La longevità dipende anche dal livello di attività fisica nel corso degli anni

(da Univadis)    Essere più attivi dal punto di vista fisico si traduce in un aumento della longevità in persone di mezza età o anziane.  I benefici sono visibili anche in presenza di una storia di malattie cardiovascolari o cancro e non dipendono dai livelli passati di attività fisica (AF) o da fattori di rischio noti.  A livello di popolazione, raggiungere e mantenere i livelli minimi di AF raccomandati (150 minuti/settimana di attività moderata-intensa) potrebbe prevenire il 46% dei decessi legati all’inattività fisica.  Servono strategie a livello globale per aumentare il livello di AF nella popolazione.

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Le donne trascurano il loro cuore

(da DottNet)   Le donne trascurano il loro cuore, che pure puo’ tradirle. Le malattie cardiovascolari sono infatti ancora la prima causa di morte. ”Ma le donne temono più’ i tumori e tendono ad ignorare il rischio cardiologico. Si allarmano meno degli uomini e arrivano con più ritardo in ospedale anche in caso di infarto”. A ricordarlo Savina Nodari, cardiologa degli Spedali Civili di Brescia, intervenendo alla presentazione, a Matera, della campagna per la gestione dell’ infarto, ‘Ogni minuto conta’, realizzata da ‘Il cuore siamo noi – Fondazione Italiana cuore” con il patrocinio della Società Italiana di cardiologia. ”La consapevolezza femminile di potere essere vittime di infarto o cardiopatia ischemica – ricorda la cardiologa – resta ancora molto scarsa. E ancora le donne considerano l’ infarto un problema più’ maschile. Purtroppo spesso anche i medici di famiglia e i ginecologi non hanno sufficiente attenzione al rischio cardiaco. In particolare nelle donne giovani con menopausa precoce”, dice Nodari. A tutto questo si aggiunge che spesso i sintomi nelle donne possono essere diversi. ”In ogni caso, pero’, non bisogna mai trascurare un senso di oppressione, e disagio che puo’ essere accompagnato anche da aritmie”. E in generale ”e’ fondamentale la prevenzione, che significa anche calcolo del rischio cardiologico, non trascurando la storia familiare. E uno stile di vita sano. Sempre. Ma in particolare nella peri menopausa: controllare il peso, evitare il fumo, fare movimento regolare”, conclude la cardiologa.

Come controllare la propria situazione crediti ECM sul sito COGEAPS

(da Odontoiatria33)    Stando alle comunicazioni ufficiali della FNOMCeO il tempo di verifica sui crediti ECM raccolti da parte degli iscritti dovrebbe partire dal gennaio 2020. In una recente nota inviata dal presidente FNOMCeO Filippo Anelli a OMCeo e CAO si invitano gli Ordini ed incentivare che gli iscritti raccolgano il numero di crediti ECM necessari entro la fine del triennio, dicembre 2018.  Ma come fare per conoscere la propria situazione?      L’iscritto può verificare la propria posizione ECM, collegandosi alla area riservata COGEAPS e registrandosi, qualora non lo avessero già fatto a questo linkhttp://application.cogeaps.it/cogeaps/login.ot   FNOMCeO che ricorda che nell’area riservata è consentito inserire l’eventuale documentazione mancante che sia in possesso del professionista, entrando su “Partecipazione ECM” e successivamente su “Crediti mancanti”, dalla cui schermata si potranno inserire i singoli eventi formativi, allegando l’autocertificazione accompagnata alla scansione del documento di riconoscimento e l’attestato in possesso.   Sito COGEAPS che non sarebbe facilmente consultabile.    Per questo motivo, in seguito a numerose segnalazioni di iscritti circa la difficoltà di contattare il COGEAPS per avere informazioni riguardo alla propria posizione ECM, il Presidente OMCeO MI ha scritto al Consorzio per conoscere quali azioni saranno intraprese per far fronte a questa delicata situazione. “Il Consorzio risponde limitandosi a sottolineare le criticità organizzative, senza segnalare soluzioni”, sottolinea una nota dell’OMCeO Milano.  Altra soluzione è rivolgersi direttamente al proprio Ordine provinciale.

