Covid: può salire 11% rischio morte contagiati zone a più smog

(da AGI)  Le persone che vivono in aree con livelli più elevati di inquinamento atmosferico potrebbero veder aumentato dell’11% il rischio di decesso in caso di infezione da Covid-19. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista ‘Science Advances’, condotto dagli esperti dell’Università di Harvard, che hanno analizzato il legame tra le concentrazioni di particolato atmosferico e il numero di decessi nelle zone considerate più inquinate. “Un aumento di un microgrammo per metro cubo di particolato – sostiene Francesca Dominici, docente presso l’Università di Harvard – sembra collegato ad un aumento del rischio di morte per COVID-19 dell’11 percento”.
   Il team ha effettuato tali valutazioni sulla base dei dati sui casi di infezione da Sars-CoV-2 e sui decessi avvenuti presso l’ospedale della Johns Hopkins University. I dati sull’inquinamento atmosferico sono stati raccolti negli Stati Uniti da una combinazione di letture atmosferiche e modelli computerizzati e riguardano 3.089 contee, dove abita circa il 98 percento della popolazione statunitense. “I nostri risultati – afferma l’esperta – mostrano che i livelli di PM2,5 negli Stati Uniti variano notevolmente, con punti ad alta prevalenza intorno alle metropoli e alle città principali, dove possono essere raggiunti i 12 microgrammi per metro cubo”.
   Stando alle dichiarazioni degli autori, la ricerca, che si concentra sulle informazioni statunitensi, ha implicazioni di vasta portata, specialmente per quanto riguarda i luoghi in cui l’inquinamento atmosferico supera le soglie limite. “Definito il livello di 13 microgrammi per metro cubo come inquinamento elevato – prosegue la scienziata – nonostante il limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sia di 10 microgrammi per metro cubo, abbiamo scoperto che un aumento di un microgrammo per metrocubo potrebbe provocare una serie di conseguenze a livello di salute. Considerando due aree geograficamente simili tra loro notiamo che nella zona più inquinata si registra un aumento del tasso di mortalità di Covid-19”.

Tamponi, Mmg obbligati e senza standard di sicurezza. Le ragioni di chi dice no

(da Doctor33)    Non ci saranno firme tecniche sull’accordo dei tamponi. Anche se ai sindacati il no dovesse costare l’esclusione da tutte le trattative regionali. Angelo Testa, presidente Snami spiega che «sulla volontarietà abbiamo mantenuto ferma la nostra pregiudiziale. Non eÌ possibile che ci sia una costrizione mentre il comparto vive un aumento esponenziale dei carichi di lavoro e la maggior parte degli studi è inidonea all’effettuazione di una prestazione laboratoristica a rischio». Salvatore Santacroce tesoriere Snami parte dall’esclusione dei sindacati del “no” dai tavoli per gli accordi regionali che indicheranno chi deve vaccinare e chi può. «È incostituzionale, sancisce la dittatura assoluta della Fimmg e la impugneremo».    

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Tamponi da Mmg, Fimmg e Intesa sindacale dicono sì. Accordi validi per tutti. Ecco quali sono

(da Doctor33)   I medici di famiglia eseguiranno i tamponi sui pazienti sospetti Covid, obbligati se hanno camici, guanti, visiere e mascherine. Saranno pagati 12 euro negli uffici del distretto o comunque se agiscono fuori dai propri studi, 18 se nel proprio studio. Si sbloccheranno intanto i fondi per fare diagnosi in studio. L’accordo è stato firmato prima da Fimmg e poi da Intesa sindacale (che raggruppa Cisl Medici, Fismu e Sumai) e a questo punto rappresenta quasi il 70% delle 37 mila deleghe di medici di famiglia iscritti a sindacati. Non hanno firmato Snami e Smi che, per come è congegnato il testo dell’intesa, rischiano di non essere ammessi alle trattative regionali preposte a valutare le modalità dell’esecuzione dei tamponi e della consegna degli apparecchi diagnostici.

