Nell’anziano se la PAS si abbassa troppo aumenta il rischio di morte

(da M.D.Digital) In soggetti che hanno 80 anni una pressione arteriosa sistolica al di sotto di 120 mmHg si osserva un incremento del rischio di mortalità, indipendentemente dal tipo di trattamento antipertensivo, dallo stato di fragilità, dal sesso. Il dato emerge da uno studio recentemente pubblicato su Circulation.  Precedenti studi avevano dimostrato che trattare con farmaci antipertensivi anche soggetti molto anziani è in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari e la mortalità. Questo nuovo studio aggiunge però altre informazioni prognostiche e suggerisce che un sostanziale declino della pressione arteriosa può costituire una caratteristica degli stadi finali della vita, in cui un abbassamento dei valori sistolici rappresenta un marker dell’imminenza della morte.

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Responsabilità professionale, in arrivo novità su linee guida di buona pratica clinica

(da Doctor33)   Riguarda l’accreditamento delle società scientifiche deputate a emanare linee guida di buona pratica clinica il primo decreto che arriverà per attuare la legge 24 sulla sicurezza delle cure e la responsabilità sanitaria. Approvata lo scorso marzo, la legge affida a un Sistema nazionale la redazione di linee guida e raccomandazioni ad esse connesse che se seguite dal medico ne escludono la negligenza (e quindi la colpa grave e la conseguente responsabilità penale). L’imminente uscita del decreto attuativo è stata annunciata da Federico Gelli deputato Pd, medico e soprattutto relatore e artefice della legge. Il decreto è uno dei sei che il governo dovrebbe emanare, sulla carta entro luglio, per dare gambe alla legge.

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Uso prolungato degli inibitori di pompa protonica – Linee guida su prescrizione e deprescrizione

(da Univadis – a cura di: Marco Cambielli – MMG Varese)   Gli Inibitori di Pompa Protonica (IPP) rappresentano la classe di farmaci tra i più prescritti nel mondo e, secondo il rapporto OSMED 2016; la più prescritta e venduta in Italia. Eppure non vi è accordo unanime sulla durata del loro uso prolungato o cronico, tanto che negli ultimi tre mesi sono stati pubblicati alcuni contributi che, sulla base dell’Evidenza, cercano di definire compiutamente il tema.  La Società Americana di Gastroenterologia (AGA) nel Marzo 2017 ha pubblicato una rassegna sui rischi e benefici dell’uso a lungo termine degli IPP (1), con uno sguardo particolarmente attento alle possibili conseguenze negative dell’uso di questa classe di farmaci segnalate in letteratura.
Le raccomandazioni di buona pratica clinica sono:

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«Dottore, ma è vero che?»: nasce il portale dei medici contro le “bufale” sulla salute

(da Il Sole24Ore.com)  Dalla falsa correlazione tra vaccini e autismo agli effetti “miracolosi” di alcune sostanze contro tumori e Aids, l’universo delle fake news sanitarie corre veloce sul web, come un’onda amplificata da migliaia di condivisioni sui social media. Per contrastare il diffondersi delle “bufale”, la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri ha creato un portale ad hoc. Si chiamerà “Dottoremaeveroche”.  «Otto pazienti su 10, secondo le statistiche, consultano internet per cercare informazioni sulla salute – spiega Alessandro Conte, coordinatore del gruppo di lavoro della Fnomceo per il nuovo progetto web -.

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Ipertensione, nuova strategia terapeutica con dosaggi più bassi e meno effetti collaterali

(da Doctor33)   Secondo i risultati di uno studio pubblicato su Hypertension, un trattamento con il quarto di una dose standard di uno o più farmaci antipertensivi può essere sufficiente per il controllo della pressione sanguigna con il vantaggio di portare meno effetti collaterali. «C’è una necessità critica di strategie di riduzione della pressione sanguigna che abbiano grande efficacia e minimi effetti collaterali» spiega Alexander Bennett, del George Institute for Global Health alla University of Sydney in Australia e autore principale dello studio. I ricercatori hanno condotto una revisione sistematica e una metanalisi di studi controllati randomizzati e i risultati della ricerca, su 42 studi randomizzati con 20.000 adulti, hanno mostrato che la terapia con un quarto di dose di un singolo agente antipertensivo riduceva la pressione sanguigna rispetto al placebo, ma era meno efficace della monoterapia a dose standard; la terapia con un quarto di dose di due agenti, invece, ha ridotto la pressione sanguigna rispetto al placebo, ed è risultata efficace come la monoterapia a dose standard.  Per quanto riguarda la terapia con un quarto di dose di quattro agenti, i dati erano limitati a due studi. Gli eventi avversi nella terapia a singolo e doppio agente con un quarto di dose non erano significativamente diversi rispetto al placebo, ed erano significativamente inferiori rispetto alla monoterapia a dose standard. «L’uso di una terapia di abbassamento della pressione sanguigna doppia con un quarto di dose può essere preferibile alla monoterapia a dose standard» dicono gli autori, che poi concludono: «In alternativa, l’aggiunta di un quarto di dose di un singolo agente alla terapia esistente è in grado di conferire una riduzione di pressione sanguigna sistolica da 3 a 4 mmHg senza ulteriori effetti collaterali e quindi potrebbe essere preferibile al raddoppio della dose dell’agente in uso». «Anche se clinicamente rilevante, la metanalisi di Bennett e colleghi ha limiti intrinseci che dovrebbero essere menzionati» scrivono in un editoriale di accompagnamento Guido Grassi e Giuseppe Mancia dell’Università di Milano-Bicocca. «Queste limitazioni, tuttavia, non riducono l’interesse verso i dati dello studio e le loro favorevoli implicazioni cliniche» concludono.

(Hypertension. 2017. doi: 10.1161/HYPERTENSIONAHA.117.09202https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28584013)

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