Gli Italiani sono pronti a mangiare insetti?

da Univadis)  Un regolamento proposto dalla Commissione Europea e approvato dagli stati membri autorizza l’immissione in commercio delle larve della farina a partire dal 26 gennaio 2023. Le larve della farina vanno così ad aggiungersi ai grilli, alle locuste e alle larve gialle della farina, già autorizzate per il consumo in Europa. Resta però da capire se e in che misura la popolazione deciderà di introdurre gli insetti nella propria dieta. A giudicare dai risultati di uno studio che ha confrontato l’apertura a questo prodotto in tre continenti (Europa, Asia e Americhe) non sembra probabile che in Italia ci sia la corsa all’accaparramento.  Gli autori dello studio, appena pubblicato sulla rivista ‘PLoS One’, hanno condotto un sondaggio online coinvolgendo un campione di circa 3.000 persone che vivevano in Belgio, Italia, Cina, Messico e Stati Uniti. L’entomofagia, ossia il consumo di insetti, è diversamente radicata nelle varie aree del globo: è comune in Africa e nel Sud-Est Asiatico, ma praticamente sconosciuta nei Paesi occidentali. In Messico è molto praticata nelle comunità rurali indigene, mentre nelle aree urbanizzate gli insetti edibili sono considerati “curiosità esotiche”. Se nel resto del mondo l’entomofagia sta aumentando, in Cina, dove l’entomofagia è praticata da millenni e si consumano persino snack fatti con gli insetti e una sorta di tè a base di insetti fermentati, per via dei cambiamenti degli stili di vita dovuti alla globalizzazione questa pratica sta diminuendo. Lo scopo del sondaggio era capire l’atteggiamento dei partecipanti: consideravano la possibilità di introdurre nella propria dieta abituale (non solo assaggiarle per togliersi la curiosità) le larve della farina o prodotti che le contenevano?

Dalle risposte è emerso che gli uomini sono maggiormente propensi al consumo rispetto alle donne. Non sorprende il fatto che il livello di accettazione era più alto nei Paesi con una tradizione di entomofagia (Messico e Cina) che negli altri. Laddove non c’era tradizione, le persone giovani (con meno di 42 anni) avevano una maggiore apertura nei confronti di alimenti contenenti farina di larve. In generale, infatti, il consumo di prodotti in cui gli insetti erano “mascherati”, mischiati agli altri ingredienti, era maggiormente accettato rispetto al consumo delle larve nella loro forma originale.

L’importanza dell’informazione      A circa metà dei partecipanti è stato fornito un testo che conteneva una breve descrizione dei benefici offerti dall’uso di insetti come fonte alimentare e degli aspetti nutrizionali e di sicurezza, informazioni estratte da un report della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) del 2021. Nei Paesi con scarsa accettazione dell’idea di introdurre le larve della farina nella dieta, chi aveva ricevuto informazioni in proposito era significativamente più favorevole al consumo di alimenti contenenti larve processate (ma non di larve tal quali) rispetto a chi non aveva ricevuto materiale informativo.

Tra quelli considerati, l’Italia era il Paese maggiormente ostile all’introduzione delle larve della farina, tal quali o processate, nella propria alimentazione. Il 75% degli italiani e l’85% delle italiane ha risposto che non avrebbe accettato di introdurre le larve della farina tal quali nella propria alimentazione, il 12% degli italiani e l’8% delle italiane che forse lo avrebbe accettato e il resto del campione che avrebbe potuto accettarlo. Le percentuali aumentavano – erano rispettivamente 57% (M) e 65% (F), 20% (M) e 18% (F) e 23% (M) e 17% (F) – se si proponevano alimenti processati (barrette, pasta, hamburger…) contenenti farina di larve.

Le proprietà nutrizionali      Gli insetti edibili sono guardati con crescente interesse perché il vertiginoso aumento della popolazione mondiale pone un serio problema di risorse alimentari. La produzione di insetti è maggiormente sostenibile, in termini di consumo del suolo e dell’acqua, rispetto all’allevamento tradizionale. La composizione nutrizionale varia da insetto a insetto, ma in generale questi animali sono ricchi in proteine, fibre e acidi grassi salubri. Contengono buoni livelli di micronutrienti (es. ferro, zinco, selenio), anche se non ci sono molte informazioni sulla biodisponibilità di questi micronutrienti. Gli insetti edibili contengono anche vitamine del gruppo B. Sarà importante utilizzare prodotti la cui origine è tracciabile e offre garanzie di sicurezza, in quanto i livelli di contaminanti dipendono dalla concentrazione di queste sostanze nel cibo degli insetti. Il consumo degli insetti e dei prodotti a base di insetti potrebbe comunque non essere indicato per tutti. Ad esempio, secondo il parere scientifico dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), gli integratori alimentari contenenti larve di Alphitobius diaperinus (questo il nome scientifico delle larve della farina) possono indurre sensibilizzazione e reazioni allergiche in soggetti con allergia ai crostacei e agli acari della polvere. Gli alimenti a base di insetti potrebbero inoltre contenere altri allergeni che derivano dalla dieta di questi animali. L’allergenicità del prodotto dovrà perciò essere riportata in etichetta.

