Covid, Tar Lecce conferma sospensione medico no vax

(da fimmg.org)     Il Tar di Lecce ha confermato con decreto la sospensione dall’esercizio professionale e dal servizio presso la Asl di Brindisi di un medico non vaccinato. I giudici amministrativi hanno respinto il ricorso della dottoressa specificando che «nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi, la posizione della ricorrente e il diritto dell’individuo, sotto i vari profili evidenziati, debbono ritenersi decisamente recessivi rispetto all’interesse pubblico sotteso alla normativa», nel contesto emergenziale «legato al rischio di diffusione della pandemia da Covid-19». La camera di consiglio per una trattazione più approfondita della vicenda è stata fissata per il 15 settembre prossimo. Secondo i giudici, inoltre: «è in facoltà della ricorrente – è specificato – conseguire la cessazione di tutti i lamentati effetti pregiudizievoli adempiendo all’obbligo vaccinale» ritenuto un «presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio della professione». Nel giudizio si è costituito il consiglio dell’ordine dei medici di Brindisi. Non si è costituita in giudizio la Asl.

Certificati di esenzione dai vaccini antiCovid: chi ne ha davvero diritto ?

(da Univadis)    Le circolari del ministero della Salute n. 35309 del 4 agosto 2021 e 35444 del 5 agosto 2021 sulla composizione dei vaccini antiCovid contengono anche le informazioni per identificare coloro che possono legittimamente richiedere un certificato di esonero dalla vaccinazione. Per fare chiarezza su questo argomento delicato (sono numerosi i casi di assistiti che richiedono l’esonero senza averne i requisiti), la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) ha realizzato un documento in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il ministero della Salute, utile per i medici di famiglia e i medici vaccinatori.  “L’obiettivo di questo documento è dare indicazioni precise e inequivocabili » ha spiegato il presidente della SIMG Claudio Cricelli. Le ambiguità che spesso lasciano adito a interpretazioni sbagliate, dubbi e perplessità”.  Di seguito abbiamo riassunto gli elementi essenziali del documento, al fine di fornire una guida rapida al medico che si deve confrontare con la richiesta di un certificato di esenzione.

Gli aspetti burocratici 

Il ministero della Salute ha disciplinato, con queste circolari, il rilascio dei “certificati di esenzione alla vaccinazione anti-Covid-19” a chi ha condizioni cliniche specifiche e documentate che impediscono di ricevere la vaccinazione o completare il ciclo vaccinale e a chi ha ricevuto il vaccino Reithera nell’ambito della sperimentazione, al fine di ottenere il green pass europeo. Fino al 30 settembre 2021, salvo ulteriori disposizioni, sono validi anche a livello nazionale i certificati di esclusione vaccinale già emessi dai Servizi Sanitari Regionali.

La certificazione di esenzione può essere rilasciata solo se la vaccinazione stessa deve essere posticipata o sconsigliata per la presenza di specifiche condizioni cliniche documentate.

Fino al 30 settembre 2021, le certificazioni potranno essere rilasciate direttamente da:

a. medici vaccinatori dei Servizi vaccinali ;

b. medico responsabile del centro di sperimentazione in cui è stata effettuata la vaccinazione, nel caso di cittadini che hanno ricevuto il vaccino ReiThera.

c. medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che abbiano aderito alla campagna vaccinale, cioè che abbiano le credenziali per inserire i dati nei sistemi Regionali e Nazionali.

l medico che rilascia l’esenzione deve registrare nel proprio software le motivazioni alla base di tale decisione per future verifiche e monitoraggio. Tali motivazioni non possono essere contenute nel certificato di esenzione rilasciato all’interessato.

Se la richiesta proviene da un assistito che non ha una idonea documentazione, lo stesso dovrà essere inviato a valutazione e decisione da parte dello specialista; inoltre, la circolare del ministero, per aiutare i medici vaccinatori nella valutazione dell’idoneità alla vaccinazione, prevede che le Regioni individuino presso i Centri Vaccinali o altri centri ad hoc le modalità di presa in carico dei casi dubbi e un gruppo tecnico regionale di esperti in campo vaccinale. La certificazione deve essere rilasciata a titolo gratuito, avendo cura di archiviare la documentazione clinica relativa, anche digitalmente, per il monitoraggio delle stesse.

