Alcol e aritmie cardiache: la sindrome da “holiday heart” nei giovani
(da M.D.Digital) Un’eccessiva assunzione acuta di alcol può causare la sindrome dell’ “Holiday Heart”, caratterizzata da aritmie cardiache tra cui la fibrillazione atriale. I dati a riguardo in letteratura sono scarsi, ma recentemente, uno studio ha indagato in modo prospettico il decorso temporale delle aritmie cardiache che si verificano dopo un binge di alcol nei giovani adulti. Sono stati arruolati in totale 202 volontari che pianificavano un consumo acuto di alcol con concentrazioni di alcol nel respiro (Bac) di picco previste di ?1.2 g/kg. Lo studio comprendeva un monitoraggio elettrocardiografico (Ecg) di 48 ore che comprendeva l’Ecg di base (ora 0), il “periodo di bevuta” (ore 1-5), il “periodo di recupero” (ore 6-19) e due periodi di controllo corrispondenti rispettivamente a 24 ore dopo il “periodo di bevuta” e il “periodo di recupero”. L’assunzione acuta di alcol è stata monitorata tramite misurazioni del Bac durante il “periodo di bevuta”. Gli Ecg sono stati analizzati per la frequenza cardiaca media, la tachicardia atriale, i complessi atriali prematuri (Pac), i complessi ventricolari prematuri (Pvc) e le misure di variabilità della frequenza cardiaca (Hrv). I dati hanno rivelato un aumento della frequenza cardiaca e un eccesso di tachicardie atriali con l’aumento dell’assunzione di alcol. L’analisi HRV ha indicato una modulazione autonoma con attivazione simpatica durante il consumo di alcol e il successivo “periodo di recupero”, seguito da una predominanza parasimpatica in seguito. I Pac si sono verificati significativamente più frequentemente nei “periodi di controllo”, mentre i Pvc erano più frequenti nel “periodo di consumo di alcol”. Dieci partecipanti hanno sperimentato episodi aritmici notevoli, tra cui fibrillazione atriale e tachicardie ventricolari, principalmente durante il “periodo di recupero”. Lo studio dimostra l’impatto del binge drinking sulle alterazioni della frequenza cardiaca e sull’aumento delle tachicardie atriali durante il “periodo di bevute” e l’insorgenza di aritmie clinicamente rilevanti durante il “periodo di recupero”, sottolineando la sindrome “Holiday Heart” come un problema di salute.
(Brunner et al. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehae695)
Rischio di depressione tra le persone esposte all’inquinamento dell’aria interna alle abitazioni
(da Univadis) Come indicato nel rapporto 2019 Global Burden of Disease, l’inquinamento atmosferico è uno dei principali fattori che contribuiscono all’onere globale delle malattie con 6,70 milioni di decessi, pari al 12% della mortalità totale, attribuibili all’inquinamento atmosferico esterno e interno. Una meta-analisi (12 studi; >61.000 partecipanti) ha mostrato un aumento significativo del 22% del rischio di depressione con l’esposizione all’inquinamento atmosferico indoor (rapporto di rischio [RR] 1,22 [1,13-1,31]; p<0,00001; I2=75%). Inoltre, lo studio ha riportato che l’esposizione a inquinanti atmosferici interni come i combustibili solidi era associata a un rischio significativamente maggiore del 20% di depressione (RR 1,20 [1,13-1,26]; I2=62%), mentre l’esposizione al fumo passivo non era significativamente associata alla depressione (RR 1,11 [0,87-1,41]; I2=80%).
Medici di famiglia e infermieri insufficienti da anni. Le principali criticità per Istat
(da Doctor33) “La dotazione e l’invecchiamento del personale medico rappresentano criticità per il comparto della sanità, anche alla luce del futuro aumento della domanda di cure dovuto alla dinamica della popolazione”. In particolare, sono i medici di medicina generale e gli infermieri le categorie che destano “maggiori preoccupazioni per le prospettive future”. È quanto si legge in un passaggio della relazione del presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, sentito in audizione in Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulla Manovra. Nel 2022, ultimo anno per cui i dati sono disponibili, la dotazione complessiva di medici (generici e specialisti) in Italia è stata pari a 4,2 camici bianchi per mille abitanti, 0,2 punti in più rispetto al 2019. I medici specialisti costituiscono l’81% circa dei medici totali: nel 2022 sono 3,3 ogni mille residenti, 0,3 punti in più rispetto al 2019. Mentre i medici di medicina generale (Mmg) sono solo 6,7 per 10 mila abitanti e rappresentano il 15,7% dei medici totali.
Le preoccupazioni relative a questa categoria, sono motivate dal fatto che i medici di medicina generale sono caratterizzati “da una struttura” che è spostata verso le “età prossime al pensionamento (sulla base dei dati Iqvia si stima che circa il 77% abbia 55 anni e più), da un trend decrescente (il numero è diminuito di oltre 6mila in 10 anni, da 45.437 nel 2012 a 39.366 nel 2022) e da un incremento significativo degli assistiti pro capite (da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022)”, il che si traduce in un “forte aumento della percentuale di Mmg con più di 1.500 assistiti (in crescita dal 27,3% al 47,7% nell’arco di un decennio)”. La dotazione è più bassa nelle regioni del Nord. Sulla quota di mmg con più di 1.500 assistiti, in particolare, si osserva una forbice amplissima, dal 71,0% in Lombardia al 22,4% in Sicilia.