(Tzompa-Sosa DA, Moruzzo R, et al. Consumers’ acceptance toward whole and processed mealworms: A cross-country study in Belgium, China, Italy, Mexico, and the US. PLoS One. 2023 Jan 11;18(1):e0279530. doi:10.1371/journal.pone.0279530 )

Studio scientifico italo-peruviano: dolore muscoloscheletrico nei dentisti

(da DottNet)   Pubblicata una ricerca che, per la prima volta, analizza la prevalenza del dolore muscoloscheletrico nei dentisti in Italia e in Perù.  La ricerca internazionale, condotta presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, è stata coordinata dal Prof. Felice Festa, studioso di fama internazionale da sempre impegnato nella cura e nella prevenzione delle patologie del complesso cranio-facciale e delle patologie posturali correlate.  “Esiste una stretta correlazione tra postura assunta durante lo svolgimento dell’attività odontoiatrica, abitudini di vita e insorgenza di dolore muscolo-scheletrico”, spiega la Prof.ssa Monica Macrì autrice del paper pubblicato sulla autorevole rivista internazionale Frontiers in Public Health.  “Idati che abbiamo raccolto per condurre questo cross-sectional study sono nel contempo interessanti e preoccupanti: l’87.2% dei dentisti italiani e il 91.4% di quelli peruviani convivono durante la loro attività lavorativa con dolore muscolo-scheletrico.” afferma la Dott.ssa Natali Vilma Galindo Flores, odontoiatra, che nell’Ateneo Teatino ha svolto la sua tesi di laurea per convalidare i titoli di studio conseguiti in Perù. “Un lavoro interdisciplinare che dimostra scientificamente un forte nesso causale tra alterazione posturale e dolore muscolo-scheletrico” aggiunge il Dott. Francesco Pegreffi, chirurgo ortopedico e docente presso il Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dell’Università di Bologna.  “Importante, analizzare i dati utilizzando una rigorosa metodologia statistica” specifica il bolognese Dott. Riccardo Stefanelli, data analyst ed esperto di big data. “Questo studio” conclude il Prof. Festa “costituisce una solida base scientifica dalla quale partire per progettare azioni mirate e campagne di prevenzione in Italia e in Perù”.

Successo per l’investimento Enpam in Banca MPS

(da enpam.it)   L’investimento dei medici e degli odontoiatri in Mps ha fruttato il 20 per cento, in tre mesi. Il Portafoglio strategico Italia, di proprietà dell’Enpam, ha raggiunto l’obiettivo prefissato e ha venduto le azioni della banca senese acquistate a fine ottobre per 15 milioni di euro, incassando 18 milioni.   “Siamo felici di aver sostenuto l’aumento di capitale di Monte dei Paschi contribuendo al rilancio dell’istituto – commenta il presidente dell’Enpam Alberto Oliveti ­–, a riprova che l’investimento era fondato dal punto di vista finanziario. I primi a beneficiare di quest’operazione saranno i figli neonati dei medici e dei dentisti, visto che gli aiuti che l’Ente eroga per la genitorialità sono finanziati proprio con i proventi degli investimenti patrimoniali”, aggiunge Oliveti.

