Ministero, nessuna controindicazione per il richiamo con AstraZeneca

(da DottNet)   I soggetti che hanno ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca senza sviluppare eventi di trombosi rare “non presentano controindicazione per una seconda somministrazione del medesimo tipo di vaccino”. Così il parere del Cts trasmesso con una nuova circolare del ministero della Salute. Le trombosi rare risultano infatti essersi verificate solo dopo la prima dose. Tale posizione, afferma il Cts, “potrà essere eventualmente rivista se dovessero emergere evidenze diverse nelle settimane prossime derivanti in particolare dall’analisi del profilo di sicurezza del vaccino nei soggetti che in UK hanno ricevuto la 2/a dose”.  La circolare, firmata dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, trasmette il parere del Cts relativo al 30 aprile. Nel parere, il Cts spiega che “sulla scorta delle informazioni a oggi disponibili sull’insorgenza di trombosi in sedi inusuali (trombosi dei seni venosi cerebrali, trombosi splancniche, trombosi arteriose) associate a piastrinopenia, riportate essersi verificate solamente dopo la prima dose del vaccino di AstraZeneca, i soggetti che hanno ricevuto la prima dose di questo vaccino senza sviluppare questa tipologia di eventi, non presentano controindicazione per una seconda somministrazione del medesimo tipo di vaccino”. 

Casi di diabete dopo aver contratto il Covid

(DottNet)    Scienziati di tutto il mondo hanno notato un aumento nei nuovi casi di diabete lo scorso anno e, in particolare, hanno visto che alcuni pazienti COVID-19 senza storia di diabete stavano improvvisamente sviluppando la condizione, ha riferito Scientific American . La tendenza ha spinto molti gruppi di ricerca ad avviare studi sul fenomeno; ad esempio, i ricercatori del King’s College di Londra in Inghilterra e della Monash University in Australia hanno istituito il registro CoviDiab , una risorsa in cui i medici possono presentare rapporti su pazienti con una storia confermata di COVID-19 e diabete di nuova diagnosi.  Più di 350 medici hanno presentato segnalazioni al registro, ha riferito The Guardian . Hanno segnalato sia il diabete di tipo 1, in cui il corpo attacca le cellule del pancreas che producono insulina, sia il diabete di tipo 2, in cui il corpo produce ancora un po ‘di insulina, anche se spesso non abbastanza, e le sue cellule non rispondono correttamente all’ormone.  Negli ultimi mesi, abbiamo visto più casi di pazienti che avevano sviluppato il diabete durante l’esperienza COVID-19 o subito dopo”, il dottor Francesco Rubino (nella foto), professore e presidente di chirurgia metabolica e bariatrica al King’s College di Londra , ha detto a The Guardian. “Ora stiamo iniziando a pensare che il collegamento sia probabilmente vero: esiste la capacità del virus di causare un malfunzionamento del metabolismo degli zuccheri “. Altri studi hanno trovato un collegamento tra COVID-19 e diabete.

Ad esempio, una revisione di otto studi , che includevano più di 3.700 pazienti COVID-19 ospedalizzati, ha mostrato che circa il 14% di questi pazienti ha sviluppato il diabete, secondo quanto riportato da Scientific American. Uno studio preliminare su 47.000 pazienti del Regno Unito ha rilevato che il 4,9% ha sviluppato il diabete, ha riferito The Guardian. “Vediamo chiaramente persone senza diabete che sviluppano il diabete”, ha detto a CTV News il dottor Remi Rabasa-Lhoret, medico e ricercatore di malattie metaboliche presso il Montreal Clinical Research Institute . “È altamente probabile che COVID-19 stia scatenando la malattia”. La grande domanda è perché e gli scienziati hanno diverse teorie.   Potrebbe essere che SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, attacchi direttamente le cellule produttrici di insulina nel pancreas, ha riferito Scientific American. In alternativa, il virus può danneggiare indirettamente queste cellule infettando altre parti del pancreas o dei vasi sanguigni che forniscono ossigeno e sostanze nutritive all’organo. Un’altra teoria ancora suggerisce che il virus infetta altri organi coinvolti nella regolazione della glicemia, come l’intestino, e in qualche modo mina la capacità del corpo di abbattere il glucosio, più in generale.

