Accesso a fondi Ue, Enpam avvisa: proposte telefoniche truffaldine agli iscritti

(da Doctor33)  Una dozzina di Sos. Tanti ne hanno ricevuti gli uffici dell’Enpam da medici e dentisti destinatari di telefonate di sedicenti società di servizi che si presentano come consulenti in finanziamenti europei e chiamano in causa la Fondazione, a supporto delle loro proposte di mediare tra medico e programmi UE per ottenere rimborsi su eventuali ingenti spese sostenute negli anni passati. Tra l’acquisto di equipaggiamento e la ristrutturazione dello studio, vari motivi possono spingere il medico a una risposta purtroppo affermativa. In un caso al professionista è stato chiesto di acquistare un software per interloquire con Bruxelles alla ricerca dei finanziamenti per l’investimento fatto. L’Enpam ne riferisce sul sito: «Questi soggetti sostengono che Bruxelles ha messo loro a disposizione dei fondi ingenti finanziati anche al 100 per cento, e che basta solo fare domanda per ottenerli. In realtà sono truffatori e dopo aver ricevuto l’importo richiesto quasi sempre si rendono introvabili. Inoltre non hanno nulla a che fare con strutture istituzionali che garantiscono serietà e correttezza. È opportuno non sborsare le cifre richieste, anche se modeste, e segnalare l’accaduto ai Centri Europe Direct presenti sul territorio o agli Uffici della Rappresentanza della Commissione europea».
«È importantissimo sapere che i Fondi UE non coprono in nessun caso retroattivamente le spese sostenute da un professionista», aggiunge l’Ufficio stampa della Fondazione. «Per capire se la spesa che si intende effettuare rientri tra i progetti finanziabili ci si deve rivolgere a un consulente di fiducia o ad un ufficio che offra una analisi di progetto o ancora ad uno sportello regionale che fornisca dati sui fondi UE gestiti. Se servono informazioni sui bandi, il sito Enpam offre un’area riservata dove registrarsi e da cui (https://www.enpam.it/servizi/login) accedere a pubblicazioni statistiche». Se invece si cerca un consulente di fiducia, l’Associazione degli enti previdenziali privati Adepp guidata dal presidente Enpam Alberto Oliveti ha stretto una convenzione con Coopération Bancaire pour l’Europe (http://www.cbe.be/home), società con sede a Bruxelles che agli iscritti Enpam offre sconti dal 20 al 45% sul proprio operato e che con CheckUp Europa offre un quadro ampio delle opportunità di finanziamento per i progetti dei singoli. Al link https://www.enpam.it/wp-content/uploads/Bandi-europei-per-i-professionisti-dicembre-2017.pdf aggiornati allo scorso dicembre ci sono inoltre tutti i progetti varati con i fondi Ue per regione. Le regioni sono tra chi più spesso dispone dei fondi per proprie iniziative e a loro o a sportelli nazionali, a seconda del programma, vanno indirizzate le domande: non da persone fisiche ma da enti pubblici, associazioni, sindacati, ordini, onlus e imprese italiane o straniere con sedi locali. Fanno capo alle regioni le risorse provenienti da Fondo sociale Europeo e Fondo Europeo di Sviluppo Regionale che scommettono sull’occupazione rispettivamente per categorie specifiche da formare (FSE) e nel mondo delle infrastrutture e della produzione (FESR). In evidenza questo mese le iniziative di tre regioni. La Campania ha messo a bando 100 milioni per la lotta al cancro con tre avvisi, il 353 (40 milioni) per progetti di partenariati o reti di imprese di potenziamento delle infrastrutture di ricerca; il 354 (20 milioni) per trasferimento tecnologico e avviamento di imprese innovative ad alto potenziale; il 355 (40 milioni) per realizzare piattaforme tecnologiche di ricerca collaborativa. Tra le proposte fin qui arrivate, telemedicina, teleassistenza, epidemiologia, piattaforme, imaging. La Sardegna invece ha stanziato 25 mila euro per l’avvio di nuove attività, domande entro il 30 giugno da formulare da parte di iscritti ad ordini od associazioni professionali; la Puglia ha pubblicato il 5° avviso Nidi – Nuove Iniziative d’impresa, per l’autoimpiego e la nascita di start up. Accanto ai programmi finanziati da FESR e FSE si propongono programmi UE dedicati, come Erasmus per la formazione, e alcuni di essi riguardano da vicino la professione medica, da Horizon 2020 di ricerca e collaborazione pubblico-privato (100 mila euro alle cinquanta migliori idee progettuali), a Life per la protezione dell’ambiente, da Cosme e Interreg per le piccole e medie imprese, a Easi che passa per gli ordini professionali ed è rivolto a promuovere occupazione e migliori condizioni di lavoro.