Motivi di rinvio più comuni

Si tratta di condizioni per le quali è preferibile posticipare la vaccinazione. Non rappresentano né controindicazione né precauzione ma una opportunità considerando la protezione già garantita dalla recente infezione o i rischi di possibile trasmissione dei soggetti in quarantena o con sintomatologia compatibile con COVID-19:

a. Paziente di recente affetto da infezione asintomatica o malattia accertata da SARS-CoV-2 laddove non siano trascorsi almeno tre mesi dal primo tampone positivo.

b. Paziente con malattia di COVID-19 recente che abbia ricevuto terapia con anticorpi monoclonali laddove non siano trascorsi almeno tre mesi dal trattamento.

c. Soggetto in quarantena per contatto stretto fino al termine del periodo di isolamento.

d. Soggetto con sintomi sospetti di COVID-19 fino al risultato del tampone

e. Paziente con malattia acuta severa non differibile (esempio evento cardiovascolare acuto, epatite acuta, nefrite acuta, stato settico o grave infezione di qualunque organo/tessuto, condizione chirurgica maggiore)

Queste condizioni non necessitano di alcuna certificazione di esenzione. I casi a e b hanno diritto al green pass di guarigione valido 6 mesi, mentre la valutazione della opportunità di vaccinazione per i casi c e d avverrà rispettivamente alla fine della quarantena o al termine del percorso diagnostico.

Controindicazioni

Controindicazione specifica nei confronti di uno o più dei vaccini attualmente utilizzati in Italia:

ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti (nota 1) ed in particolare

il polietilene-glicole-2000 PEG contenuto nel vaccino Comirnaty- (Pfizer-Biontech)

il metossipolietilene-glicole-2000 (PEG2000 DMG) (I PEG sono un gruppo di allergeni noti che comunemente si trovano in farmaci, prodotti per la casa e cosmetici),

la trometamina (componente di mezzi di contrasto radiografico e di alcuni farmaci somministrabili per via orale e parenterale) contenuta nel vaccino Spikevax (Moderna)

il polisorbato contenuto nei vaccini COVID-19 a vettore virale Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen (Johnson&Johnson). lI polisorbato 80 è una sostanza ampiamente utilizzata nel settore farmaceutico e alimentare ed è presente in molti farmaci inclusi vaccini e preparazioni di anticorpi monoclonali. PEG e polisorbato sono strutturalmente correlati e può verificarsi ipersensibilità cross-reattiva tra questi composti

soggetti che hanno manifestato sindrome trombotica associata a trombocitopenia in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria;

soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare con Vaxzevria o Janssen

In caso di reazione allergica grave alla prima dose di un vaccino COVID-19 si può considerare la possibilità di utilizzare un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione; tuttavia, vista la possibilità di reazioni crociate tra componenti di vaccini diversi, è opportuno effettuare una consulenza allergologica e una valutazione rischio/beneficio individuale.

La vaccinazione antiCOVID-19 non è controindicata in gravidanza. Qualora, dopo valutazione medica, si decida di rimandare la vaccinazione, alla donna in gravidanza potrà essere rilasciato un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione.

La sindrome di Guillain-Barré è stata segnalata molto raramente dopo somministrazione di Vaxzevria e Janssen. Qualora insorta entro 6 settimane dalla vaccinazione, senza altra causa riconducibile, è prudente non eseguire ulteriori somministrazioni dello stesso tipo di vaccino. Potrà essere comunque considerato l’utilizzo di un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione.

Precauzioni

Una precauzione è una condizione nel ricevente che può aumentare il rischio di gravi reazioni avverse o che può compromettere la capacità del vaccino di indurre un’adeguata risposta immunitaria. In generale, quando è presente una precauzione può essere necessario approfondire il singolo caso valutando il rapporto beneficio/rischio. La maggior parte delle persone che al momento della seduta vaccinale abbia una precauzione alla vaccinazione antiCOVID-19 può essere vaccinata ma in alcuni casi deve essere presa in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza.