Altri tipi di virus, come alcuni enterovirus , che causano varie condizioni, tra cui la malattia della mano, del piede e della bocca, sono stati collegati al diabete in passato, ha riferito The Guardian. Inoltre, un sottogruppo di pazienti che hanno contratto il coronavirus SARS-CoV, che ha causato focolai di sindrome respiratoria acuta grave all’inizio degli anni 2000, ha anche sviluppato il diabete in seguito, il dottor Mihail Zilbermint, un endocrinologo e professore associato presso la Johns Hopkins School of Medicine , ha detto a CTV News. In generale, le infezioni virali acute possono innescare una grave infiammazione nel corpo e, in risposta, il corpo produce ormoni legati allo stress, come il cortisolo, per ridurre l’infiammazione. Gli ormoni dello stress possono causare picchi nei livelli di zucchero nel sangue e tale aumento non sempre diminuisce dopo che l’infezione scompare, ha riferito Scientific American.  Inoltre, i pazienti COVID-19 sono spesso trattati con farmaci steroidei, come il desametasone, che può anche aumentare i livelli di zucchero nel sangue. Pertanto, è possibile che questi steroidi contribuiscano anche all’insorgenza del diabete nei pazienti COVID-19, ha detto Zilbermint a CTV News. Il diabete indotto da steroidi può regredire dopo che il paziente smette di prendere i farmaci, ma a volte la condizione diventa cronica, secondo Diabetes.co.uk .

Un altro fattore che contribuisce all’incertezza sul collegamento, tuttavia, è quanti dei pazienti avevano già prediabete, il che significa che avevano livelli di zucchero nel sangue superiori alla media, quando hanno preso COVID-19. “È possibile che [un] paziente viva con il prediabete da molti anni e non lo sapesse”, ha detto Zilbermint a CTV News. “Ora hanno un’infezione da COVID-19 e l’infezione li sta spingendo verso lo sviluppo del diabete”.   Gli scienziati non sono sicuri se le persone che hanno sviluppato il diabete dopo aver ricevuto COVID-19 avranno la condizione in modo permanente, ha detto Rabasa-Lhoret a CTV News. In almeno alcuni pazienti che hanno sviluppato il diabete dopo un’infezione da SARS, i loro sintomi diabetici alla fine sono diminuiti e il loro zucchero nel sangue è tornato a livelli normali dopo l’infezione, secondo un rapporto del 2010 sulla rivista Acta Diabetologica . I pazienti infetti da SARS-CoV-2 possono manifestare sintomi diabetici simili e di breve durata, ma ciò dovrà essere confermato con ulteriori studi.