Il mancato consenso informato è un danno autonomo rispetto al danno al paziente: la Cassazione stabilisce un doppio risarcimento

Il consenso informato va risarcito in maniera ulteriore e autonoma rispetto al danno da errato trattamento medico se non è stato formulato secondo tutti i canoni e i parametri dei possibili rischi di un intervento. Il caso riguardava il risarcimento chiesto dai genitori per i danni lamentati in conseguenza della nascita della figlia affetta da ectromelia dell’arto superiore sinistro, per la mancata rilevazione “della situazione di aplasia di cui era portatore il feto” in sede di esami ecografici eseguiti dal primo medico presso il proprio studio e poi dal secondo presso l’ospedale.   Leggi l’articolo completo al LINK

 

Inibitori di pompa protonica e cancro gastrico

(da Univadis)   Recenti studi epidemiologici hanno riportato un’associazione significativa tra l’assunzione di IPP a lungo termine e il rischio di cancro gastrico, anche dopo l’eradicazione di Helicobacter pylori. Tuttavia, gli effetti dei IPP sullo sviluppo di condizioni pre-maligne come la gastrite atrofica o la metaplasia intestinale non sono completamente noti, suggerendo la necessità di studi completi e confermativi in futuro. Nel frattempo, diversi studi sperimentali hanno dimostrato gli effetti degli IPP nel ridurre la chemioresistenza nelle cellule di cancro gastrico modulando il microambiente in acuto, la concentrazione extracellulare di cationi (che ha un effetto diretto sull’efficacia) e la proteina STAT3 (trasduttore del segnale e l’attivazione della via di trascrizione 3). Gli effetti inibitori degli IPP sull’attività del gene STAT3 possono superare la resistenza ai farmaci e migliorare l’efficacia degli agenti chemioterapici convenzionali o mirati. Nel loro insieme, gli IPP possono giocare un duplice ruolo, sia positivo sia negativo, nella carcinogenesi gastrica e nel trattamento del cancro gastrico (1). Necessari ulteriori studi     Vista la profonda soppressione della produzione di acidi gastrici indotta dagli IPP, vi sono preoccupazioni su un possibile ruolo cancerogeno nel cancro gastrico, a causa di ipergastrinemia indotta, atrofia gastrica e proliferazione batterica nello stomaco. Mentre mancano studi clinici randomizzati per stabilire in modo univoco il nesso di causalità tra uso di IPP a lungo termine e cancro gastrico risultati degli studi osservazionali suggeriscono che gli IPP siano effettivamente associati a un aumentato rischio di cancro gastrico. Tuttavia, le opinioni sul nesso di causalità sono divergenti, perché esistono potenziali fattori confondenti non  misurati (o misurabili) nei vari studi (2).     Anche dopo l’eradicazione di H. pylori , l’uso a lungo termine di IPP è associato a un rischio di cancro gastrico aumentato di oltre due volte. In conclusione, gli IPP a lungo termine dovrebbero essere usati con giudizio, dopo aver considerato il profilo di rischio individuale, specialmente tra soggetti con una storia d’infezione da H. pylori . Ulteriori studi prospettici ben disegnati sono necessari per confermare il potenziale ruolo degli IPP nel cancro gastrico a seconda dell’istologia gastrica di base e della sua interazione con altri agenti chemiopreventivi come l’aspirina, le statine e la metformina (3).

Bibliografia e riferimenti

Joo MK. Proton pump inhibitor: The dual role in gastric cancer. World J Gastroenterol. 2019 May 7;25(17):2058-2070

Wan QY Long-term proton pump inhibitors use and risk of gastric cancer: a meta-analysis of 926 386 participants. Gut. 2019 Apr;68:762-764

Cheung KS et al Long-term use of proton-pump inhibitors and risk of gastric cancer: a review of the current evidence. Therap Adv Gastroenterol. 2019 Mar 11;12:1756284819834511