Esempio: casi molto rari di miocardite e pericardite sono stati osservati dopo somministrazione di vaccini a mRNA. La decisione di somministrare la seconda dose in persone che hanno sviluppato una miocardite/pericardite dopo la prima deve tenere conto delle condizioni cliniche dell’individuo e deve essere presa dopo consulenza cardiologica e un’attenta valutazione del rischio/beneficio. Laddove si sia deciso di non procedere con la seconda dose di vaccino anti COVID-19 a mRNA, può essere considerato l’utilizzo di un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione.

La reazione allergica immediata ad altro vaccino o farmaco è considerata una precauzione ma non una controindicazione in questo caso la valutazione del rischio è condotta per tipo e gravità della reazione e l’attendibilità delle informazioni, tenendo in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza.

False controindicazioni

Sono alcune patologie, sintomi o condizioni erroneamente considerati vere controindicazioni quando in realtà non precludono la vaccinazione. Esse quindi non danno diritto a certificato di esenzione.

Si riportano qui le più comuni a titolo esemplificativo:

L’allattamento non rappresenta una controindicazione alla vaccinazione anti COVID-19.

Le persone con storia di paralisi di Bell possono ricevere qualsiasi vaccino COVID-19 autorizzato da EMA.

Le persone con malattie autoimmuni possono ricevere qualsiasi vaccino COVID-19 autorizzato da EMA.

In assenza di specifiche controindicazioni, i pazienti immunocompromessi e gli oncologici in corso di radio-chemioterapia non presentano controindicazione alla vaccinazione anti COVID-19. I vaccini COVID-19 attualmente autorizzati da EMA non sono vaccini vivi e quindi possono essere somministrati in sicurezza; le evidenze suggeriscono che la risposta immunitaria alla vaccinazione COVID-19 potrebbe essere ridotta in queste persone.

Persone con una storia di gravi reazioni allergiche non correlate a vaccini o farmaci iniettabili, come allergie al cibo, agli animali domestici, al veleno di insetti, all’ambiente o al lattice, possono essere vaccinate, così come coloro con storia di allergie ai farmaci orali o di storia familiare di gravi reazioni allergiche, o che potrebbero avere un’allergia più lieve ai vaccini (nessuna anafilassi).

Vaccini Covid, Oms: no a terza dose

(da Doctor33)   La priorità al momento deve essere quella di aumentare le coperture nei Paesi che ancora non hanno avuto accesso ai vaccini, motivo per cui Soumya Swaminathan, chief scientist dell’Oms afferma che «i dati, al momento, non indicano il bisogno di una terza dose». Secondo l’esperta iniziare con i ‘booster’ con buona parte del mondo ancora non immunizzata potrebbe essere addirittura controproducente: «Ci opponiamo fermamente alla terza dose per tutti gli adulti nei paesi ricchi, perché non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l’emergere di nuove varianti». La posizione è stata ribadita da Bruce Aylward, un altro esperto dell’Oms. «Ci sono abbastanza vaccini per tutti, ma non stanno andando nel posto giusto al momento giusto. Due dosi devono essere date ai più vulnerabili in tutto il mondo prima che i richiami vengano dati a chi ha completato il ciclo, e siamo ben lontani da questa situazione». Intanto, la Cina ha azzerato domenica i contagi a diffusione interna a un mese circa dall’accertamento di metà luglio del focolaio di variante Delta del Covid emerso all’aeroporto di Nanchino. È quanto ha riportato la Commissione sanitaria nazionale, secondo cui i casi importati sono stati 21 di cui 5 nel Guangdong, 4 a Shanghai, 3 sia a Tianjin sia nello Yunnan, 2 a Pechino e uno ciascuno nelle province di Shanxi, Zhejiang, Henan e Sichuan. La più grave recrudescenza in Cina della pandemia da mesi, guidata dalla variante Delta altamente contagiosa, è stata portata sotto controllo con test di massa e blocchi mirati alle attività.