Farmacovigilanza, ecco la watchlist Fda. Numerosi antibiotici e antidepressivi nella lista

(da Doctor33)   Sono ben 11 gli antibiotici e 9 gli antidepressivi elencati nell’ultima lista di controllo (watchlist) trimestrale della Food and Drug Administration (Fda). Per questi farmaci l’ente regolatorio statunitense ha rilevato segni di potenziale rischio, rispettivamente, di coma ipoglicemico e reazione farmacologica con eosinofilia e sintomi sistemici (Dress). La watch list, aggiornata al 12 gennaio sul sito web della Fda, viene creata dal sistema di segnalazione di eventi avversi (Faers) dello stesso ente e, nel complesso, comprende 15 tra farmaci o classi di farmaci per i quali sono disponibili nuove informazioni relative a sicurezza o possibili segnali di rischio grave. Va precisato che il collocamento in questo elenco non significa che l’ente abbia riscontrato che un farmaco è associato al rischio segnalato ma soltanto che è stato identificato un potenziale problema di sicurezza. Se un’ulteriore revisione dovesse concludere che il farmaco è effettivamente associato al rischio o causa un problema, la Fda ha molte opzioni per ulteriori azioni, come richiedere modifiche all’etichettatura, limitare l’uso del farmaco o, in rari casi, ritirare un prodotto dal mercato.
L’elenco attuale, che risale al terzo trimestre del 2017 (luglio-settembre), comprende due farmaci il cui rischio potenziale ha comportato modifiche alle etichette. Il primo è ibrutinib (indicato nel trattamento di leucemia linfatica cronica, linfoma mantellare e macroglobulinemia di Waldenström) inserito nella lista a causa di segnalazioni di potenziale rischio di aritmia ventricolare: la sezione “Avvertenze e precauzioni” del foglietto illustrativo è stata per l’appunto aggiornata per includere tale possibile evento avverso. Il secondo è selexipag (per il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare), farmaco approvato dall’Ente europeo dei medicinali [Ema] e sottoposto di recente a una revisione di sicurezza, ma non ancora registrato dall’Agenzia italiana del farmaco [Aifa]); in questo caso la Fda ha aggiornato la sezione “Reazioni avverse: postmarketing” del foglietto illustrativo per includere l’ipotensione.
Per tutti gli altri farmaci elencati, tranne uno – e precisamente rivaroxaban, anticoagulante orale ad azione diretta inibitoria sul fattore Xa, di cui si segnala il potenziale rischio di danno epatico ma per il quale l’ente ha stabilito che al momento non è necessario intervenire – la Fda sta valutando se sia necessaria un’azione normativa. Tra questi ultimi si trovano, come accennato, 11 specialità antibiotiche, ossia 5 principi attivi alcuni dei quali in diverse formulazioni (moxifloxacina ev, ciprofloxacina[sospensione orale, ev, compresse, compresse a rilascio prolungato], gemifloxacina compresse, levofloxacina [ev, soluzione per uso orale, compresse rivestite per uso orale], moxifloxacina ev) e 9 farmaci antidepressivi (amitriptilinabupropionecitalopramduloxetinaescitalopramfluoxetinaparoxetinasertralina e venlafaxina). Completano la lista i seguenti farmaci e classi di farmaci (tra parentesi, nell’ordine, l’indicazione e la segnalazione di potenziale evento avverso): tocilizumab ev e sc (anticorpo monoclonale diretto all’interleuchina 6, indicato nel trattamento dell’artrite reumatoide; pancreatite, epatotossicità); fenofibrato e acido fenofibrico, capsule e compresse (ipocolesterolemizzante; gravi reazioni cutanee); cetirizinalevocetirizinapseudoefedrina cloridrata (antistaminici indicati per rinite allergica e orticaria cronica i primi due, nel terzo caso amina simpaticomimetica indicata in presenza di raffreddore, riniti, sinusiti, allergie; prurito alla sospensione per effetto “rebound”); pseudoefedrina (azione stimolante, favorente lo stato di veglia; pustolosi esantematica acuta generalizzata); metotressato ev e soluzione orale (antagonista della sintesi di acido folico, indicato nel trattamento di alcune neoplasie e patologie auto-immuni; interazione farmacologica con ossido d’azoto, effetto potenziante sul metabolismo deli folati, con conseguente aumento della tossicità [grave mielosoppressione, stomatite e neurotossicità]); nafcillina (antibiotico beta-lattamico; insufficienza renale acuta); acido obeticolico (per la colangite biliare primitiva; danno epatico); metotressato compresse (per il trattamento dell’artrite reumatoide; errori nella frequenza del dosaggio: somministrazione una volta al giorno invece che una volta alla settimana); eculizumab ev (indicato nell’emoglobinuria parossistica notturna; infezioni delle meningi non raggruppabili e da Neisseria [tranne N. meningitidis]); cariprazina (antipsicotico per il trattamento della schizofrenia; sindrome di Stevens-Johnson).
(Fda Watch list; July – September 2017. https://www.fda.gov/Drugs/GuidanceComplianceRegulatoryInformation/Surveillance/AdverseDrugEffects/ucm592379.htm)

