Il probiotico che frena le allergie

(da Doctor33)   Si stanno scoprendo molte nuove azioni dei probiotici (che molti ancora chiamano “fermenti lattici”) perché sta cambiando il modo in cui si pensano. Non più come “ricolonizzatori” dell’intestino ma come veri e propri segnali inviati all’organismo, per trattare allergie e dermatiti, aiutare il controllo del sovrappeso, intervenire sull’umore e addirittura regolare alcune azioni ormonali. I probiotici si devono oggi chiamare con nome e cognome, definiti dalla selezione di singoli ceppi batterici. Tutto inizia dal 2008 con il lavoro di O’Mahony (1) che ha confermato la specificità del microbioma per ottenere gli effetti cercati, che non sono legati a un mix generico di batteri ma alla presenza di alcuni specifici ceppi e negli ultimi anni è infatti cresciuta la ricerca dei più adatti a ottenere delle azioni ben determinate.  Curare un raffreddore da fieno o una dermatite allergica affiancando a una dieta corretta un probiotico specifico, è una possibilità che è stata proposta e precisata con un lavoro randomizzato e controllato in doppio cieco da Costa (2) che ha definito con certezza che il Lactobacillus paracasei può trattare efficacemente in adulti e bambini la rinite allergica attraverso la somministrazione per almeno 2 mesi del prodotto.

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“Le banche dati” Incontro di aggiornamento per medici ed odontoiatri Sabato 8 aprile 2017

Caro Collega,

quest’Ordine organizza in collaborazione con la EBSCO Information Services di Boston un importante incontro di aggiornamento per medici ed odontoiatri  Sabato 8 aprile 2017 ore 08.30 – 13.30 c/o Sala Conferenze Ordine dei Medici, Viale Italia, 153 – scala C – 1° piano – Forlì, avente per titolo:

Le banche dati ed i sistemi di supporto decisionali Evidence Based disponibili nella Biblioteca Medica Virtuale sul portale FNOMCeO:

guida all’utilizzo per la formazione continua, l’aggiornamento sistematico e per l’appropriatezza nella pratica clinica

La EBSCO  è uno dei principali produttori mondiali di banche dati di letteratura scientifica, per l’accesso alla biblioteca medica virtuale con la più imponente rassegna di riviste internazionali di medicina ed odontoiatria in FULL TEXT, la Cochrane Library ed il più potente sistema di supporto alla pratica clinica basato sull’evidenza (Dynamed Plus).

L’incontro darà la possibilità di acquisire conoscenze tecniche sull’utilizzo efficace delle banche dati per l’accesso alla letteratura scientifica medica primaria e secondaria, alle revisioni cliniche ed ai sistemi di supporto decisionali più autorevoli e completi a sostegno della ricerca, dell’aggiornamento sistematico e della formazione continua dei medici.

Sono stati richiesti i crediti ECM.

E’ un’occasione da non perdere e Vi invito a partecipare numerosi.

Programma

Il Presidente

Dott. Michele Gaudio

MMG e prescrizioni ancora limitate dai nuovi Lea

(da M.D.Digital)    “Le cose vanno descritte per quello che sono e non farcite di significati che non hanno: il cosiddetto Decreto Lorenzin sull’appropriatezza prescrittiva non è mai stato cancellato o sospeso, e questo provvedimento sui nuovi Lea ne è la dimostrazione. Si tratta, ancora una volta, dell’affermazione di una logica di limitazione dell’operato dei medici e si aggiunge un ulteriore tassello alla crisi del sistema sanitario pubblico”. È questa l’opinione di Pierluigi Bartoletti, vicesegretario Fimmg, in merito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 dei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Insomma: il tanto vituperato “Decreto Lorenzin”, lesivo dell’attività clinica dei medici e della fruibilità del sistema sanitario pubblico, cacciato dalla porta pare rientrare dalla finestra. “Nessuno nega la necessità di trovare una strada per risparmiare – continua Bartoletti – ma questi provvedimenti restrittivi dell’attività medica determinano un effetto, soprattutto sui pazienti che usufruiscono per necessità dell’assistenza pubblica, che dovranno muoversi in un percorso tortuoso e a ostacoli; chi può utilizzare servizi privati, invece, non vivrà cambiamenti nella sua esperienza in termini assistenziali. È  per questo che bisognerebbe cominciare a ragionare sull’accesso alle cure”.