Ictus, più tempo a disposizione per il trattamento

(da Doctor33)  Più tempo a disposizione per il trattamento dell’ictus. Una novità scientifica di cui si è discusso al congresso dell’European Stroke Organisation (ESO) di Milano (22-24 maggio). In alcuni casi infatti la terapia trombolitica può essere somministrata fino a 9 ore dopo la comparsa dei sintomi dell’ictus, mentre oggi si interviene entro 4,5 ore con farmaco trombolitico o entro 6 con trombectomia meccanica al fine di aumentare le possibilità di recupero e limitare le conseguenze disabilitanti causate dall’ictus cerebrale. «L’efficacia della terapia dipende dal tempo. È stato dimostrato che la mortalità, il rischio di emorragie intracraniche e le disabilità permanenti diminuiscono in maniera significativa ogni 15 minuti giocati in anticipo sull’ictus» conferma Danilo Toni, del Policlinico Umberto I di Roma. Nel corso del congresso si è posta l’attenzione sui 7 campi inseriti nel Piano di Azione per l’Ictus in Europa 2018-2030: prevenzione primaria, organizzazione dei servizi, gestione dell’ictus acuto, prevenzione secondaria con follow-up organizzato, riabilitazione, valutazione degli esiti e della qualità dei servizi, la vita dopo l’ictus. Si stima che nell’Unione Europea ci sarà un aumento del 34% del numero totale di eventi cerebrovascolari acuti entro il 2035. In Italia, l’ictus colpisce circa 150.000 persone e le donne sono le più colpite, soprattutto in caso di diabete o di presenza di fattori di rischio, come il fumo. Si calcola che una donna su 5 avrà un ictus nel corso della vita, mentre per gli uomini la proporzione è di uno su sei. Disuguaglianza di genere che si conferma per quanto riguarda l’accesso alle cure, la dimensione organizzativa nel post-ictus, ma anche nell’ambito lavorativo, peggiorando in caso di carriera accademica. Quest’ultimo è un argomento molto sentito dall’Osservatorio Ictus Italia, ma anche dall’ESO che nel 2014 ha eletto la prima Presidente donna della sua storia, Valeria Caso dell’Ospedale Misericordia di Perugia, la quale ha fatto sì che la percentuale di donne aderenti alla società aumentasse dal 31% nel 2014 al 40% nel 2017. Alla luce di tutto questo, è fondamentale fare in modo che ci siano informazioni sull’ictus specifiche per le donne in merito a prevenzione, fattori di rischio modificabili e cure, ma anche che si portino avanti tutte le azioni volte a sensibilizzare la popolazione.

Vaccini: Unicef contro i no vax: “Sfruttano i social per creare pericolosa disinformazione”

(da Quotidiano Sanità)   “La disinformazione sui vaccini è pericolosa come una malattia che si diffonde rapidamente e rappresenta una minaccia imminente per la salute pubblica”. È quanto ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Unicef Henrietta Fore che ha lanciato in un evento Onu sui vaccini una forte accusa contro i gruppi no vax.  “Negli ultimi trent’anni – rileva l’Unicef -, il mondo ha visto miglioramenti significativi nella salute e nel benessere dei bambini, con le vaccinazioni che hanno contribuito a una drastica diminuzione dei decessi sotto i cinque anni. E ora, sull’orlo dell’eradicazione di malattie mortali che colpiscono milioni di bambini, stanno emergendo serie sfide”.   L’Unicef rileva come “nonostante le chiare prove del potere dei vaccini per salvare vite e controllare le malattie, milioni di bambini in tutto il mondo continuano a non essere coperti, mettendo a rischio le comunità di essere vittime epidemie mortali. L’accesso alla qualità dell’assistenza sanitaria di base, compresa l’immunizzazione, è fortemente minata da deboli sistemi sanitari, povertà e conflitti”.
L’Unicef afferma senza mezzi termini che “i gruppi anti-vaccino hanno sfruttato efficacemente i social media, creando confusione e alimentando paure tra i genitori, potenzialmente minando i progressi nel raggiungere la copertura vaccinale di tutti i bambini”.  “Le vaccinazioni fanno risparmiare fino a tre milioni di vite ogni anno, ovvero più di cinque vite salvate ogni minuto”, ha affermato il capo dell’Unicef Tuttavia, ha osservato che occorre fare di più perché “mancano ancora 20 milioni di bambini”.

 

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