano di salvataggio della Fondazione Gimbe

  1. Salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche industriali, ambientali, sociali, economiche e fiscali.
    2.Certezze sulle risorse per la sanità: stop alle periodiche revisioni al ribasso e rilancio del finanziamento pubblico.
    3. Maggiori capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni nel pieno rispetto delle loro autonomie.
    4. Costruire un servizio socio-sanitario nazionale, perché i bisogni sociali sono strettamente correlati a quelli sanitari.
    5. Ridisegnare il perimetro dei Lea secondo evidenze scientifiche e princìpi di costo-efficacia e rivalutare la detraibilità delle spese mediche secondo gli stessi criteri.
    6. Eliminare il superticket e definire criteri nazionali di compartecipazione alla spesa sanitaria equi e omogenei.
    7. Piano nazionale contro gli sprechi in sanità per recuperare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi.
    8. Riordino legislativo della sanità integrativa per evitare derive consumistiche e di privatizzazione.
    9. Sana integrazione pubblico-privato e libera pr

Confermato anche nel 2018 il Concorso Letterario OMCeO Forlì-Cesena

Nella seduta del 6 marzo il Consiglio Direttivo del nostro Ordine ha deliberato di bandire per il 2018 la terza edizione del Concorso Letterario tra tutti gli iscritti. Anche quest’anno si potrà concorrere per due categorie, prosa (racconti brevi) e poesia (una sola poesia a tema libero). Ogni nostro iscritto potrà presentare lavori sia per la prosa che per la poesia. Gli elaborati dei concorrenti devono essere consegnati alla nostra segreteria entro il 15 Giugno 2018.

Regolamento

Modulo di partecipazione

Studio Italiano: i tumori aumentano insieme al Pil

(da AdnKronos Salute)   Il cancro cresce insieme al Pil. “Più le società sono ricche e maggiore è l’incidenza dei tumori”, secondo le conclusioni di uno studio dell’Università di Pisa, che ha indagato sull'”epidemia di cancro” analizzando in particolare il legame fra prodotto interno lordo e andamento di 8 neoplasie in 122 Paesi del mondo, Italia compresa. Il lavoro, pubblicato su ‘Ecological Economics’, è firmato da Tommaso Luzzati, Angela Parenti e Tommaso Rughi del Dipartimento di Economia e Management dell’ateneo pisano.  I 3 economisti sono partiti dalle informazioni raccolte nel database Globocan, un progetto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’analisi ha coinvolto appunto 122 nazioni, pari a circa il 90% della popolazione mondiale, e gli 8 tumori più diffusi: quelli a polmone, seno, colon-retto, prostata, stomaco, fegato, cervice uterina, esofago.   “Secondo un’idea abbastanza diffusa – spiega Luzzati – l’aumento dei casi di tumore nei Paesi più ricchi sarebbe una ‘buona notizia’ perché si legherebbe sia a una migliore capacità di diagnosi, e quindi all’efficienza dei sistemi sanitari, sia all’allungamento della vita che ‘consentirebbe’ alle persone di ammalarsi di cancro anziché morire prima per altre cause”. Gli scienziati hanno cercato di capire fino a che punto questa idea fosse fondata e “gli esiti – riferisce l’autore – mostrano che l’incremento dei nuovi casi di cancro non può essere spiegato solo dalla maggiore aspettativa di vita, da statistiche migliori e da peculiarità regionali. Piuttosto, un ruolo significativo deve essere attribuito al degrado ambientale e agli stili di vita, anche se purtroppo – precisa Luzzati – la nostra analisi empirica non è in grado di distinguere fra i due”.   “Stili di vita e qualità ambientale associati alla crescita economica hanno un ruolo fondamentale che si manifesta anche a livello molto aggregato, cioè quando si va a studiare la relazione tra incidenza tumorale e Pil pro capite, anche se non è facile stabilire il peso relativo di ciascuno dei due fattori”, ribadiscono gli esperti. Ma che l’inquinamento ambientale giochi “un ruolo non secondario”, secondo i ricercatori “è visibile ad esempio nel caso dei tumori al polmone, in crescita anche se nei Paesi più ricchi il numero dei fumatori è in diminuzione”.  “Il messaggio politico che possiamo trarre dal nostro lavoro – commenta Luzzati – è che solo prendendo coscienza degli effetti negativi dello sviluppo economico saremo anche in grado di attuare politiche per affrontarli”.   Lo studio, per la sua originalità e le sue implicazioni – evidenziano dall’università di Pisa – ha suscitato interesse nella comunità scientifica, tra cui anche quello della rivista ‘Nature – Sustainability’ che lo riassume nel numero del 9 febbraio.