Se il pronto soccorso è affollato, non è colpa del servizio di medicina di base

(da Doctor33)  L’aumento della frequentazione del pronto soccorso deriva principalmente dalle condizioni di salute a lungo termine dei pazienti e non è correlato a carenze nel servizio di medicina di base, secondo uno studio pubblicato sul British Journal of General Practice. «Le pressioni sui dipartimenti di emergenza, specialmente durante l’inverno, sono enormi: quando i reparti sono molto occupati, con lunghe attese e difficoltà a trovare posti letto per le persone che necessitano il ricovero, è facile cercare capri espiatori e suggerire che i servizi di medicina di base malfunzionanti siano la causa della crisi» esordisce Sally Hull, della Queen Mary University di Londra, prima autrice dello studio.  I ricercatori però, valutando oltre 800.000 pazienti residenti nella zona est di Londra, hanno dimostrato che non è così. Per la prima volta nel Regno Unito, lo studio ha analizzato i dati resi anonimi dai singoli pazienti collegando i registri del medico di base e del pronto soccorso per ottenere un quadro più preciso delle presenze su un periodo di due anni. Avere più patologie a lungo termine è stato il più forte predittore della frequentazione del pronto soccorso, aggravato da condizioni di svantaggio sociale. I ricercatori hanno riscontrato un aumento di sei volte dei tassi di frequentazione del pronto soccorso in pazienti con quattro o più patologie a lungo termine, rispetto a quelli senza tali condizioni. Le persone residenti nelle aree più svantaggiate con quattro o più patologie a lungo termine, e che erano anche fumatori, avevano quasi il triplo del tasso di frequentazione di pronto soccorso rispetto alla stessa tipologia di persona residente nelle aree meno svantaggiate. I risultati hanno inoltre mostrato che i pazienti che più spesso si recavano al pronto soccorso erano anche quelli che con maggiore frequenza si presentavano nell’ambulatorio del medico di base. Questo suggerisce che l’aumento di anno in anno delle presenze in pronto soccorso non può essere spiegato da un problematico accesso alle cure primarie, ma prevalentemente dalla presenza di patologie a lungo termine, sia mentali che fisiche, oltre che dall’invecchiamento della popolazione, con l’aggravante dello svantaggio socio-economico. Gli autori avvertono che, poiché lo studio è stato condotto nella zona est di Londra, non è rappresentativo del paese nel suo insieme, ma che i risultati possono essere rilevanti per altre aree urbane con livelli simili di deprivazione materiale e presenza di minoranze etniche.
(British Journal of General Practice 2018. Doi: 10.3399/bjgp18X694397 http://bjgp.org/content/early/2018/01/15/bjgp18X694397 )

Corte di giustizia UE, gli stipendi degli specializzandi vanno adeguati

(da DottNet)  I medici specializzandi vanno adeguatamente remunerati e l’Italia non lo ha ancora fatto: lo afferma la Corte di Giustizia Ue, con le sentenze riunite sulle cause C-616/16 e C-617/16, come riporta il Sole24ore. La vicenda ha preso le mosse dalla direttiva n. 82/76/Cee, che aveva introdotto il principio per cui entro il 31 dicembre 1982 gli stati dovevano quantificare, con legge nazionale, l’entità della remunerazione.