L’assurdo derby tra vaccino e cure

(da Univadis)   Il confronto ha ormai assunto i toni di un dialogo tra tifosi di due squadre avversarie e storicamente inconciliabili: tra i medici ci sono da un lato i sostenitori della vaccinazione di massa, alcuni dei quali scherniscono chi difende l’importanza di un trattamento precoce, e dall’altro quelli che, rivendicando il loro ruolo sul territorio rispetto agli ospedalieri, talvolta lasciano intendere al pubblico che le cure domiciliari per Covid-19 possano essere in qualche modo un’alternativa all’immunizzazione.  Non è così e non ci dovrebbe essere bisogno di sottolineare che la contrapposizione non ha alcun senso, ma forse può essere utile soffermarsi a riflettere, a freddo, sul tema.   SARS-CoV-2 ha due caratteristiche che, combinate, contribuiscono a trarre in inganno: per fortuna comporta un tasso di letalità relativamente basso, tanto che per la larga maggioranza dei contagiati si risolve in una forma influenzale più o meno grave, ma dalla sua, soprattutto nella nuova variante delta ormai prevalente, ha in compenso un’elevata contagiosità. Scrivo cose ovvie per chi legge, lo so, ma vorrei riflettere su come queste proprietà del virus possano determinare distorsioni cognitive capaci di portarci fuori strada, facendoci commettere gravi errori di valutazione.  Il più grave è quello di sottovalutare l’infezione. Oggi che, grazie alla vaccinazione di massa degli anziani, l’età media dei contagiati è scesa sotto i trent’anni, possiamo affermare che ben oltre il 99% dei contagiati guarisce da Covid-19. Davanti a questo dato, l’attenzione dedicata alla pandemia può sembrare eccessiva. Il continuo appello alla vaccinazione, spropositato.   Eppure, anche sorvolando sulle conseguenze a medio e lungo termine dell’infezione – quel “long covid” di cui si parla ancora troppo poco, anche per giovani e adolescenti reduci da forme lievi della malattia – le percentuali in questo caso possono essere fuorvianti .   Data infatti l’elevata contagiosità della variante delta di SARS-CoV-2, in una popolazione che comprende ancora milioni e milioni di individui suscettibili (tra i quali milioni di quarantenni, cinquantenni e oltre), quell’1% può tradursi in un numero tutt’altro che trascurabile di vittime. E, se il virus fosse lasciato circolare liberamente, oltre alla punta dell’iceberg che non ce la farà, ci sarebbero decine di migliaia di pazienti che resterebbero segnati per mesi dalla malattia e prima affollerebbero i pronto soccorso, gli ospedali e le terapie intensive, sottraendo risorse per il trattamento di altre condizioni e provocando, indirettamente, un ulteriore carico di malattia e di morte.   Il vaccino non può impedire completamente il rischio di trasmissione, ma lo riduce, così come limita moltissimo la possibilità di ammalarsi, soprattutto di forme gravi.Lo dicono i dati che in questi giorni mostrano l’enorme discrepanza di pazienti vaccinati e non vaccinati nelle terapie intensive in diversi Paesi del mondo. Gli stessi medici che oggi si prendono cura dei loro assistiti a domicilio riuscirebbero a prestare loro la stessa attenzione se il loro numero decuplicasse?

