Sta per nascere l’ospedale di comunità: al medico la responsabilità clinica e all’infermiere la gestione e l’assistenza.

Previsto dal regolamento sugli standard ospedalieri, dal Patto per la Salute e dal Piano nazionale della cronicità, aveva fatto capolino a inizio marzo all’ordine del giorno della conferenza delle Regioni, ma era stato poi lasciato in stand-by per una serie di interventi tecnici e di richieste dei governatori, quasi tutti recepite nell’ultima versione, quella definitiva, pronta per approdare in Stato-Regioni. E’ una struttura di ricovero breve e fa parte dell’assistenza territoriale.  Leggi l’articolo completo e il documento del ministero trasmesso alle Regioni al LINK

http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=63630&fr=n

Dopo endoscopie e colonscopie il rischio infettivo è maggiore di quanto si pensi

(da Doctor33)   I tassi di infezione a seguito di colonscopie e di endoscopie del tratto gastrointestinale superiore effettuate presso i centri di chirurgia ambulatoriale (ASC) statunitensi, popolari alternative più convenienti e meno costose alle cure ospedaliere per interventi ambulatoriali e altre procedure, sono di gran lunga superiori a quanto ritenuto in precedenza, secondo uno studio pubblicato su Gut.

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Vaccini, entro 10 luglio basterà autocertificazione per iscrizioni 2018/19

(da AdnKronos Salute) Basterà una dichiarazione sostitutiva di vaccinazione per la prima iscrizione alla scuola dei bambini dai 0 ai 6 anni. In caso di piccoli fra 6 e 16 anni, dunque non per la prima iscrizione, resta valida la certificazione presentata per l’anno scolastico 2017-2018 se il minore non deve effettuare nuovi vaccini o richiami. Ad annunciarlo il ministro della Salute, Giulia Grillo, in conferenza stampa oggi a Roma con il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. La modifica delle regole avverrà con una circolare interministeriale, che depotenzia dunque l’obbligo di presentare la documentazione che comprova le vaccinazioni entro il 10 luglio, termine che diventa “non perentorio” ha assicurato Grillo. “In alcuni casi” ha precisato il ministro Grillo, si potrà anche solo autocertificare di aver preso l’appuntamento con la Asl per effettuare la vaccinazione, e dunque non di averla già eseguita. “Chiaramente – ha ribadito il ministro – non bisogna fare certificazioni false, perché altrimenti si incorre nelle conseguenze previste dalla legge. Se ci sono dei genitori che hanno dei dubbi si rivolgano alle istituzioni, anche a noi, siamo disponibili a risolverli. Questa è la via da seguire: informarsi ed essere sereni sul fatto che i vaccini sono sicuri”. Si prevede comunque di fare dei controlli a campione per verificare la regolarità delle autocertificazioni.

Fimmg, urgente riforma certificazione malattia

(da AdnKronos Salute) – “Stare a casa e curarsi è un diritto del lavoratore, ma non può diventare un incubo per chi lo deve certificare: è urgente una riforma della norma sui certificati di malattia”. Lo sostiene il vice segretario nazionale vicario della Federazione dei medici di medicina generale, Pier Luigi Bartoletti dopo che nei giorni scorsi si è riaperto il dibattito su una sentenza della Corte dei Conti Umbria (n. 47 del 20 dicembre 2017) che addossa la colpa al medico di famiglia, reo di aver certificato la malattia di un dipendente pubblico, giudicandolo corresponsabile della condotta dolosa del dipendente che ha simulato, anche attraverso documentazione clinica, un lungo periodo di malattia. “E’ ineludibile la necessità di rivedere un modello che scarica sul medico di famiglia le inefficienze di un sistema caricandolo di oneri e responsabilità burocratiche sempre più collidenti con il suo impegno di medico, togliendo tempo ed energia al lavoro clinico – sottolinea Bartoletti -.

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Fumare marijuana aumenta tosse, espettorato e dispnea

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health)   Le sigarette di marijuana contengono particolato, gas tossici, specie reattive dell’ossigeno, idrocarburi policiclici aromatici a concentrazioni molto più elevate di quelle del tabacco. Diversi studi hanno evidenziato che la marijuana sia associata a un’infiammazione bronchiale simile a quella provocata dalle sigarette tradizionali. Per determinare se l’uso di marijuana fosse associato a sintomi respiratori, malattia ostruttiva polmonare e cambiamenti nella funzionalità polmonare, i ricercatori dell’Università della California di San Francisco, guidati da Mehrnaz Ghasemiesfe, hanno preso in considerazione 22 studi. Tra gli individui rientrati nell’osservazione, 1.255 avevano avuto più di 10 anni di esposizione continua, mentre per 756 fumatori solo di marijuana l’esposizione superava i 20 anni. Dal confronto tra i fumatori di marijuana e i non fumatori, è emerso per i primi un aumento del rischio di tosse pari a 2,04 volte, un aumento del rischio di una maggiore  produzione di espettorato di 3,84 volte e un aumento del 55% del rischio di dispnea. Analisi simili da studi cross-sectional hanno evidenziato che l’uso di marijuana è associato a un aumento del rischio di tosse di 4,37 volte, un aumento del rischio di espettorato di 3,4 volte e un 56% aumento del rischio di dispnea. La ricerca è stata pubblicata su ‘Annals of Internal Medicine’

Ace-Inibitori e Sartani: tempo del sorpasso?

