Covid-19, Fadoi: tsunami imprevedibile. Assurdo indagare chi sapeva di agire in scienza e coscienza

(da Doctor33)  «Ma ci siamo dimenticati che la pandemia ha colpito tutto il mondo e che l’Italia è stato il primo paese ad essere travolto? Se è così allora è inutile nascondersi dietro ad un dito: siamo tutti colpevoli». I medici internisti ospedalieri di Fadoi in una nota prendono posizione di fronte agli esiti dell’indagine della Procura di Bergamo sulla mancata chiusura della Val Seriana a marzo 2020 nella prima fase di pandemia, indagine che ha portato ad avvisi di garanzia non solo per l’ex premer Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore lombardo Attilio Fontana e i presidenti di Istituto superiore di sanità e Consiglio superiore di sanità.
Per il presidente della società scientifica Francesco Dentali ed il Presidente della Fondazione Fadoi Dario Manfellotto, le risultanze a chiusura indagini -dove si evocano reati come omicidio colposo ed epidemia colposa -appaiono “incredibili”, coinvolgendo «alcuni tra i massimi esperti e clinici della sanità italiana la cui professionalità è riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo ed ai quali va la nostra totale solidarietà». Ci sono filoni di indagine che investono anche chiusure e riaperture degli ospedali, criteri di ricovero dei pazienti Covid-19, situazioni che, come ha evidenziato parte della dottrina, rappresentano responsabilità diverse a seconda se la conoscenza di determinati sviluppi del virus si era consolidata o meno.
«Ma allora siamo tutti colpevoli, incapaci e negligenti perché noi tutti, non solo i decisori, abbiamo agito in base a quel che scienza, coscienza e conoscenza fornivano in quei momenti drammatici”, si chiedono Dentali e Manfellotto, che nei loro reparti hanno preso in carico il 70% dei pazienti Covid nel corso della pandemia. «In tre anni e ancora di più nel 2020, in quelle prime settimane in cui scoppiò la pandemia in Italia – affermano Dentali e Manfellotto – navigando al buio di fronte a una emergenza sconosciuta abbiamo dedicato tutta la nostra attività senza limiti d’orario, con un impegno totalizzante e con centinaia di morti tra medici e operatori sanitari». I due internisti sottolineano come solo in Italia ci sia un’iniziativa giudiziaria di questo tipo, quando lo tsunami-Covid ci ha travolti per p. Siamo allora noi più intelligenti, più puri, più corretti? La magistratura italiana è la migliore al mondo perché è l’unica che ha scoperto degli errori? Gli internisti italiani sono colpevoli di aver lavorato 24 ore al giorno per affrontare la pandemia con le armi che avevamo a disposizione”.

Prorogati i termini di trasmissione al sistema tessera sanitaria: ecco le nuove scadenze

da DottNet)    Sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 23 febbraio scorso è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 16 febbraio 2023 che proroga i termini di trasmissione al Sistema tessera sanitaria dei dati delle spese sanitarie per l’anno 2022. Prima della modifica introdotta dal DM 27 dicembre 2022 era previsto il passaggio, a decorrere dal 1° gennaio 2023, alla periodicità mensile di trasmissione delle comunicazioni al sistema TS. L’art. 1 del suddetto DM, modificando l’art. 7 del decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 19 ottobre 2020, ha però differito di un altro anno la decorrenza dell’applicazione della periodicità mensile, stabilendo che la trasmissione dei dati relativi al 2023 sia effettuata:

–    entro il 30 settembre 2023, per le spese sostenute nel primo semestre (gennaio-giugno) 2023;

–    entro il 31 gennaio 2024, per le spese sostenute nel secondo semestre (luglio-dicembre) 2023.

L’invio dei dati avverrà entro la fine del mese successivo alla data del documento fiscale a decorrere dalle spese sostenute dal 1° gennaio 2024. Giova ricordare che con il provvedimento del 15 febbraio 2023, l’Agenzia delle Entrate aveva disposto inoltre la proroga al 22 febbraio 2023 del termine per la trasmissione al Sistema Tessera Sanitaria delle spese relative all’anno 2022.

Pertanto, la scadenza per la trasmissione dei dati è stata rinviata – dal 31 gennaio al 22 febbraio 2023 – anche per quanto riguarda le spese sanitarie sostenute nel secondo semestre 2022. Con il provvedimento in commento è stato anche spostato dal 9 marzo 2023 al 31 marzo 2023, il termine a partire dal quale il Sistema Tessera Sanitaria mette a disposizione dell’Agenzia delle entrate i dati delle spese sanitarie 2022 e dei relativi rimborsi. Si ricorda che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione, con un massimo di 50.000 euro. Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro 5 giorni successivi alla scadenza.