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OSAS: implicazioni per sicurezza e salute

(da M.D.Digital)   Non sono consapevoli della loro patologia ma al mattino si svegliano astenici, non sono riposati, durante il giorno hanno una scarsa attentività e soffrono di sonnolenza. Hanno marcati deficit di concentrazione, di attenzione, di memoria. E hanno un rischio importante di incidenti se sono alla guida di veicoli o addetti a macchinari in ambito lavorativo. Si stima che un quarto degli incidenti stradali siano causati da pazienti con apnee del sonno e negli autotrasportatori la prevalenza di OSAS è particolarmente elevata (si stima che ne soffra almeno un soggetto su dieci). Sul lavoro oltre a raddoppiare il numero di incidenti, è il principale fattore che riduce produttività ed efficienza lavorativa e che aumenta le assenze per motivi di salute e la spesa sanitaria.

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Lo studio, i medici sono i pensionati più longevi

(da Doctor33)   Ricchi, prestigiosi, eternamente giovani. Da pensionati, i medici vivono più a lungo degli altri. L’Enpam se ne sobbarca l’assistenza in media per altri 21 anni scarsi, all’incirca sei mesi in più di quanto non faccia la Cassa degli avvocati, e ben due anni in più di quanto non debba fare l’Inps con la popolazione generale. Lo afferma uno studio dell’ordine degli attuari su 15 milioni di pensionati. Lo studio dice altre cose, semplici e meno. Tra le “meno”: se si utilizzasse la popolazione pensionata al posto di quella complessiva in Italia, le curve relative all’attesa di vita ci darebbero tutti destinati ad invecchiare a lungo, con -nel 2045- maschi che arrivano mediamente fino a 88 anni e femmine che doppiano il traguardo dei 92 anni. Secondo “input”: se separiamo i pensionati che furono lavoratori pubblici da quelli che furono autonomi, l’attesa di vita dei primi è 2 anni esatti in più dei secondi, 20,3 contro 18,4. Un terzo concetto: più sale l’importo dell’assegno più cala la mortalità.

Da ricchi si vive di più, un dato scontato? «Un po’ sì, anche se non riguarda i soli medici. La ricchezza si mostra proporzionale all’attesa di vita. Non avere preoccupazioni economiche è determinante dal punto di vista psicologico e degli stili di vita assunti, più salutari. Da una parte, con un assegno mensile “cospicuo”, si acquistano servizi, anche sanità integrativa; dall’altra con le spalle coperte si guarda al futuro con uno stato d’animo più sereno, ci si organizza meglio, si programma il divertimento e persino lo sport, lo stile di vita attivo, che fa bene», dice Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria.
Ma che un medico viva di più di un avvocato, di un commercialista o di un politico è un dato “scontato”, magari visto che di salute ne sa di più…? «Credo sia una contingenza di un periodo -relativamente lungo – in cui il medico è persona soddisfatta del proprio lavoro e del proprio ruolo. Per compensi economici e psicologici, ben si inserisce nella fascia dei soggetti “candidati” a vivere più a lungo. E comunque lavora in un contesto gratificante, la sua professione è fonte di prestigio sociale».
Il camice vive vent’anni dalla pensione in poi: una misura di tempo o anche di qualità di vita? «Nella quantità di vita c’è anche qualità di vita, come ho detto. Se si riferisce alle probabilità di decadimento cognitivo, anche l’incidenza di quest’ultimo dovrebbe essere minore rispetto alla popolazione generale; in caso contrario l’attesa di vita ne risulterebbe intaccata e, quindi, inferiore».