(da Cardiolink)  Gli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE-inibitori) sarebbero prossimi a cedere il passo alla categoria farmacologica dei bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB), o sartani, dotati della medesima efficacia clinica e favoriti da una minore incidenza di effetti avversi. È quanto emerge da una recente revisione di letteratura, appena pubblicata su Journal of the American College of Cardiology. Gli Autori hanno revisionato dati provenienti da 119 trials clinici randomizzati, per un totale di oltre 500000 individui trattati con ACE-inibitori o sartani. I risultati dell’analisi indicano che non vi sono differenze in termini di efficacia clinica tra le due categorie farmacologiche, con particolare riferimento all’endpoint surrogato di controllo pressorio e all’incidenza di outcomes cardiovascolari, quali mortalità cardiovascolare o per tutte le cause, infarto del miocardio, scompenso cardiaco, stroke e malattia renale terminale. Di converso, l’incidenza di effetti avversi, principalmente rappresentati dalla tosse, molto più raramente da angioedema finanche fatale, era sbilanciata a discapito degli ACE-inibitori, maggiormente negli individui di colore e negli Asiatici. Sulla scorta di queste osservazioni, gli Autori concludono per l’assenza di solide ragioni per preferire ancora l’uso degli ACE-inibitori a quello degli ARBs. Considerazioni economiche potrebbero essere sollevate rispetto al costo più contenuto degli ACE-inibitori rispetto ai sartani, che, se di poco conto nell’opulento Occidente, potrebbero fare la differenza nei Paesi in via di sviluppo. Di contro, l’aumento del ricorso alla Sanità in caso di effetti avversi potrebbe vanificare il risparmio così ottenuto. Nell’ottica della salvaguardia della Salute dell’individuo, l’opportunità di applicare l’una o l’altra strategia terapeutica dovrebbe tener sì conto di fattori socio-demografici ed economici, ma, al contempo, verificare che ciascuna assicuri un adeguato beneficio pressorio, che è quanto fa la differenza rispetto all’incidenza di eventi cardiovascolari nel lungo temine.  (Messerli FH, et al – J Am Coll Cardiol. 2018 Apr3;71(13):1474-1482. doi: 10.1016/j.jacc.2018.01.058.)

Pronto soccorso, presto in tutta Italia il triage a cinque fasce di priorità

(da Doctor33)   Non solo Lazio e Veneto, di cui si è parlato in questi giorni: tutte le Regioni italiane si stanno attrezzando per l’aggiornamento del triage nei pronto soccorso degli ospedali, con il passaggio a un sistema a cinque strati rispetto ai quattro attualmente utilizzati. «Su questo tema c’è una commissione nazionale che sta lavorando già da tre o quattro anni – spiega Gian Alfonso Cibinel, consigliere della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), di cui è stato presidente – ed è in chiusura alla Conferenza Sato-Regioni un protocollo definitivo che sarà poi trasmesso a tutte le Regioni». Insomma, si sta solo aspettando l’indicazione ufficiale da parte del ministero della Salute per una trasformazione che riguarderà tutto il territorio nazionale. «Il sistema di triage – ricorda Cibinel – serve per assegnare una priorità ai pazienti che si recano in pronto soccorso, ma con l’attuale classificazione a quattro colori si è visto che la grande maggioranza dei pazienti finisce all’interno di una classe intermedia, quella dei codici verdi, che riguarda fino al 70% dei pazienti; è invece molto importante discriminare meglio all’interno della classe più numerosa».
È prevista un’ulteriore innovazione: «Oltre a stabilire la priorità, il sistema a cinque codici definisce anche il potenziale assorbimento di risorse e l’impegno assistenziale richiesto dai pazienti; alcuni di loro possono essere priorità bassa ma aver bisogno di un’attenzione e una presa in carico particolare, come gli anziani, i disabili e, in generale, i pazienti più fragili; è un altro criterio importante che migliora la qualità del sistema». Secondo Cibinel non ci sarà bisogno di una sperimentazione particolare, intanto perché «il sistema a cinque strati è già adottato con successo nella maggior parte dei Paesi sviluppati e poi perché molti ospedali italiani adottano questo sistema da anni, distinguendo due popolazioni diverse all’interno della fascia dei codici verdi». In realtà, la nuova classificazione prevede di identificare gli strati di priorità con cifre, dall’1 al 5, «ma i codici colore non spariranno improvvisamente e continueranno a essere utilizzati, affiancati ai codici numerici, per favorire il passaggio da un sistema all’altro».