L’Italia ha provveduto con quasi nove anni di ritardo all’attuazione della direttiva (Dlgs 257/91), con effetti a partire dall’anno accademico 1991/1992. Ma Tra il 2001 e il 2003 alcuni medici si sono rivolti al Tribunale di Palermo chiedendo la condanna dell’Università degli Studi di Palermo e dello Stato italiano al pagamento di una remunerazione appropriata per i corsi di specializzazione da loro seguiti tra il 1982 e il 1990 o quantomeno al risarcimento dei danni per la mancata trasposizione della direttiva.Dopo una sconfitta in primo grado e una vittoria in Corte d’appello, la vicenda era approdata in Cassazione, che si è rivolta, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia chiedendo di interpretare la direttiva.

In particolare, la Cassazione aveva chiesto:

1) se la direttiva sia applicabile ai corsi di specializzazione, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati prima del 31 dicembre 1982 (come detto, termine fissato agli Stati membri per conformarsi alla direttiva) e completati dopo tale data, sino al 1990 (anno precedente l’attuazione in Italia della direttiva). In caso di risposta affermativa al suddetto quesito:

2) se l’obbligo di remunerazione adeguata per i medici specializzandi sorga immediatamente per effetto della direttiva oppure solo per effetto della trasposizione della stessa nell’ordinamento nazionale;

3) se l’obbligo di remunerazione adeguata valga, per i corsi di specializzazione svoltisi “a cavallo” del 31 dicembre 1982, anche per la parte di corso anteriore a tale data. Con la sentenza odierna, la Corte afferma, innanzitutto, che la direttiva si applica a tutti i corsi di formazione specialistica, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati a partire dal 1982 (anno di emanazione della direttiva).

Tali formazioni specialistiche, quindi, devono essere adeguatamente remunerate (si vedrà oltre a partire da quando, nell’ambito di un singolo corso), a condizione che si tratti di una specialità comune a tutti gli Stati membri oppure comune a due o più Stati membri e menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio.

In secondo luogo, la Corte stabilisce che l’obbligo di remunerazione sorge immediatamentecon la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale. In effetti, l’obbligo di remunerazione previsto dalla direttiva è, in quanto tale, incondizionato e sufficientemente preciso. Quindi, se, come è accaduto in Italia, mancano le norme interne di trasposizione, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi va effettuata dal giudice mediante l’interpretazione di altre norme del diritto nazionale.

Se ciò non è possibile (e sarà il giudice nazionale a stabilirlo), si legge sul quotidiano economico, allora il mancato recepimento della direttiva deve essere considerato come un inadempimento dello Stato che comporta a suo carico l’obbligo di risarcire i singoli soggetti danneggiati. A tal riguardo, il risarcimento dovrebbe essere quantomeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva, fatta salva la possibilità per i medici interessati di provare danni ulteriori per non avere potuto beneficiare della remunerazione nei giusti tempi. In terzo luogo, la Corte dichiara che, per i medici che abbiano seguìto, a tempo pieno o a tempo ridotto, dei corsi di specializzazione “a cavallo” del 31 dicembre 1982, il diritto alla retribuzione sorge solo a partire dal giorno successivo a tale data (quindi a partire dal 1° gennaio 1983). La stessa direttiva, infatti, ha previsto che, sino al 31 dicembre 1982, gli Stati membri avessero il tempo di adeguarvisi.

Studi di settore, ancora un anno poi gli Indicatori Sintetici di Affidabilità. Ecco cosa sono

(da Odontoiatria33)   L’annuncio era stato chiaro, dal 2018 via gli studi di settore ed avanti con gli Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA), ma la legge di Stabilità ha dato ancora un anno di vita ai tanto discussi Studi di settore, posticipando la riforma al 2019.  Per capire comunque come saranno, o potrebbe essere questo nuovo strumento che comunque ha sempre lo scopo di valutare la “fedeltà” fiscale tra redditi dichiarati e reddito presunto dei contribuenti italiani, abbiamo chiesto aiuto al dott. Umberto Terzuolo dello Studio Terzuolo & Brunero Associati di Torino -consulenti fiscali AIO- che ricorda come, comunque, “lo studio di settore risulti oggi uno strumento obsoleto che deve essere ripensato”.