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COVID-19 e test diagnostici: caratteristiche, utilità e scenari d’impiego

(da Univadis)    I ricercatori da marzo 2020 hanno sviluppato un numero elevato di test di laboratorio per COVID-19 e quasi ogni settimana ne sono disponibili di nuovi. L’impiego dei test nella pratica clinica, insieme all’ampia risonanza che hanno ricevuto, ha fatto sorgere domande relative alle varie tipologie disponibili, alla loro utilità e alle loro prestazioni. Oggi possono essere utilizzati sia i test molecolari che i test antigenici per diagnosticare infezioni virali attive per COVID ‐19, con una ricerca concentrata prevalentemente sulla sensibilità dei test, ma ora anche sulle strategie d’impiego.

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In un farmaco per l’ulcera possibile anti Covid

(da DottNet)    Scoperto in un farmaco già in uso per l’ulcera – la Ranitidina bismuto citrato – un nuovo potenziale antivirale utile contro il SARS-CoV-2.  È il risultato ottenuto per ora in uno studio su animali condotto presso l’Università di Hong Kong e pubblicato sulla rivista ‘Nature Microbiology’. Gli esperti hanno testato diverse ‘metallo-proteine’, una famiglia di molecole soprattutto note per la loro azione antimicrobica ma poco studiate contro i virus. Poi i ricercatori hanno selezionato tra tutte la Ranitidina bismuto citrato vedendo che in provetta riduce di mille volte la carica virale di cellule infettate dal coronavirus. Testata su animali, la Ranitidina bismuto citrato riduce di 100 volte la carica virale delle vie respiratorie superiori e inferiori, diminuisce la polmonite da SARS-CoV-2 nonché i livelli di citochine infiammatorie. Gli esperti hanno visto che la Ranitidina bismuto citrato agisce impedendo la replicazione del genoma virale; il farmaco infatti attacca specificamente un enzima virale – l’elicasi Nsp13 – indispensabile alla replicazione del genoma.   Secondo gli esperti il farmaco è promettente perché risulta avere un bersaglio molto specifico nonché inedito, ed è sicuro.

CONVENZIONE ARCURI-FNOMCEO RICHIESTA MASCHERINE

FNOMCeO ha sottoscritto una convenzione con il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19, dr. Domenico Arcuri, in merito alla fornitura, a titolo oneroso, da parte della Protezione Civile, di mascherine chirurgiche in favore della FNOMCeO al fine di una distribuzione attraverso Ordini provinciali, associazioni o sindacati di categoria dei medici e degli odontoiatri.

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Covid: vaccino contro morbillo può evitare complicazioni gravi

(da AGI) Il vaccino contro il morbillo potrebbe diminuire il tasso di mortalità legato al nuovo coronavirus e ridurre notevolmente la probabilità che si manifestino sintomatologie acute o gravi. L’incoraggiante ipotesi è il risultato di uno studio, pubblicato sull’’European Journal of Allergy and Immunology’, condotto dagli esperti del Centre for Excellence in Asthma and Allergy – presso l’Hospital Médica Sur, a Città del Messico – che hanno esplorato la possibilità di contrastare la pandemia con la procedura di immunizzazione del vaccino trivalente contro parotite-morbillo-rosolia (MMR). “La diffusione del nuovo coronavirus in Messico ha coinciso con un aumento dei casi di morbillo – afferma Desiree Larenas-Linnemann, direttrice del Centre for Excellence in Asthma and Allergy, presso l’Hospital Médica Sur – tanto che il ministero della Salute aveva raccomandato le vaccinazioni contro la malattia esantematica. Abbiamo voluto testare l’efficacia della vaccinazione anche contro SARS-CoV-2”.

Immunità gregge bocciata da 80 esperti, non ferma il virus

(da DottNet)   Era apparsa come la soluzione ideale per combattere il nuovo coronavirus e vari leader mondiali – dal premier britannico Boris Johnson al presidente brasiliano Jair Bolsonaro fino a quello degli Stati Uniti Donald Trump – l’hanno appoggiata convintamente, nonostante il giudizio degli esperti non fosse unanime. Oggi arriva però la bocciatura ufficiale della scienza: l’immunità di gregge non arresta il virus, avvertono 80 esperti da tutto il mondo in una lettera aperta sulla rivista ‘Lancet’. Ciò che serve in questo momento, al contrario, sono misure efficaci per il contenimento del contagio mentre nuovi passi avanti si stanno facendo sul fronte dei vaccini anti-Covid, anche se per un vaccino disponibile per tutti bisognerà presumibilmente attendere il 2022.