Passaporti vaccinali. Ce ne sono di tre tipi. Ecco quali sono e chi li rilascia

(da Doctor33)   Indispensabile per spostarsi tra regioni di colore diverso per motivi turistici ma non per lavoro: da lunedì è partito in via sperimentale il “certificato verde” che – in base al decreto legge Covid del 21 aprile – sarà rilasciato cartaceo o digitale a tutti gli italiani che ne facciano richiesta dopo vaccinazione (pass 1), guarigione dal virus o negativizzazione (pass 2), o dopo referto negativo di tampone molecolare od antigenico (pass 3): i primi due “pass” saranno validi sei mesi mentre il terzo sarà valido solo 48 ore, se si lascia la regione di provenienza in tempi successivi andrà rifatto.
Ad oggi si ha un’idea di come sarà il “pass 1” post-vaccinazione: ad ogni destinatario sarà assegnato un codice QR; subito sotto la schermata su smartphone o il foglio riporteranno estremi del titolare (nome, cognome e data di nascita) e nota dell’avvenuta somministrazione della seconda dose. Seguono tipo di vaccino (mRna o vettore virale), nome e produttore, data di somministrazione, stato, nome della struttura vaccinante che dev’essere autorità sanitaria certificata. C’è un modello europeo. Meno chiaro cosa sarà scritto negli altri due pass: per il “pass 2” si dovrebbe partire dal certificato di fine isolamento rilasciato dal Dipartimento d’Igiene dell’Asl a seguito dell’avvenuta negativizzazione mentre per il “pass 3” rilasciato da farmacie, strutture, medici di famiglia, pediatri, Sisp si tratta di un’attestazione della negatività al tampone, oggi rilasciata su carta. Ma chi rilascia i documenti? Intanto, l’interessato deve richiederli espressamente. Per l’avvenuta vaccinazione, il rilascio spetta alla struttura sanitaria che somministra la seconda dose: Asl, ospedale, hub vaccinale. La certificazione di avvenuta guarigione-pass 2 è invece rilasciata dall’ospedale da cui il paziente affetto da Covid-19 è stato dimesso, o (comma 2 lettera b) per i pazienti non ricoverati, dai medici di famiglia o dai pediatri di riferimento. Tutti, devono saper formare un file da caricarsi sul Fascicolo sanitario elettronico dell’interessato. Infine, la certificazione del test antigenico rapido o molecolare con esito negativo al virus (comma 2, lettera c) andrà prodotta da chi esegua il tampone: strutture sanitarie pubbliche, private autorizzate, farmacie, medici di medicina generale o pediatri di libera scelta.
«Il vero problema è l’esigenza di digitalizzare i documenti esistenti», spiega Guido Marinoni, presidente Omceo Bergamo ed esperto di temi burocratici della medicina di famiglia. «Oggi grazie alla piattaforma di Poste Italiane è possibile caricare sul Fascicolo sanitario i dati delle avvenute vaccinazioni o scaricarli utilizzando il codice Spid, che però non tutti gli utenti al momento hanno. Per gli altri “pass” previsti dal decreto legge abbiamo modelli precedenti per lo più cartacei. Il rilascio e l’archiviazione sono compiti più facilmente espletabili da un Dipartimento d’Igiene Asl; per i medici di famiglia andranno risolti i problemi quotidiani incontrati un po’ in tutta Italia con l’uso delle piattaforme regionali o nazionali che oggi caratterizzano la gestione del fascicolo».
Analizziamo ora due casi particolari. Primo, il certificato per il tampone va rifatto ogni 48 ore? «Premetto, il tampone per uscire dalla regione va fatto anche da chi è stato malato o positivo se si è negativizzato più di sei mesi prima di iniziare il viaggio. Eseguito il tampone con esito negativo, si deve “sconfinare” entro 48 ore. Non si evince che, successivamente, la regione di destinazione vorrà una seconda prova di negatività. Appare tuttavia ragionevole, prima di tornare nella regione di provenienza, eseguire un nuovo tampone per attestare che ci si sposta in sicurezza». Secondo caso, che fare se l’hub vaccinale non rilascia il certificato perché il destinatario può avere una sola dose di vaccino? «La circolare del ministero della Salute dello scorso aprile è chiara: le persone che hanno contratto il Covid-19 fino a 3 mesi prima non possono vaccinarsi, quelle che sono uscite dal virus da oltre 6 mesi devono vaccinarsi con due dosi o fare il tampone se vogliono spostarsi, fra i 3 e i 6 mesi hanno diritto a una sola dose. Dato che l’hub non rilascia il certificato, la situazione andrà disciplinata». Marinoni sottolinea come ci voglia una norma in merito. Tra l’altro, arrivano ai medici richieste di cittadini che non potendo completare il ciclo vaccinale, non ricevono il “pass” e vorrebbero una certificazione per spostarsi. Qualcuno sui social afferma che tale certificazione non solo è libero professionale, ma va pure caricata di Iva al 22% perché non è di diagnosi e cura. «Ma se poi per strada carabinieri o polizia fermassero l’utente quanto peserebbe il nostro certificato? in assenza di norme di legge che realmente tutelino il nostro assistito eviterei di rilasciare certificati, per di più a pagamento».