Dott. Terzuolo che cosa sono gli Indicatori Sintetici di Affidabilità?

Gli ISA nascono essenzialmente per favorire l’adempimento spontaneo dei contribuenti alle pretese del Fisco. Lo scopo è quindi cercare di far emergere in modo “volontario” redditi non dichiarati facendo leva di fatto sulla coscienza dei contribuenti. Questi indici verranno poi anche utilizzati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza per definire le specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione, dove sicuramente verrà tenuto in considerazione il livello di affidabilità fiscale di ciascun contribuente. Tale livello sarà ottenuto dalla combinazione di indicatori (suddivisi in “indicatori elementari” e “indicatori di anomalia” creati sulla base di una metodologia statistica-economica a detta del Fisco innovativa) e di altre informazioni presenti nell’anagrafe tributaria. L’effetto degli ISA sarà quello di “scovare” i contribuenti giudicati meno virtuosi che saranno probabilmente più oggetto di attività di monitoraggio e controllo da parte del Fisco. Lo strumento comunque non dovrebbe avere quella valenza di meccanismo di accertamento automatico, come, pur erroneamente, è accaduto nel corso degli anni per gli studi di settore. Come detto gli ISA dovrebbero rappresentare una pagella fiscale del contribuente nell’ottica di migliorare il rapporto con l’Amministrazione finanziaria, introducendo anche vari livelli di regimi premiali.

Ma come funzioneranno?

Chiarendo che siamo ancora in una fase di work in progress, sembra che con i nuovi modelli non ci sarà più una stima di ricavi o compensi con riferimento ad un solo anno ma l’analisi sarà più completa, andando ad abbracciare un arco temporale di circa otto anni in modo da poter permettere all’Amministrazione finanziaria di valutare la performance del contribuente anche in virtù dell’andamento del ciclo economico del suo settore di appartenenza.
Come detto, gli ISA risulteranno essere la combinazione di due tipologie di indici.

I primi, i cosiddetti “indici elementari”, dovrebbero analizzare essenzialmente la struttura economica dell’attività dell’odontoiatra, ragionando, oltre che sui ricavi anche ad esempio sul valore aggiunto per addetto e sul suo reddito (ricavi meno costi), sulla coerenza della gestione professionale e sulla affidabilità dei dati dichiarati. Questa valutazione dovrebbe poi essere combinata con i risultati di eventuali verifiche fiscali e accessi brevi dell’Amministrazione finanziaria, con le informazioni presenti in anagrafe tributaria, presso le Agenzie fiscali, presso l’osservatorio del mercato immobiliare, presso l’Inps, presso il registro automobilistico, il tutto per ottenere quindi un “voto di condotta” il più completo possibile.

I secondi indici che comporranno la pagella, saranno i cosiddetti “indici elementari di anomalia” che andranno ad evidenziare situazioni di incongruenza o discordanza dal punto di vista contabile e gestionale, eventualmente rafforzati da informazioni presenti su banche dati dell’Amministrazione finanziaria.

La media di questi due indicatori determinerà il voto finale che andrà da 1 a 10. La valutazione, in un’ottica di trasparenza e scambio di informazioni tra il contribuente e Fisco, sarà resa disponibile per i contribuenti attraverso un report che, da quello che emerge, dovrebbe essere particolarmente articolato e dettagliato.

Ed una volta ottenuto il voto, cosa succede?

L’analisi che scaturirà dagli ISA è di fatto una fotografia della propria attività. I contribuenti con un voto alto dovrebbero poter godere di significative agevolazioni tributarie che verrebbero modulate in virtù della valutazione. Ad oggi però siamo in attesa dei provvedimenti legislativi che definiscano il perimetro di questi benefici.
Ulteriore notizia positiva consiste nell’aggiornamento dei vari indicatori che dovrebbe avvenire ogni due anni dalla loro prima pubblicazione: lo strumento quindi dovrebbe (il condizionale è d’obbligo!) essere più aggiornato e fotografare meglio la situazione dei contribuenti in virtù delle mutate condizioni di mercato.
Ci saranno poi tutta una serie di “esclusioni” per gli indicatori di compliance.