Le deroghe ai termini individuati dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n.115304 del 6 maggio 2019, consentono agli assistiti di esercitare la propria opposizione all’utilizzo delle spese sanitarie per l’elaborazione della dichiarazione precompilata 2023

Congedo mestruale, a che punto siamo e cosa pensano i ginecologi

(da sanitainformazione.it – riproduzione parziale)  Circa una donna su quattro soffre di dismenorrea, ovvero un ciclo mestruale particolarmente doloroso tanto da diventare invalidante. Una condizione patologica tipicamente “di genere”, che però, in ambito lavorativo, non viene riconosciuta tra le cause di assenza retribuita, come invece accade in caso di malattia. A meno di non vivere in uno di quei (pochissimi) Stati in cui il congedo mestruale è riconosciuto dalla legge.

Il dibattito sul congedo mestruale

Il tema del congedo mestruale è ritornato recentemente alla ribalta a causa di una concomitanza di fattori. Da un lato la promulgazione in Spagna di una legge che per la prima volta nel mondo occidentale lo istituisce. Dall’altro, alcune iniziative intraprese in Italia da parte di scuole ed aziende che, autoregolamentandosi in materia di congedo mestruale per studentesse e dipendenti, sulla scorta della legge spagnola, lanciano un segnale forte al governo italiano e al ministro Schillaci: l’assenza di una regolamentazione sul congedo mestruale è un vulnus da colmare, nel rispetto di un’istanza sociale sempre più sentita. Un appello a cui, in verità, il mondo politico sta iniziando a rispondere: è di ieri la notizia di un disegno di legge in materia presentato da Alleanza Verdi e Sinistra.

Il caso di Ravenna e dell’azienda veneta

A Ravenna, gli studenti e le studentesse del Liceo artistico Nervi Severini hanno ottenuto una modifica del regolamento scolastico 2023, che permetterà alle studentesse affette da dismenorrea di avvalersi di due giorni al mese di assenze giustificate, in deroga al vincolo di frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale previsto dalla legge. Queste assenze, in sostanza, saranno assimilate alle assenze per malattia, e non incideranno quindi sul monte ore massimo di quelle consentite ai fini di validità dell’anno scolastico e dell’ammissione agli scrutini. Per avvalersi del congedo mestruale, le studentesse dovranno presentare all’inizio dell’anno un certificato medico che attesti la presenza di dismenorrea. Si tratta di un grande risultato portato a casa grazie all’impegno della rappresentanza studentesca dell’istituto, che ha presentato ai docenti e alla presidenza la testimonianza di 16 compagne affette da dismenorrea, i cui dolori invalidanti rendono gravosa la partecipazione alle normali attività scolastiche determinando, di fatto, una discriminazione. Il caso di Ravenna non è l’unico in Italia in cui si è cercato di sopperire con regolamenti interni alla lacuna dell’ordinamento. Da settembre 2022, anche l’azienda veneta Ormesani riconosce il congedo mestruale alle sue oltre cinquanta dipendenti, consentendo loro di beneficiare di un giorno di riposo al mese retribuito e senza bisogno di certificato medico.

Il congedo mestruale nel mondo

A livello mondiale, è lampante come il diritto al congedo mestruale abbia trovato, almeno a livello istituzionale, terreno fertile esclusivamente nel continente asiatico. Il primo Stato a introdurlo è stato, nel lontano 1947, il Giappone, dove una donna lavoratrice può chiedere ogni mese i giorni che le servono, senza un limite esplicito. L’anno successivo, nel 1948 quindi, anche l’Indonesia introduce il congedo mestruale prevedendo la possibilità di beneficiare di due giorni retribuiti di astensione dal lavoro. Nel 2001 la Corea del Sud sancisce la possibilità per le lavoratrici affette da forti dolori mestruali di avvalersi di un giorno di permesso al mese. Mentre nel 2013 anche Taiwan istituisce il congedo mestruale, ma solo per tre giorni (giustificati) all’anno.