Emilia Romagna, Lombardia e Veneto firmano col Governo i pre accordi per l’autonomia. Sulla sanità avranno mano libera su molte questioni

Sul filo di lana della legislatura Governo e Regioni siglano tre pre intese che sanciscono il quadro delle maggiori autonomie regionali dopo i referendum in Lombardia e Veneto e la trattativa avviata a latere anche dall’Emilia Romagna. Per la sanità, una volta che i pre accordi si trasformeranno in intese a tutti gli effetti cambieranno molte cose: dagli accessi alle scuole di specializzazione, all’ingresso nel Ssn, ma molte novità anche per i farmaci equivalenti e i ticket. Il Veneto avrà anche spazio di manovra sulla libera professione e l’Emilia Romagna sulla distribuzione diretta dei farmaci  Leggi l’articolo completo al LINK

Le visite fiscali diventano digitali: l’Inps cambia le modalità

(da DottNet)  La sentenza della Cassazione  (http://www.dottnet.it/file/93686/sentenza-privacy/) che lo scorso 31 gennaio 2018 ha rigettato la richiesta di un dipendente per il risarcimento per danni morali contro il medico fiscale che l’ha visitato e che avrebbe annotato nel verbale di visita, consegnato al datore di lavoro, la prenotazione per un accertamento clinico dallo psichiatra, ha avuto un seguito. Dal prossimo aprile le visite fiscali saranno digitali, proprio per garantire la riservatezza del paziente.   La decisione della Corte ha di fatto assolto il medico che aveva visitato l’uomo, ritenendo tuttavia responsabile il datore di lavoro che ha diffuso la notizia nonostante fosse un dato sensibile e quindi soggetto alla legge sulla privacy. Il medico, però, non è uscito del tutto indenne dalla vicenda poiché la Corte di Cassazione ha comunque considerato deplorevole il comportamento del medico Asle ha richiesto all’Inps di modificare la procedura affinché si evitino tali episodi che vanno a discapito della riservatezza dei dipendenti soggetti a visita fiscale. Dunque l’Ente di previdenza ha modificato le procedure introducendo, come detto, la digitalizzazione del controllo.  L’Inps ha deciso di fornire ai medici legali un tablet con firma digitale che andrà a sostituire il vecchio netbook o la cartellina medica. Già dai prossimi mesi, quindi, il verbale della visita non sarà più cartaceo ma esclusivamente telematico e potrà essere visionato dal dipendente sul sito dell’Inps.  Al paziente sarà comunque data una ricevuta per la visita effettuata, nella quale si potranno leggere solo i dati anagrafici, la prognosi e l’indicazione dell’esito, positivo o negativo e i giorni effettivi che ha concesso il medico. Stessa ricevuta verrà data al datore di lavoro e non ci sarà scritta né la diagnosi, né che tipo di terapia è stata consigliata, né se ci sono o meno ulteriori accertamenti clinici da fare.

Il vaccino anti influenzale in gravidanza protegge anche il neonato

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health) La probabilità di contrarre l’influenza o la pertosse sarebbe ridotta tra i bambini nati da madri che si sono vaccinate in gravidanza e non ci sarebbero rischi di sicurezza nel neonato a seguito dell’immunizzazione. A rimarcarlo è stato uno studio coordinato da Lakshami Sukumaran, dei Cdc americani di Atlanta, e pubblicato su ‘Pediatrics’.
La premessa – Sia l’influenza che la pertosse sono altamente contagiose e i neonati, troppo piccoli per essere vaccinati, quando si ammalano spesso devono essere ricoverati in ospedale per gravi complicanze come la polmonite.
Lo studio – I ricercatori hanno esaminato i dati realativi a 413.034 bambini nati tra il 2004 e il 2014, di cui 25.222 ricoverati e 157 morti entro i primi sei mesi di vita. Tra i bambini ricoverati, 4.644, pari al 18%, avevano problemi respiratori, il 2% aveva l’influenza e il 3% aveva la pertosse. Dall’analisi delle informazioni a loro disposizione, i ricercatori hanno così evidenziato che i neonati ricoverati con problemi respiratori avrebbero avuto il 21% in meno di probabilità di avere una madre che si era sottoposta a vaccinazione contro la pertosse in gravidanza, rispetto ai neonati che non erano stati ricoverati.  Inoltre, 14 morti, pari al 9%, sarebbero state riconducibili a problemi respiratori, ma nessuna sarebbe stata provocata da influenza o pertosse. La più comune causa di morte sarebbe stata sconosciuta, come la sindrome da morte improvvisa, o per problemi che si sono sviluppati durante la gravidanza o entro una settimana dalla nascita.
“Abbiamo condotto questo studio perché le donne in gravidanza sono particolarmente preoccupate di come qualsiasi esposizione a molecole in un periodo così delicato potrebbe avere un impatto negativo sui loro bambini – spiega Sukumaran – Volevamo fornire rassicurazioni sul fatto che questi vaccini, raccomandati per tutte le donne in gravidanza, non creano rischi per il neonato”

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