I contribuenti con punteggi non elevati potranno adeguarsi?

Dalle informazioni ad oggi pervenute sembrerebbe poi possibile procedere con l’adeguamento volontario, dichiarando, ai fini delle imposte, redditi maggiori rispetto a quelli determinati con le scritture contabili, con la finalità di prendere un “bel voto” e quindi, teoricamente, stare più tranquilli. L’adeguamento poi, esattamente come accade oggi con gli studi di settore, non dovrebbe comportare sanzioni né interessi.

I “primi della classe” potranno godere di benefici. Ovvero?

Il regime premiale dovrebbe essere ipoteticamente più ampio rispetto a quello degli studi di settore. Dalle prime simulazioni effettuate sembrerebbe infatti che per effetto della valutazione estesa anche sugli anni passati, la platea dei soggetti che dovrebbe fruire di questi incentivi dovrebbe essere maggiore anche se non tutti potrebbero avere gli stessi vantaggi, come accade oggi invece con gli studi di settore.

In relazione alle diverse votazioni, ottenute anche attraverso l’adeguamento spontaneo, dovrebbero essere riconosciuti i seguenti benefici:

  • Maggiore libertà e minori vincoli per la compensazione di crediti di imposta inferiori a 20.000 € annui (problema che riguarda raramente gli odontoiatri);
  • Esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici, anche detti accertamenti analitico-induttivi (non analitici per intenderci);
  • Riduzione di almeno un anno dei periodi in cui l’odontoiatra può essere oggetto di controlli fiscali;
  • Esclusione da controlli fiscali basati sul “redditometro”, strumento che negli ultimi anni è stato poco utilizzato e che dovrebbe determinare il reddito da dichiarare in base al tenore di vita del contribuente, a condizione che il reddito dichiarato non sia inferiore per più di un terzo di quello determinato con il “redditometro”.

E per i cattivi?

In caso di omessa compilazione degli indicatori di affidabilità fiscale o di comunicazioni inesatte o incomplete, si applicherà una sanzione amministrativa che dovrebbe oscillare tra i 250 € e i 2000€. In base all’attuale impostazione della norma sembrerebbe comunque necessaria, prima dell’irrogazione delle sanzioni, una comunicazione da parte dell’Agenzia delle entrate al contribuente invitandolo a eseguire la comunicazione dei dati o a correggere spontaneamente gli errori commessi. Nel caso in cui il contribuente continui con la sua condotta negativa, previo contraddittorio obbligatorio, l’Agenzia delle entrate potrà procedere con l’accertamento fiscale.

Consulta, la legge sull’obbligo dei vaccini è fondata

(da DottNet)  La decisione del governo di introdurre l’obbligo per dieci vaccini ‘non è irragionevole’, con buona pace di chi, come i movimenti no vax e la Regione Veneto si è scagliato contro il provvedimento. Anche le motivazioni della sentenza della Consulta che ha bocciato il ricorso veneto contro la legge danno ragione alla linea del ministro Lorenzin, anche se la stessa Corte Costituzionale ricorda che in determinate condizioni l’obbligo potrà essere tolto. Non è “irragionevole”, nell’attuale contesto e allo stato “delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche”, l’intervento del legislatore che “ha ritenuto di dover rafforzare la cogenza degli strumenti della profilassi vaccinale”, scrive infatti la Consulta. Ma “nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata”.   Secondo la Corte “la scelta del legislatore statale – si legge nella sentenza depositata oggi – non può essere censurata sul piano della ragionevolezza per aver indebitamente e sproporzionatamente sacrificato la libera autodeterminazione individuale in vista della tutela degli altri beni costituzionali coinvolti”.    I giudici nel documento hanno sottolineato che nella “pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici”, perché “in ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo”. Inoltre viene apprezzato lo “spazio per un rapporto con i cittadini basato sull’informazione, sul confronto e sulla persuasione”, visto che prima di arrivare alle sanzioni la legge prevede colloqui con i genitori.    Le motivazioni arrivano in un periodo ‘caldo’ per la legge, divenuta subito oggetto di scontro in campagna elettorale, con Lega e M5S pronti ad abrogarla. “Le motivazioni della Consulta – scrive Lorenzin su Facebook – rappresentano per questo una risposta chiara e concreta alle farneticanti affermazioni di alcuni schieramenti politici, come M5S e Lega, che oggi, per racimolare qualche in voto in più, giocano con la salute degli italiani”.    Secondo i primi dati la legge sull’obbligo sta effettivamente facendo salire le coperture, anche se gli esperti segnalano situazioni difficili in molti centri vaccinali. A causarle soprattutto la scadenza del 10 marzo, oltre la quale i bambini non on regola non potranno essere ammessi a scuola.

