Covid-19, verso la fine dell’epidemia con un “brodo” di varianti.

(da Doctor33)    Secondo uno studio pubblicato sulla rivista European Journal of Internal Medicine, gli ultimi dati su SARS-CoV-2 suggeriscono che probabilmente ci si stia avvicinando a un periodo post-epidemico, caratterizzato dalla presenza di un “brodo” di varianti.    «È verosimile che ci stiamo dirigendo verso una nuova era in cui il virus pian piano ridurrà le sue caratteristiche di diffusività e letalità» afferma Fabio Angeli, dell’Università dell’Insubria, autore senior del lavoro. I ricercatori spiegano che in questi tre anni di pandemia i meccanismi alla base dell’infezione e della replicazione virale sono rimasti gli stessi, ma SARS-CoV2 ha continuato a mutare, generando nuove varianti più o meno pericolose per la salute umana. Dal gennaio 2022 è emersa una nuova fase della pandemia e sono state identificate diverse sottovarianti di Omicron con caratteristiche genetiche variabili, delle quali l’ultima emersa, XBB.1.16, nota come Arcturus, è stata rilevata per la prima volta in India, e mostra tre nuove mutazioni nella proteina spike SARS-CoV-2 (E180V, F486P e K478R) rispetto al suo lignaggio genitore. La co-trasmissione di diverse varianti sta innescando un comportamento competitivo che può influenzare le dinamiche della pandemia, e diversi modelli matematici hanno tentato di comprendere questo fenomeno. Gli esperti citano due modelli. Il primo è stato costruito considerando l’immunità incrociata e la fuga immunitaria, ed è stato utilizzato per analizzare la relazione competitiva tra ceppi Omicron e non Omicron, ipotizzando che la competizione tra ceppi possa influenzare non solo la dimensione finale e il tempo di sostituzione delle varianti, ma anche la possibilità di comparsa di nuove varianti. Tuttavia, questo modello presenta alcuni limiti, non tenendo conto dell’eterogeneità della popolazione e degli effetti delle misure non farmaceutiche. Il secondo modello è di tipo SIR (Susceptible-Infected-Recovered) modificato, e si è concentrato sulla competizione tra diversi ceppi del virus sotto gli effetti della vaccinazione, suggerendo che la concorrenza dei ceppi implica inevitabilmente l’estinzione di uno degli stessi, e che il ceppo vincitore rimarrà endemico a lungo termine. «In ogni caso, il monitoraggio delle varianti SARS-CoV-2 rimane importantissimo, e sarà importante anche chiarire meglio gli effetti delle restrizioni e della vaccinazione sull’evoluzione del virus» concludono gli autori.
(European Journal of Internal Medicine 2023. Doi: 10.1016/j.ejim.2023.04.016
https://doi.org/10.1016/j.ejim.2023.04.016 )

Il burnout del MMG aumenta le prescrizioni di oppioidi e antibiotici

(da M.D.Digital) Il burnout nei medici di base è stato collegato a una maggiore prescrizione di antibiotici e oppioidi: il dato proviene da uno studio, pubblicato sul ‘British Journal of General Practice’, che ha collegato il comportamento prescrittivo a segni di burnout come esaurimento emotivo, sensazione di distacco da colleghi e pazienti, minore insoddisfazione lavorativa, orario di lavoro più lungo e intenzioni di lasciare il lavoro.
I ricercatori hanno scoperto che:
• un maggior esaurimento emotivo è stato associato a un rischio 1.2 volte maggiore di prescrivere sia oppioidi forti che antibiotici;
• il distacco emotivo ha prodotto rischio maggiore di 1.1 volte per prescrizione di oppioidi forti e di 1.2 volte maggiore per prescrizione di antibiotici;
• la bassa soddisfazione sul lavoro è stata associata a un rischio maggiore di 1.3 volte di una maggiore prescrizione di oppioidi e a un rischio maggiore di 1.1 volte per maggiore prescrizione di antibiotici;
• l’intenzione di lasciare il lavoro è stata associata a un rischio di 1.3 volte superiore per aumento della prescrizione di oppioidi forti e di 1.4 volte maggiore per una maggiore prescrizione di antibiotici.
Un altro elemento connesso all’aumento della prescrizione di queste due classi di farmaci riscontrati nei Mmg sono stati lavorare più ore (aumento del rischio rispettivamente di 4 e 5 volte). Ha influenzato anche la sede del lavoro (rischio maggiore per i medici residenti nel nord del Paese rispetto al sud, con aumenti rispettivamente di 2 e 1.6 volt maggiore rischio rispettivamente).
I dati di prescrizione del Research Surveillance Center (RSC) – la più antica rete di sorveglianza in Europa e una fonte di informazione, analisi e interpretazione dei dati delle cure primarie – sono stati collegati ai punteggi di burnout di 320 medici di base in 57 studi intervistati nello stesso periodo di quattro mesi.
Lo studio si inserisce in una realtà in cui l’uso non medico, l’uso prolungato e l’abuso di oppioidi sono aumentati in modo significativo negli ultimi anni, portando a dipendenza, altri gravi problemi di salute e morte. Contemporaneamente, la resistenza agli antibiotici rappresenta una minaccia per la medicina moderna, influendo in maniera negativa sul controllo efficace delle malattie trasmissibili, molte delle quali sono di origine batterica.
Questo è il primo studio che ha valutato l’associazione tra la prescrizione di oppioidi forti e antibiotici e il burnout nella MG come un problema di grande risonanza pratica, che rendono urgenti e necessarie politiche che siano in gradi di mitigare il burnout nei medici. Il fatto che un medico esausto che sta perdendo la motivazione al suo lavoro spesso decida di prescrivere farmaci in eccesso, a lungo termine potrebbe diventare un elemento che danneggia il paziente invece che curarlo. La priorità dovrebbe essere quella di fare tutto il possibile per ridurre al minimo il rischio di esaurimento nei medici di base; in più la prevenzione del burnout potrebbe diventare una via in grado di migliorare la qualità della prescrizione.
(Hodkinson A, et al, The association of strong opioids and antibiotics prescribing with general practitioner burnout. British Journal of General Practice 2023. DOI: 10.3399/BJGP.2022.0394)