Per quel che riguarda il personale infermieristico, “il numero è da molti anni ritenuto insufficiente rispetto ai bisogni di salute della popolazione”, rileva l’Istat. La dotazione nel 2022 è pari a 6,8 per mille abitanti, 0,4 punti in più rispetto al 2019. Tra le regioni si osserva un ampio divario, con una dotazione particolarmente bassa pari a 5,7 infermieri e ostetriche per mille residenti in Lombardia, Campania e Calabria e a 6 in Sicilia, mentre tassi significativamente più elevati si registrano in Molise (8,8), nelle province autonome di Bolzano e Trento (8,3), in Liguria (8,1) e in Umbria (8,0).
Giornata della Trasparenza
Il giorno 19 novembre p.v.
presso la Sala Riunioni dell’Ordine, Viale Italia n.153, scala C, primo piano
si terrà la “Giornata della Trasparenza 2024”, in occasione dell’Assemblea ordinaria.
Relatore: Dott.ssa Veronica Pasini,
Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza.
La Tbc principale minaccia infettiva, 8,2 milioni di casi nel 2023
(da DottNet) Circa 8,2 milioni di persone hanno ricevuto una diagnosi di tubercolosi nel 2023, il numero più alto registrato dal 1995 a oggi. Il numero vede un notevole aumento rispetto ai 7,5 milioni segnalati nel 2022 e “pone nuovamente la Tbc come principale malattia infettiva potenzialmente mortale nel 2023, superando il Covid-19”. Emerge dal ‘Global Tuberculosis Report 2024’ dell’Organizzazione mondiale della sanità, che evidenzia però anche la diminuzione dei decessi causati da questa malattia, passati da 1,32 milioni nel 2022 a 1,25 milioni nel 2023.
Cambiamenti climatici, dalla Dengue al caldo estremo in aumento le minacce per la salute
(da Doctor33) Le minacce per la salute causate dai cambiamenti climatici hanno raggiunto “livelli record”. A lanciare l’allarme è la rivista ‘The Lancet’ sulla base dei risultati emersi dall’ottavo rapporto globale ‘Lancet Countdown on Health and Climate Change’. Dati che spingono gli esperti a chiedere che i migliaia di miliardi di dollari spesi in combustibili fossili vengano reindirizzati alla protezione della salute, della vita e dei mezzi di sussistenza delle persone. Il rapporto rileva che in ogni Paese le persone affrontano minacce senza precedenti alla salute e alla sopravvivenza a causa del rapido cambiamento climatico. E 10 indicatori su 15 che monitorano questo fenomeno hanno raggiunto livelli preoccupanti.
Nel 2023, le persone sono state esposte, in media, a 50 giorni in più di temperature pericolose per la salute rispetto a quanto sarebbe accaduto senza cambiamenti climatici. La siccità estrema ha colpito il 48% della superficie terrestre globale, il secondo livello più alto mai registrato, e la maggiore frequenza di ondate di calore e siccità ha interessato 151 milioni di persone in più, che hanno sperimentato un’insicurezza alimentare moderata o grave rispetto a quanto avveniva annualmente tra il 1981 e il 2010. Gli autori del report evidenziano come i governi e le aziende continuino ad ‘alimentare il fuoco’ del climate change con investimenti persistenti nei combustibili fossili, emissioni di gas serra legate all’energia ai massimi storici e anni di ritardi nell’adattamento, che stanno riducendo le possibilità di sopravvivenza delle persone in tutto il mondo.
Quelli dell’ultimo report sono “i risultati più preoccupanti mai ottenuti nei nostri 8 anni di monitoraggio”, avverte Marina Romanello, direttore esecutivo di The Lancet Countdown all’University College di Londra. “Ancora una volta, l’anno scorso sono stati battuti i record sui cambiamenti climatici, con ondate di calore estreme, eventi meteorologici mortali e incendi devastanti che hanno colpito persone in tutto il mondo. Nessuna persona o economia sul pianeta è immune dalle minacce per la salute derivanti dal cambiamento climatico”.
Èaumentata anche l’idoneità climatica alla diffusione di malattie infettive mortali trasmesse dalle zanzare. Ad esempio, il rischio di trasmissione della Dengue da parte delle zanzare Aedes albopictus è aumentato del 46% e dell’Aedes aegypti dell’11% nell’ultimo decennio (2014-2023) rispetto al 1951-1960. Nel 2023 è stato segnalato un record storico di oltre 5 milioni di casi di dengue in oltre 80 paesi/territori.
Il rapporto sottolinea che le risorse finanziarie per raggiungere zero emissioni nette e garantire un futuro sano ci sarebbero. Eppure, governi e aziende li stanno spendendo in modi che stanno peggiorando il cambiamento climatico, denaro che potrebbe essere reindirizzato verso energia pulita e rinnovabile e attività che giovano alla salute, ai mezzi di sussistenza e al benessere delle persone. Gli autori sostengono che i risultati devono imporre una trasformazione globale dei sistemi finanziari incentrata sulla salute, spostando le risorse dall’economia basata sui combustibili fossili verso un futuro a zero emissioni, che porterà rapidi benefici economici e sanitari attraverso un migliore accesso all’energia e alla sicurezza, aria e acqua più pulite, diete e stili di vita più sani e opportunità di lavoro più sostenibili.