La legge spagnola e il ddl italiano (con un precedente)

Nel mondo occidentale è la Spagna ad essere pioniera del congedo mestruale: il 16 febbraio 2023 il Parlamento spagnolo ha infatti approvato in via definitiva la ‘Legge organica per la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi e la garanzia dell’interruzione volontaria della gravidanza’, in cui, tra le altre cose, viene introdotto il congedo mestruale sovvenzionato dallo Stato, previo certificato medico, per le donne che soffrono di mestruazioni dolorose. E in Italia? Qualcosa si muove. Già nel 2016 quattro deputate del PD presentarono alla Camera il primo disegno di legge per introdurre il congedo mestruale, che prevedeva la possibilità per le donne affette da dismenorrea di assentarsi dal lavoro per tre giorni al mese senza usufruire dei giorni di ferie o di malattia, previo certificato medico da rinnovare annualmente. L’iter di approvazione del disegno di legge, però, si arenò ben presto per il carattere di “non urgenza” della norma. Oggi, a ritornare alla carica in Parlamento, è Alleanza di Verdi e Sinistra, che ha appena presentato un nuovo disegno di legge per introdurre il congedo mestruale in ambito scolastico e lavorativo, prevedendo rispettivamente fino a due giorni di assenza al mese giustificate previa presentazione di certificato medico, e due assenze al mese retribuite al 100% non equiparabili ad altre cause di assenza dal lavoro.

Il parere dei ginecologi sul congedo mestruale

Il mondo della ginecologia, tuttavia, accoglie con riserva l’eventuale istituzione del congedo mestruale in Italia. «È vero che ci sono donne per cui è problematico anche solo uscire di casa nei giorni di picco delle mestruazioni – commenta ai nostri microfoni la ginecologa Manuela Farris, consigliere della SIC (Società Italiana per la Contraccezione) -. Ma è anche vero che oggi abbiamo molti strumenti terapeutici per ridurre gli effetti negativi di un ciclo non fisiologico, motivo per cui non ravviso l’effettiva necessità di introdurre il congedo mestruale». «È sicuramente giusto – osserva ai microfoni di Sanità Informazione il prof. Nicola Colacurci, presidente della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) – che le donne, in presenza di una reale e certificata patologia, come l’endometriosi responsabile di cicli mestruali dolorosamente invalidanti, possano beneficiare di questa agevolazione. Il punto è che deve esserci certezza e competenza nella diagnosi, per accertare che la mestruazione dolorosa sia realmente l’epifenomeno di una patologia. E se le certificazioni necessarie per il congedo mestruale serviranno ad indirizzare le donne verso percorsi diagnostico-terapeutici ben precisi, non può che essere un vantaggio».

8° CONCORSO LETTERARIO 2023

Il Consiglio Direttivo del nostro Ordine, riunitosi il 21 Febbraio 2023, ha confermato il regolamento del  Concorso  Letterario,  giunto quest’anno alla sua ottava edizione.  Anche quest’anno possono partecipare gli iscritti agli Ordini di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.  Il regolamento ed il modulo di partecipazione sono consultabili QUI SOTTO.

L’elaborato ed il modulo di partecipazione dovranno essere inviati attraverso un’unica PEC, al
seguente indirizzo PEC: segreteria.fc@pec.omceo.it entro il 23 giugno 2023 ore 24.00.

Pedagogia e Odontoiatria – sinergie all’avanguardia nel trattamento del paziente autistico in età evolutiva

(da Dental Tribune)   I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono un sottogruppo dei disturbi pervasivi dello sviluppo. In Italia, gli osservatori indicano una prevalenza minima di 4,5 casi per 10000, mentre per la fascia corrispondente alla scuola elementare il dato sale sopra il 7 su 10000. Inoltre le statistiche mostrano che i tassi di incidenza sono aumentati dal 10 al 17% ogni anno e sono caratterizzati in larga misura da deficit nelle abilità sociali e comunicative, quali l’imitazione, la pragmatica della comunicazione, la teoria della mente e l’empatia, così come dalla presenza di modalità di comportamento, interessi e attività ristrette, ripetitive e stereotipate.

Fornire cure orali a persone con disabilità intellettiva richiede un adattamento delle competenze di uso quotidiano, ma in realtà molte persone con lieve o moderata disabilità intellettiva possono essere trattati con successo nella pratica grazie ad una impostazione generale. Le persone con disabilità intellettiva imparano lentamente e spesso con difficoltà. Attività ordinarie della vita quotidiana, come lavarsi i denti e vestirsi e la comprensione del comportamento degli altri come pure i loro, può rappresentare una vera e propria sfida per se stessi e soprattutto per i loro parenti. Mentre la maggior parte delle persone con disabilità intellettiva non pongono problemi di comportamento significativi che complicano trattamenti odontoiatrici, l’ansia per il trattamento di questi soggetti si verifica spesso.