Covid. Sì a paracetamolo, Fans e anticorpi monoclonali. No agli antibiotici e sconsigliata la telemedicina per cronici e fragili. Ecco le nuove linee guida del Ministero per le cure domiciliari

Arriva dal Ministero una nuova circolare che aggiorna le linee guida per le cure dei pazienti Covid a casa. No a supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina e no all’eparina. Se saturazione scende sotto il 92% valutare o ricovero e ossigenoterapia a casa. Indicazioni anche su come curare i bambini e su quando usare la telemedicina.  Leggi L’articolo completo al LINK
http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=94965&fr=n

Covid-19, indennità ai professionisti contagiati

(da enpam.it)   Un assegno fino a 5mila euro per i medici e i dentisti che fanno libera professione contagiati da Covid-19.  È la nuova misura che la Fondazione Enpam ha introdotto per estendere ulteriormente gli aiuti messi in campo a seguito dell’emergenza sanitaria.  Il provvedimento deliberato dal Consiglio di amministrazione dell’Enpam lo scorso dicembre, ha ricevuto il via libera dai Ministeri vigilanti e si può ora fare domanda.

GLI IMPORTI     Gli importi del sussidio sono proporzionali sia allo stato di malattia, sia all’aliquota contributiva con cui gli iscritti versano i contributi di Quota B.   Sono tre i livelli di gravità della malattia con il conseguente aumento proporzionale della somma.   Si parte dalla forma più lieve con isolamento obbligatorio per positività al Covid (600 euro), per passare a una forma intermedia con ricovero ospedaliero, inclusa la degenza in terapia subintensiva (3.000 euro), sino al livello massimo di severità della patologia con il ricovero in terapia intensiva (5.000 euro).   Nell’ipotesi in cui, dopo la presentazione della domanda, si dovesse verificare un aggravamento delle condizioni di salute del malato, con l’integrazione della richiesta si potrà poi avere un conguaglio della somma. Per fare un esempio, se un iscritto è risultato prima positivo al test con pochi sintomi e ha preso 600 euro, ma in seguito è stato ricoverato in ospedale, gli spettano dopo aver rifatto domanda altri 2.400 euro.   Le somme indicate sono riferite ai contribuenti che pagano la Quota B intera. Per chi ha scelto la Quota B ridotta (la metà o il 2 per cento) l’indennità è riproporzionata.   Gli importi del sussidio per i pensionati corrispondono alla metà di quelli stabiliti per gli iscritti attivi.   Non è previsto, tranne che per i pensionati, un limite di reddito familiare per poter ricevere l’indennità.

I REQUISITI     Primo requisito, presente anche tra quelli per l’erogazione dei Bonus Enpam, è essere in regola con i contributi.    In seconda battuta, occorre aver avuto un reddito libero professionale nel 2019 soggetto alla Quota B (e averlo dichiarato nel modello D 2020).  Eccezioni sono previste per i neo-contribuenti, cioè quelli che verseranno la Quota B per la prima volta nel 2021, e per chi non ha avuto redditi da libera professione nel 2019 ma ha contribuito per il 2017 e per il 2018.

LA DOMANDA    La domanda si fa direttamente dall’area riservata del sito.    Insieme alla richiesta, gli iscritti devono allegare un documento che certifichi lo stato di malattia o il ricovero in ospedale.   Per chi è impossibilitato a fare domanda (per esempio è ricoverato per Covid) oppure nel caso in cui l’iscritto sia deceduto e i familiari vogliano chiedere il sussidio, verrà predisposto un modulo cartaceo. Tutte le informazioni si trovano a https://www.enpam.it/comefareper/covid-19/sussidio-contagiati/

Covid: in Europa Facebook è veicolo di dannosa disinformazione

(da AGI) In piena terza ondata di Covid-19, c’è un altro virus che minaccia l’Europa, Italia in testa: la disinformazione sulla pandemia e sulle vaccinazioni veicolata su Facebook, che non filtra le fake news, rilanciandole invece di bloccarle con controlli adeguati ed interventi tempestivi. A denunciarlo è l’ong Avaaz nella sua ultima indagine che mostra la pericolosa negligenza del social rispetto all’infodemia che da un anno dilaga sul Vecchio continente, una grave minaccia all’Ue alle prese con contagi ancora alti e diffidenza dei cittadini sui vaccini.  La ricerca, basata sull’analisi di 23 tesi fasulle sviluppate in 135 post visualizzati milioni di volte, ha fatto emergere una netta disparità tra gli interventi del colosso per arginare la diffusione delle bufale sul Covid negli Stati Uniti rispetto ai controlli attuati nei Paesi europei. 