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Covid-19, quarantena a dieci giorni e stop a doppio tampone. Le indicazioni del Cts

(da Doctor33)   Via libera alla riduzione della quarantena da 14 a 10 giorni, e stop alla regola del doppio tampone negativo per poter dichiarare un positivo guarito. Ne basterà uno. Queste le indicazioni emerse dalla lunga riunione del Comitato tecnico scientifico convocata d’urgenza dal ministro Speranza. Il Cts, fa sapere una nota, in coerenza con le linee guida internazionali e adottando il principio di massima cautela, sottolinea “l’esigenza di aggiornare il percorso diagnostico per l’identificazione dei casi positivi così come la tempestiva restituzione al contesto sociale dei soggetti diagnosticamente guariti”.

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Stanchi, depressi e spaventati: identikit dei guariti dal Covid

(da AGI)   “Quelli che avevano altre patologie prima di contagiarsi in alcuni casi hanno visto peggiorare la loro situazione”, raccontano i medici internisti toscani. Altri “li vediamo arrivare da noi con una grande stanchezza, qualche difficoltà respiratoria e tanta paura che l’incubo ritorni. Soprattutto quando ad essere stati colpiti sono i più giovani. E l’altro comun denominatore è uno stato depressivo che sicuramente non aiuta a imboccare la strada di una completa guarigione. A tracciare il profilo dei “sopravvissuti al Covid” è la dottoressa Paola Gnerre, dirigente di primo livello alla medicina interna 2 dell’ospedale San Paolo di Savona dove, grazie anche all’apporto del direttore del dipartimento di medicina della asl 2 savonese, il dottor Rodolfo Tassara, è nato uno dei primi day hospital per ex pazienti Covid, totalmente gratuito. Un progetto elaborato da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, che celebra in questi giorni a Roma il suo congresso in modalità mista, remoto/in presenza, all’interno del quale è stato presentato il modello di day hospital per i reduci del Covid già partito con delibere regionali in Liguria e Toscana e a macchia di leopardo in Lombardia, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Con le altre regioni pronte a seguire l’esempio. Il nuovo modello di presa in carico dei pazienti, che passata l’infezione rischiano di subire danni cronici non solo ai polmoni, ma anche a cuore, reni e cervello. Una formula che potrà essere utilizzata non solo per i “reduci del Covid, ma per aiutare a smaltire quegli 11 milioni di visite e accertamenti saltati durante il lockdown a discapito soprattutto dei malati cronici. L’idea è apparentemente semplice: istituire dei day hospital non solo terapeutici ma anche diagnostici, che grazie all’apporto multidisciplinare dei diversi specialisti medici consenta il follow up dei pazienti che sono passati per il Covid. Il tutto con esenzione dal ticket e seguendo la molto più snella lista di attesa intraospedaliera. Un modello non a caso messo a punto dai medici internisti della Fadoi, che lo hanno visto adottare per prima dalla asl 2 del savonese. Una indagine della stessa federazione mostra infatti come proprio la medicina interna sia stata in prima fila nella gestione dell’emergenza, con il 70% dei ricoveri Covid nei propri reparti. Ed è l’esperienza maturata sul campo, insieme agli studi internazionali ad aver mostrato come i pazienti sopravvissuti al coronavirus continuassero ad avere problemi polmonari che diventano cronici nel 30% dei casi e danni permanenti estesi ad altri organi. Da qui il sistema di controllo multidisciplinare messo a punto dagli internisti: in regime di day hospital ogni 3-6-12 e 24 mesi vengono rilevati i parametri vitali, come frequenza cardiaca e respiratoria, pressione arteriosa e livello di saturazione del sangue.

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