Invio fatture 730 precompilato, si avvicina la scadenza per i medici. Ecco obblighi e sanzioni

(da  Doctor33)  Anche quest’anno entro il 31 gennaio i medici per la parte di libera professione svolta e i dentisti devono trasmettere al Sistema Tessera Sanitaria la comunicazione con i dati di tutte le prestazioni pagate dai pazienti, o rimborsate nel 2017, perché l’Agenzia delle Entrate li usi per la precompilazione dei modelli 730 online completi di spese detraibili. Lo ricorda l’Agenzia che nei giorni scorsi ha divulgato una nota informativa ricordando obblighi e scadenze. I liberi professionisti possono spedire i dati usando l’area riservata del STS o il servizio legato al proprio gestionale, i servizi di associazioni e sindacati, o rivolgendosi al commercialista. In caso di omessa, tardiva o errata trasmissione la sanzione è pari a euro 100 per ogni comunicazione, fino a euro 50 mila; in caso di errata comunicazione, niente sanzioni se si rimedia nei 5 giorni successivi alla scadenza, o nei 5 successivi ad eventuale segnalazione dell’Agenzia delle Entrate. Se la trasmissione corretta avviene entro 60 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un terzo entro un massimo di euro 20 mila. Un seminario a Milano organizzato dalla Consulta formata da Associazione Giovani farmacisti – Agifar Giovani psicologi Giovani Commercialisti, Associazione Italiana giovani medici – Sigm ha fatto il punto sulle novità in tema di controlli fiscali su deduzioni e detrazioni al 19% dalla dichiarazione dei redditi. Le relazioni dei commercialisti Emanuele Serina e Stefania Serina del Foro milanese, hanno messo tra l’altro in luce tre elementi:

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Prescrizioni poco chiare, FNOMCeO: evitare abbreviazioni e scrivere al Pc

(da  Doctor33)  Evitare l’uso di abbreviazioni e le sigle che i cittadini possono non comprendere, scrivere sempre al computer e fare attenzione alla effettiva comprensione della prescrizione da parte del paziente. Sono queste le raccomandazioni che il vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli Odontoiatri (Fnomceo), Maurizio Scassola, rivolge ai medici per ovviare al diffuso problema delle ricette del medico ospedaliero spesso poco comprensibili. Un problema di comprensibilità che si riscontra, il più delle volte, anche nei referti di analisi strumentali, come documenta Adnkronos, mentre prescrizioni chiare e comprensibili sono «un diritto dei pazienti, ma anche una tutela per i medici Prescrittori».  

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Grazie alle radiografie della bocca si può accertare l’eventuale carenza di vitamina D

(da Dental Tribune International)  I denti umani contengono informazioni vitali riguardo alla carenza di vitamina D. Gli antropologi canadesi hanno scoperto che tale condizione, grave ma spesso celata, può essere rivelata da una semplice radiografia dentale. L’identificazione degli individui affetti può aiutare per capire in un futuro i fattori che compromisero la salute dei nostri antenati.  I ricercatori della McMaster University Megan Brickley, Lori D’Ortenzio e loro colleghi hanno scoperto in un primo momento che i denti umani trattengono tracce dettagliate e permanenti di grave carenza di vitamina D, grazie a malformazioni microscopiche della dentina, il che può rivelarsi estremamente utile per capire esattamente quando i progenitori, anche di secoli fa, furono esposti a scarsa luce solare, condizione necessaria per la produzione di vitamina D nell’organismo. 

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