Comunicato Omceo ER – Vaccini – NO a deregulation professionale

Gli Omceo dell’Emilia-Romagna: “La questione vaccinale non legittimi una pericolosa deregulation professionale”

La continua revisione del piano vaccinale per garantire una sempre più alta copertura, a parte le difficoltà di reperimento delle dosi e la sicurezza di alcuni tipi di vaccino, non può in alcun modo legittimare il trasferimento di funzioni mediche esclusive ad altre figure, sanitarie e no. Ne va soprattutto della salute dei cittadini, ma anche del significato di agire nel rispetto delle leggi.

 E’ quanto affermano i presidenti degli Ordini dei medici dell’Emilia-Romagna, che rivendicano la loro posizione di garanti della sicurezza delle cure e in ogni frangente considerano prioritaria la salvaguardia della salute della collettività.

Lo sostengono, in sintonia e a conforto delle posizioni della Federazione, in seguito alla disposizione legislativa che attribuisce funzioni proprie del medico a figure non mediche al fine di incrementare il numero di vaccinazioni. Amaggior ragione, dopo la presa di posizione della Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche inviata alle autorità governative, con cui s’invocano maggiori autonomie e un riconoscimento per l’aumento delle competenze, non solo in ambito vaccinale, ad oggi non consentite per specifica formazione e titolo abilitante.

 Pur considerando lodevole lo sforzo per l’ampliamento del numero delle sedi ove vaccinare, non è condivisibile la modalità con cui la politica ha fatto tali concessioni, sottolineano gli Ordini della Regione. Si intravvede, infatti, una deriva non necessaria e rischiosa, soprattutto a fronte di un sufficiente numero di medici tale da garantire ampiamente le vaccinazioni.

Va detto, al di fuori di ogni aspetto corporativo, che l’assenza del medico incide sulla qualità delle cure e sulla tutela della salute anche laddove, seppur in ruoli diversi e complementari, le professioni sanitarie sono chiamate a collaborare.

Le competenze mediche, quali la valutazione dello stato di salute del cittadino come pure la raccolta del consenso informato e il tempestivo intervento in presenza di effetti collaterali, non solo in ambito vaccinale, connotano di fatto l’atto medico. Analogamente, l’intervento in urgenza ed emergenza, sul piano dell’agire e delle responsabilità, si diversifica dalla sola “applicazione di rigidi protocolli”, aggiungono i presidenti Omceo.

È comunque necessario che tutte le figure interessate collaborino al buon funzionamento del sistema sanitario mettendo a frutto la loro specifica formazione, ciascuna nel proprio ruolo e responsabilità. Infatti, in forza di un semplice decreto non si giustifica il porre in essere atti medici senza uno specifico iter formativo in medicina e chirurgia.

 Riguardo la possibilità di inoculare un vaccino in assenza del medico, dopo l’apertura governativa ai farmacisti e al personale sanitario anche altre categorie professionali sanitarie stanno rivendicando, giustamente a loro modo di vedere, la stessa indipendenza e, visto il precedente, si legittima una “pericolosa e inaccettabile deregulation sanitaria” su cui è doveroso intervenire, concludono gli Ordini dei Medici ER

Gli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Regione Emilia-Romagna firmatari

(Bologna, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini)

Covid-19, da chi potrà spostarsi ai tempi previsti ecco il passaporto vaccinale UE