Chi non conosce uno studio dentistico le sue attrezzature e strumenti, potrebbe mostrare paura. Alcuni reagiscono con un comportamento non cooperativo, come il pianto, calci, linguaggio aggressivo, o qualsiasi cosa che li aiuta ad evitare i trattamenti, nei bambini con autismo è più difficile interpretare i segni di paura e quindi intercettarli prima di perdere la collaborazione. È possibile effettuare le cure orali in una migliore esperienza di comforting per i pazienti sapendo riconoscere la loro ansia. In generale, le persone con disabilità intellettuale presentano una scarsa salute orale ed igiene orale rispetto a quelli senza questa condizione. I dati indicano che hanno più carie non trattate e una maggiore prevalenza di malattie parodontali e gengiviti rispetto alla popolazione generale.

Il primo caso giunto all’osservazione nella U.O.C. di Odontoiatria Pediatrica del Policlinico Umberto I, nel 2008, è stato un paziente autistico di 12 anni, che presentava una lesione cariosa destruente del 3.6. Per lui il ricorso alla sala operatoria è stato inevitabile, in quanto la terapia canalare richiede tempi di esecuzione e di gestione alla poltrona troppo lunghi per un soggetto autistico. Il dato rilevante però è che l’utilizzo del metodo educativo sensoriale ha permesso di effettuare una prima medicazione e, dopo l’intervento in sala operatoria, il paziente ha mantenuto una buon livello di collaborazione durante le visite successive, fino ad oggi, ad 8 anni dopo il primo intervento.

Questo primo risultato positivo ha motivato l’équipe pedagogica-odontoiatrica a stendere un Protocollo di ricerca che non fosse un “diktat” metodologico, ma una linea guida nel rispetto della disabilità e delle sue diverse manifestazioni. Si è visto che nonostante una diagnosi di autismo, comune ad ogni singolo soggetto esaminato esistono molteplici sfaccettature nel modo di manifestarsi della patologia. Infatti non si parla più di autismo al singolare, ma di autismi o di casi che rientrano nello spettro autistico. Questo passaggio è fondamentale in quanto l’odontoiatra, realizzando che l’autismo non è che un’etichetta sotto cui si può uniformare una categoria di pazienti, deve adottare modalità di approccio diversificate, flessibili e adattabili ad ogni singolo caso.

Nel 2008, presso l’Unità Operativa Complessa (UOC) di Pedodonzia del Policlinico Umberto I di Roma, si è costituita un’équipe pedagogica-odontoiatrica, composta da un educatore-pedagogista, due igienisti e tre odontoiatri, con l’obiettivo di realizzare un modello innovativo di approccio per migliorare le condizioni in poltrona dei pazienti autistici e in genere di tutti quelli che rientrano nella categoria dei “non collaboranti”. Pazienti in età dello sviluppo con deficit “seri” di tipo cognitivo-comportamentale, con modalità relazionali problematiche e difficoltà verbali.

Tale studio ha visto nell’educazione la possibilità di perfezionare il trattamento odontoiatrico, sia per limitare esperienze traumatiche nel paziente autistico e consentirgli una continuità nelle cure, sia per migliorare il suo livello di collaborazione, evitando così la sala operatoria e conseguente anestesia generale per piccoli interventi (lesioni cariose minimali, sigillature e ablazioni tartaro, oltre che per il follow-up). Il progetto di ricerca ha condotto l’équipe a realizzare in anni di intenso lavoro svolto nel reparto di Odontoiatria Pediatrica, un metodo educativo-sensoriale in grado di modificare e intercettare atteggiamenti particolari e singolari di ciascun paziente, che possono ostacolare le manovre odontoiatriche e non consentire la gestione e il mantenimento di una corretta igiene orale domiciliare, il tutto attraverso il prezioso apporto delle famiglie. Per condurre tale lavoro ci si è avvalsi dell’esperienza di gruppi di ricerca che in letteratura hanno prodotto linee guida di comportamento per la gestione del paziente autistico e delle sue problematiche in ambito sanitario.

Tale ricerca si è posta due obiettivi:
1. Dimostrare la possibilità, attraverso un intervento educativo, di poter eseguire trattamenti odontoiatrici di minimal intervention, quali ablazioni tartaro, lesioni cariose minimali e nonché visite di controllo e terapie preventive, senza ricorrere alla sala operatoria in anestesia generale.
2. Valutare l’efficacia di una collaborazione sinergica tra Pedagogia, Psichiatria e Odontoiatria, per perfezionare la terapia odontoiatrica sul piccolo paziente special-need.

U.O.C. Di Odontoiatria Pediatrica, Sapienza Università di Roma.

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