Diffamazione verso i medici diabetologi, Amd e Sid parte civile nel processo contro Panzironi

Diffamazione verso i medici diabetologi, Amd e Sid parte civile nel processo contro Panzironi

(da Doctor33)  È iniziata davanti al tribunale Penale di Roma la fase dibattimentale del processo contro Adriano Panzironi, divulgatore di diete e stili di vita non riconosciuti dalla comunità scientifica. Panzironi è chiamato a rispondere penalmente dalla Società italiana di diabetologia (Sid) e dall’Associazione medici diabetologi (Amd) – annunciano le due società scientifiche in una nota – per il reato di “diffamazione nei confronti della categoria dei medici diabetologi, ingiustificatamente attaccata nel corso di sue esternazioni pubbliche e dannose”. Amd e Sid sono assistite dagli avvocati Raffaele Bava e Marcello Macaluso.
Panzironi è stato in passato rinviato a giudizio per abuso della professione medica. L’inventore del metodo Life 120 è stato anche sanzionato due volte dall’Antitrust. La prima volta nel 2018, quando le sue società hanno ricevuto multe per 476 mila euro complessivi per la comunicazione ingannevole e la pubblicità occulta degli integratori della linea Life 120. La seconda, da 250 mila euro, è arrivata nel settembre 2019 sempre per pubblicità ingannevole.

Il trattamento parodontale risulta inefficace nei forti fumatori con parodontite grave

(da Dental Tribune)  Il fumo può influenzare notevolmente il trattamento della parodontite: questi sono i risultati di un recente studio che ha esaminato l’influenza dei diversi livelli di esposizione al fumo sui risultati clinici della terapia parodontale non chirurgica. Oltre ad evidenziare gli effetti negativi del consumo di tabacco sulla salute orale, lo studio ha sottolineato la necessità di ripensare le attuali pratiche di trattamento parodontale.

Lo studio è stato condotto presso l’Università di Aarhus e ha coinvolto 80 fumatori affetti da parodontite, ai quali è stato offerto un programma individuale di cessazione volontaria al fumo e  un trattamento parodontale. In base alla loro dipendenza dal fumo, i partecipanti sono stati classificati come fumatori leggeri o che erano in procinto di smettere di fumare (cioè coloro che hanno smesso durante lo studio), fumatori moderati e forti fumatori. I ricercatori hanno poi osservato la loro guarigione parodontale per 12 mesi in relazione ai parametri clinici parodontali quali il livello di attacco clinico, la profondità della tasca parodontale e il sanguinamento al sondaggio, e hanno fornito assistenza parodontale di supporto ogni tre mesi.

I ricercatori hanno notato che i forti fumatori presentavano a inizio studio con un livello medio di attaccamento clinico più elevato di 1,1 mm e dieci siti in più con parodontite grave rispetto ai fumatori leggeri o ai fumatori che erano in procinto di smettere. Essi hanno dichiarato che i fumatori leggeri e i fumatori moderati hanno ottenuto una riduzione media di 0,6 mm della profondità delle tasche parodontali e un guadagno medio di 0,7 mm nei livelli di attacco clinico, mentre i forti fumatori hanno sperimentato una perdita di attacco di 0,5 mm.

I risultati mostrano che i forti fumatori con forme più gravi d’infiammazione non hanno beneficiato del trattamento e che i parametri parodontali di questo gruppo, a cui era stata diagnosticata una parodontite moderata, sono migliorati solo del 50% rispetto a quelli che fumavano meno.

«Con nostra sorpresa, abbiamo notato che la malattia era effettivamente peggiorata in alcuni parametri nel gruppo più colpito, nonostante che questo particolare gruppo abbia beneficiato di un trattamento più esteso e personalizzato», ha detto in un comunicato stampa la coautrice Julie Pajaniaye, igienista dentale e ricercatrice presso il Dipartimento di Odontoiatria e Salute Orale dell’Università.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie parodontali gravi colpiscono circa il 19% della popolazione adulta globale, rappresentando oltre un miliardo di casi. Secondo l’autorità sanitaria danese, nel 2020 circa il 18% dei danesi fumava tabacco quotidianamente o occasionalmente.

I dentisti e gli igienisti dentali possono o meno indirizzare i pazienti a programmi di cessazione dal fumo nell’ambito del trattamento della parodontite. Alla luce dei risultati dello studio, Pajaniaye ritiene che l’adozione di misure volte a smettere di fumare siano essenziali per migliorare la risposta dei pazienti al trattamento parodontale e pertanto tale consulenza deve essere parte integrante della terapia.

«Si tratta di una conoscenza completamente nuova per le cliniche dentali del paese, e dovrebbe essere presa in considerazione quando si pianificano le cure per i singoli pazienti», ha commentato. «Come fumatrice affetta da parodontite, è molto importante capire che impegnarsi a smettere di fumare è un passo fondamentale per curare efficacemente la malattia», ha concluso.

(Effect of smoking exposure on nonsurgical periodontal therapy: 1-year follow-up”, Journal of Dental Research)

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