Quota A: ecco quanto costa davvero

(da Enpam.it)   Sono tanti i medici a pensare che l’importo della Quota A sia più alto del suo costo reale.  Facciamo un esempio molto pratico. Mettiamo il caso di un medico che ha superato i 40 anni, dipendente, residente a Roma, che ha un reddito lordo superiore a 50mila euro.   Deve versare all’Enpam 1.803,42 euro, risultanti da 1733,72 euro di Quota A e 69,70 euro di contributo maternità.   Tuttavia, con la prossima dichiarazione dei redditi oltre il 47 per cento di questa cifra gli tornerà indietro (e recupererà oltre 850 euro).    Questi numeri sono dati dalla restituzione (o dall’abbattimento) del 43 per cento di Irpef, del 3,33 per cento di addizionale regionale e dello 0,9 per cento di addizionale comunale.  Dunque, il costo effettivo della Quota A nel caso specifico è di circa 950 euro.    (Il calcolo preciso è: 1.803,42 – 851,75 = 951,67 euro)    Un ragionamento valido per la fascia di contribuzione più consistente visto che, come noto, dopo i 40 anni scatta la Quota A intera.  Per chi invece è più giovane, l’importo della Quota A scende fino ad arrivare ai 128,87 euro annui per gli studenti che fin dal V e VI anno di università fanno la scelta oculata di iscriversi all’Enpam.

TRANELLO

Proprio i medici dipendenti sono tra coloro che più sovente cadono nel tranello di considerare un costo effettivo della Quota A più alto di quello reale.   La consuetudine di percepire uno stipendio il cui importo è già stato decurtato delle tasse, induce il medico a pensare che i 1.803,42 euro di Quota A, magari pagati con il bollettino e quindi in un’unica soluzione, siano soldi netti.    Ciò che va considerato però, è che di quella cifra potrà recuperarne quasi la metà nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo (salvo che non si dimentichi di presentarla).

SE FOSSE IN BUSTA PAGA

Se, invece, il versamento della Quota A avvenisse direttamente con una trattenuta sullo stipendio, la percezione del costo tornerebbe più facilmente ad allinearsi a quello effettivo.  In questo caso, la restituzione delle tasse avverrebbe immediatamente e dalla busta paga al medico verrebbero decurtati meno di 80 euro al mese per la contribuzione Enpam.   Questo perché ci sarebbero 12 rate da 150,28 euro lordi, con il rimborso immediato da parte del datore di lavoro di 70,97 euro di imposte.   L’impatto sarebbe certamente positivo anche per la percezione del valore della pensione.  Un conto, infatti, è aver ben chiaro di aver pagato al massimo 80 euro al mese ricevendone alla fine più del doppio, oltre ad aver beneficiato gratuitamente di tutele assistenziali e assicurazioni per tutta la vita professionale.   Un altro conto è aver la percezione (sbagliata) di aver versato somme ben superiori, per giunta senza una contropartita adeguata da parte dell’Enpam.  

Ps: per conoscere con più precisione l’importo della propria pensione futura di Quota A è sufficiente andare nell’area riservata e fare un’ipotesi di pensione.

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