Curare va bene, ma non c’è dubbio che se si può prevenire una malattia, questo approccio sia da preferire. Non parliamo di infezioni da HIV o HCV, il cui contagio è subordinato a situazioni di rischio, per cui l’esistenza di una cura efficace ha scoraggiato a lungo la ricerca di un vaccino. Un virus respiratorio con un R0 elevato come la variante Delta di SARS-CoV-2, se non viene in qualche modo contenuto, con misure non farmacologiche o con i vaccini, dilaga così rapidamente da rendere impossibile qualunque trattamento. Per pensare a un’alternativa occorrerebbe avere farmaci antivirali a disposizione di tutti, facili da somministrare ai primi sintomi, e di provata efficacia nel sopprimere l’infezione.  Invece, se con dati su centinaia di milioni di persone vaccinate oggi disponiamo di prove inequivocabili sull’efficacia dei vaccini, non altrettanto si può dire delle cosiddette “cure domiciliari”. Anche qui subiamo un’illusione ottica, provocata dalla combinazione bassa letalità/alta contagiosità del virus. Se il 99% dei pazienti guarisce, almeno 9 su 10 senza bisogno di ricorrere alle cure ospedaliere, è molto difficile capire se l’aggiunta di ulteriori trattamenti nelle fasi precoci della malattia interviene davvero a ridurre il rischio, per quell’unico soggetto – imprevedibile a priori – che senza sarebbe andato male. Come accade per molti trattamenti alternativi o no, usati per condizioni poco gravi e autolimitanti, la casistica di un medico, che in più potrebbe inconsciamente cercare conferma all’utilità del proprio intervento e del proprio ruolo, non può fornire una prova di efficacia della cura. Ci vogliono dati significativi dal punto di vista statistico, che non si ottengono sommando l’aneddotica di un gruppo di clinici.   L’indicazione di un’utilità delle cure deve arrivare da trial randomizzati e controllati, condotti con metodi abbastanza rigorosi da guadagnarsi la pubblicazione sulle principali riviste internazionali. E quando questi lavori sono stati realizzati, hanno ripetutamente bocciato idrossiclorochina, ivermectina, vitamine o integratori a supporto del paziente Covid-19 nella prima fase della malattia.

Fondamentale invece, ed è confermato, soprattutto nei pazienti a rischio allettati, la somministrazione di eparina. E il desametasone, ma solo a polmonite conclamata, mentre nelle fasi più precoci è controindicato perché può aggravare la situazione riducendo le difese del paziente.  Ci sono poi gli anticorpi monoclonali, in cocktail e monoterapia, che ancora stanno cercando un loro posto nei protocolli di cura, posto che probabilmente troveranno molto più facilmente se e quando riusciranno a essere autorizzati prodotti da somministrare intramuscolo o sottocute, così da poter essere utilizzati senza rischio a domicilio. Ciò eviterebbe la necessità di ricorrere a una struttura protetta per l’infusione in vena, come richiesto da quelli attualmente in commercio.  Nuove prospettive potrebbero venire anche dalla budesonide, che secondo uno studio pubblicato su Lancet, sembrerebbe abbreviare, almeno in base alla valutazione soggettiva del paziente, la durata della malattia. Troppo presto, tuttavia, per prescriverlo ai pazienti con Covid-19: prima di un’autorizzazione da parte delle agenzie regolatorie occorrono conferme di effetti più significativi sul rischio di ricovero e morte.

Sul fronte delle cure ospedaliere, intanto, è possibile che si dimostrino utili altri trattamenti, oltre agli steroidi e agli anti IL6. L’Organizzazione mondiale della sanità ha appena dato il via a nuovi trial nell’ambito di un’iniziativa denominata Solidarity PLUS. Migliaia di ricercatori in oltre 600 ospedali di 52 Paesi proveranno a utilizzare contro Covid-19 tre farmaci già disponibili: l’antimalarico artesunato, l’antineoplastico imatinib e l’anticorpo monoclonale infliximab.   Tutti sperano che anche altri prodotti si rendano disponibili non solo per curare i pazienti in ospedale, ma anche per evitare di mandarceli. Trovare trattamenti efficaci è fondamentale, ma in nessun modo questi possono vanificare il ruolo essenziale dei vaccini. Allo stesso modo, i vaccini da soli non bastano, perché ci sarà sempre qualcuno che sfugge alla loro protezione. Sono entrambi strumenti indispensabili. Scegliamoceli che funzionino.