(da Doctor33)   Certificato digitale di viaggio o “certificato digitale verde”: è il nome “politicamente corretto” del passaporto vaccinale che l’Unione europea vorrebbe varare a giugno a beneficio dei cittadini che si spostano per lavoro o turismo e devono dimostrare di non essere portatori di coronavirus. Per la dimostrazione bisognerà attestare una delle seguenti tre condizioni: aver fatto il vaccino contro il Covid-19; essere guariti nei sei mesi precedenti con certificazione in tal senso; o essersi sottoposti a un tampone che attesti di non essere affetti dal virus. Sono tre iter diversi che stanno un po’ complicando l’iter di approvazione della proposta inoltrata a marzo dalla Commissione Ue all’Europarlamento. Infatti, un minimo di uniformità nella modulistica degli stati membri sarebbe richiesto e allo stesso modo si richiederebbe l’informatizzazione dei sistemi ospedalieri di rilascio.
Nelle scorse ore il Commissario Ue al mercato interno, Thierry Breton alla tv francese ha sottolineato che l’entrata in vigore del certificato potrebbe spostarsi alla seconda quindicina di giugno, ma una cosa è certa: il certificato dovrà essere accettato nello stesso momento dappertutto in Europa. Prima, non è escluso un periodo di prova di “pass” negli stati membri, e l’Italia è in prima fila. In conferenza stampa il premier Draghi venerdì scorso, ha confermato che, se gli spostamenti tra regioni gialle saranno consentiti senza bisogno di autocertificazione, con un “pass” si potrà andare nelle regioni arancioni e rosse. In settimana dovrebbe tenersi una cabina di regia con il premier e le forze di maggioranza volta ad introdurre dal 26 aprile, data delle riaperture, una soluzione sostitutiva provvisoria interna quanto meno per gli spostamenti e per la partecipazione a eventi. Come ribadito nell’evento “Riapri Italia” organizzato da Fratelli d’Italia, unica forza di opposizione, il passaporto deve essere al primo posto nelle priorità del governo. E tre sono anche i criteri da seguire per introdurre il certificato in armonia con gli altri paesi europei come ha spiegato Carlo Fidanza, capodelegazione FdI all’Europarlamento: reciprocità di trattamento, volontarietà e riservatezza nella conservazione dei dati. Chi è in possesso di certificato andrà esentato da ogni restrizione alla libera circolazione in tutti i paesi in cui esiste una reciprocità in materia, e godrà degli stessi diritti del cittadino dello stato membro che va a visitare, a meno che quest’ultimo non giustifichi all’Unione europea eventuale decisione in senso contrario.
Il “certificato verde” europeo conterrà nome del portatore, data di nascita e di rilascio con modalità (ad esempio, informazioni sull’eventuale vaccinazione o tampone o sulla guarigione attestata dall’Asl). Sarà gratuito, nella lingua nazionale ed in inglese, disponibile su smartphone, avrà un codice Qr fotografabile, conterrà una firma digitale anti-falsificazione dell’autorità che lo rilascia, e sarà valido in tutti e 27 gli stati dell’Unione europea. Il criterio di rilascio è ancora da definire: secondo Bruxelles potrebbe assegnarlo l’autorità sanitaria locale, ad esempio attraverso l’hub che ha provveduto alla vaccinazione del cittadino, magari già all’uscita dalla seduta vaccinale. Più probabile che si riceva in un secondo tempo, in formato digitale scaricabile sul cellulare, o direttamente su carta. Il governo italiano con i Ministeri di Salute ed Innovazione valuta la possibilità di caricare i dati sulla tessera sanitaria, o di creare una card ad hoc ma serve un’infrastruttura digitale dedicata.
Per chi non avrà il vaccino o non ha contratto il virus lo spostamento non sarebbe comunque vietato, nemmeno a livello continentale. Nel sito dell’Unione europea si sottolinea che il certificato non costituirà un prerequisito per la libera circolazione, “che costituisce un diritto fondamentale nell’Ue”: affermazione importante, considerando che difficilmente tutti i cittadini saranno vaccinati (o ex malati) per inizio estate, e che eventuali discriminazioni negli spostamenti potrebbero essere in odore di incostituzionalità. In altre parole, circoleranno per l’Europa anche cittadini senza vaccino né tampone né documentazione di aver contratto il virus, ma è evidentemente presumibile che in tal caso dovranno adattarsi ad eventuali condizioni poste dallo stato membro.

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