Malati di (troppi) farmaci. Negli ultimi 20 anni moltiplicate le prescrizioni per molte patologie: dal diabete alle displipidemie

(da Quotidiano Sanità)   E’ un articolo volutamente provocatorio, a cominciare dal titolo – ‘La medicalizzazione di massa è una catastrofe iatrogena’ – ma anche ricco di spunti di riflessione. Per medici e pazienti. A firmarlo è James Le Fanu, un medico di famiglia inglese in pensione che, dalle pagine del ‘British Medical Journal‘, punta il dito sull’epidemia silenziosa di effetti indesiderati provocata dall’eccesso di medicalizzazione, a fronte di benefici spesso assenti nella maggior parte dei ‘consumatori seriali’ di farmaci.

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Le creme solari forse causano carenza vitamina D

(da AGI)   Le creme ad elevata protezione solare rappresentano uno scudo importantissimo contro i tumori della pelle. Ma cominciano ad accumularsi prove di un loro effetto indesiderato: impedirebbero la corretta produzione di vitamina D da parte dell’organismo. A discutere della questione sono stati gli esperti riuniti in occasione del congresso della Societa’ Italiana di Medicina Estetica (SIME) che ha chiuso i battenti a Roma il mese scorso. “Cominciano ad accumularsi evidenze scientifiche che suggeriscono una possibile correlazione tra uso di creme con filtri solari ad elevata protezione (SPF 50+) e carenza di vitamina D”, ha detto il presidente della SIME Emanuele Bartoletti ad un simposio su questo argomento. “Ma rimane ancora controverso il ruolo dei filtri solari nell’influenzare i livelli di vitamina D”, ha aggiunto. “Sembra un paradosso ma l’Italia, Paese baciato dal sole, e’ anche uno di quelli con la maggior prevalenza di carenza di vitamina D in Europa”, ha sottolineato Domenico Centofanti, vicepresidente SIME. “Esporsi al sole almeno per 20 minuti a giorni alterni aiuta a ‘ricaricare’ l’organismo di vitamina D; tenendo pero’ presente che la pelle delle mani o del viso e’ meno ‘efficiente’ di quella del tronco nel produrre vitamina D”, ha aggiunto. Ma i medici consigliano giustamente di non esporsi al sole senza aver prima applicato sulla pelle una crema con filtro solare. “Di recente – ha ricordato Centofanti – e’ stato pubblicato un documento sull’effetto dei filtri solari sulla vitamina D. Scopo di questo studio era quello di valutare l’effetto di una protezione solare SPF50+ sulla produzione di vitamina D cutanea e sui livelli circolanti di 25(OH)D3 (la vitamina D trasformata in forma attiva dal fegato) in base alle diverse aree superficiali del corpo (BSA, body surface area)

Corte dei Conti: per i certificati medici facili responsabile è l’Mmg

(da DottNet)   Il medico di base che certifichi lo stato di malattia senza effettuare scrupolose verifiche può concorrere al danno erariale anche se vittima di raggiro da parte del dipendente, che mente deliberatamente su sintomi e condizioni di salute. Lo ha stabilito la Corte dei Conti Umbria sez. giurisd., con la sentenza n. 47 del 20 dicembre 2017, ampliando così i profili di responsabilità per gli Mmg.   La vicenda trae origine da un procedimento, prima disciplinare e poi penale, avviato contro un dipendente pubblico che svolgeva le sue mansioni presso la Direzione Territoriale del lavoro dell’Umbria. Nello specifico, il soggetto aveva prodotto false attestazioni di malattia redatte da lui con firma e timbro di sanitari ignari, nonché certificati prodotti effettivamente da un medico che ne aveva invece confermato la provenienza. La Procura regionale si è rivolta alla Corte dei Conti competente per ottenere la condanna per danno erariale non soltanto nei confronti del dipendente pubblico, ma persino del sanitario che aveva emesso le relative certificazioni.   Il medico in sede di giudizio si è difeso sostenendo di non essere stato coinvolto nel procedimento penale e di aver scrupolosamente verificato le condizioni fisiche del paziente. Ma, sulla base degli atti del procedimento penale acquisiti, la Corte dei Conti ha stabilito come emergesse un quadro diverso: in particolare, il paziente aveva palesato, in alcune intercettazioni telefoniche, la volontà di dichiarare al medico stati patologici inesistenti, certo che avrebbe emesso le relative certificazioni.  La Corte dei Conti ha quindi giudicato il medico corresponsa­bile dell’attuazione del disegno criminoso del lavoratore, seppur non dolosa­mente ma soltanto colposamente, condannandolo in via sussidiaria al risarcimento del danno patrimoniale all’Erario, pari alla metà dello stipendio indebitamente percepito dal lavoratore nel periodo coperto dalle sue certificazioni.

 

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