Vaccini Covid. Oxfam-Emergency: “Loro prezzo più alto fino a 24 volte il costo di produzione. È speculazione più grave della storia”

Un nuovo report rivela come i vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna sarebbero stati venduti a prezzi esorbitanti agli stati, che potrebbero pagare 41 miliardi di dollari in più nel 2021, rispetto al costo di produzione stimato da 1,18 a 2,85 dollari a dose e nonostante 8,2 miliardi di finanziamenti pubblici ricevuti dalle due aziende.  L’Italia avrebbe potuto risparmiare 4,1 miliardi di euro per l’acquisto dei vaccini, sufficienti a garantire oltre 40 mila nuovi posti di terapia intensiva o l’assunzione di 49 mila nuovi medici.    Leggi L’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=97794&fr=n

Covid-19: I primi sintomi cambiano con l’età

(da Univadis)   Le manifestazioni precoci dell’infezione da Sars-Cov-2 differiscono per sottogruppi di popolazione.  Un modello bayesiano basato sui sintomi riportati nei primi 3 giorni prevede con buona accuratezza la probabilità che il paziente sia affetto da COVID-19.  Il riconoscimento precoce consente di reagire con tempestività e ottimizzare le risorse.   Se si va ad analizzare quali sono i primi sintomi riferiti da un paziente positivo per l’infezione da SarsCov2 si riscontrano alcune differenze a seconda delle sue caratteristiche, in particolare età e genere. A partire da questi dati e sfruttando l’intelligenza artificiale è possibile costruire un modello predittivo per aiutare i medici a identificare con buone probabilità il paziente che deve essere prontamente isolato e sottoposto al test. In questo modo si contrasta la diffusione del virus e si regola l’accesso ai centri di screening. È questo il significato di uno studio britannico su larga scala appena pubblicato sulla rivista Lancet Digital Health.   Lo studio si basa sui dati raccolti attraverso una applicazione (COVID-19 Symptom Study app) sviluppata da una start-up londinese in collaborazione con i ricercatori del King’s College di Londra e del Massachusetts General Hospital di Boston. Questa app permette di segnalare la comparsa e l’andamento dei sintomi e di comunicare il risultato della PCR. Gli autori dello studio hanno usato i dati relativi ai sintomi riferiti nei primi 3 giorni da oltre 182.000 soggetti per istruire un algoritmo e creare un modello Bayesiano allo scopo di identificare coloro che avevano maggiore probabilità di avere il COVID-19. Il modello è stato poi validato usando un set di dati relativo ad altri 15.000 utilizzatori dell’app.    Dei 18 presi in esame, i sintomi che si presentavano più spesso all’esordio erano perdita dell’olfatto, dolore al petto, tosse persistente, dolore addominale, vescicole sui piedi, fastidio agli occhi e dolore muscolare inusuale. Andando a raggruppare i partecipanti in diverse categorie per età, sesso, occupazione (personale sanitario e non) e indice di massa corporea sono emersi dati interessanti. La perdita dell’olfatto, per esempio, era più significativa sotto i 60 anni di età, mentre la diarrea era un indizio più rilevante tra le persone anziane. La febbre, inaspettatamente, non era una manifestazione precoce in nessuna delle fasce di età. Gli uomini segnalavano più spesso fiato corto, brividi e stanchezza, viceversa le donne lamentavano più frequentemente perdita dell’olfatto, dolore al petto e tosse persistente. Il modello bayesiano generato aveva un’attendibilità superiore a quello ricavabile con la regressione lineare ed era più performante di quello dell’NHS.    “I nostri risultati mostrano l’utilità dell’intelligenza artificiale per creare un modello dei sintomi del COVID-19 e per l’individuazione tempestiva delle infezioni da Sars-Cov-2 – spiegano gli autori – Questo modello consentirebbe l’immediato isolamento dei soggetti sospetti e la segnalazione per test urgente, permettendo una migliore allocazione delle risorse mediche durante una pandemia in evoluzione, specialmente nei periodi di caos”.

(Canas LS, Sudre CH, et al. Early detection of COVID-19 in the UK using self-reported symptoms: a large-scale, prospective, epidemiological surveillance study. Lancet Digit Health 2021 Jul 29. doi:10.1016/S2589-7500(21)00131-X)

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