Risposta Ufficiale dell’INPS nazionale ai nostri quesiti su certificazioni malattia

OGGETTO: riscontro a quesiti su certificazioni di malattia dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Forlì-Cesena (PEC del 21 febbraio 2017) Si fa riferimento alla vostra nota di cui all’oggetto, pervenuta per competenza  anche a questa Direzione centrale, in merito alla validità della data di decorrenza della prognosi indicata nel certificato di malattia ai fini del riconoscimento della tutela previdenziale da parte dell’Istituto.

A tal proposito, si precisa che il certificato di malattia ha validità dal giorno di redazione e l’eventuale compilazione della voce “dichiara di essere ammalato dal..” assume rilevanza solo come dato anamnestico.

Pertanto, sono confermate le indicazioni fornite con le circolari Inps n. 63 del 7 marzo 1991 (punto 1) e n. 147 del 15 luglio 1996 (punto 3).

Solo in caso di certificazione rilasciata durante una visita domiciliare, l’Istituto ammette la possibilità di riconoscere (come precisato nelle suddette circolari cui si rinvia per gli ulteriori approfondimenti) la sussistenza dello stato morboso e la relativa copertura previdenziale di malattia, anche dal giorno precedente alla data di redazione del certificato medesimo.

Nelle ipotesi, infine, di lavoratori turnisti – in merito ai quali nella nota in oggetto si chiedono specifiche informazioni – qualora l’evento di malattia si manifesti in orario successivo alla chiusura dell’ambulatorio medico, il lavoratore, ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia dell’Inps, dovrà necessariamente rivolgersi ad una Struttura pubblica di continuità assistenziale per il rilascio della certificazione attestante l’incapacità temporanea al lavoro.  Qualora ciò non fosse possibile, per motivi giustificati e da documentare adeguatamente, il lavoratore medesimo potrà farsi rilasciare la certificazione di malattia dal medico curante il giorno successivo all’inizio dell’evento.

Cordiali saluti

Maria Grazia Sampietro  (Segreteria DEL DIRETTORE GENERALE/Direzione/Abbate Stefania)

 

Commento: Diverse segnalazioni di iscritti medici di MG, conseguenti alla diffusione di notizie e circolari sulla invalidità della prognosi attribuita al giorno precedente alla redazione del certificato di malattia, avevano motivato una nostra richiesta ufficiale all’INPS nazionale.

La risposta pervenuta conferma che, ora che nella “maschera” del certificato telematico è possibile imputare se la visita è stata eseguita in ambulatorio o al domicilio del paziente, solo nel caso della visita domiciliare l’Istituto ammette la “copertura” del giorno precedente.

Le citate circolari del 1991 e 1996, infatti, si riferivano al periodo in cui la redazione era esclusivamente cartacea, e non era possibile identificare con certezza se la visita era stata domiciliare o ambulatoriale. Da questo derivava pertanto, una “tolleranza” dell’istituto sul giorno precedente alla redazione della certificazione.

A questo punto, consigliamo a tutti i colleghi una estrema attenzione in materia, e a sensibilizzare immediatamente i pazienti a questi comportamenti:

– se la prognosi di malattia termina il venerdì e il pz lavora al sabato o alla domenica, in caso di prolungamento dello stato di malattia recarsi tempestivamente in PS o alla Continuità Assistenziale per certificazione di continuazione

– se la prognosi di malattia termina il sabato, presentarsi dal medico di famiglia il lunedì immediatamente successivo per la eventuale certificazione di continuazione

– avvisare gli assistiti del rischio che possa non venire rimborsato un giorno di malattia in caso di comportamento difforme


Il Presidente                                                                                                         Il Vice Presidente

Dott. Michele Gaudio                                                                             Dott. Gian Galeazzo Pascucci

Responsabilità professionale e sicurezza delle cure. La legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Il testo e la sintesi

(da QuotidianoSanità)  Dopo la firma negli scorsi giorni da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stata pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo la legge 8 marzo 2017, n. 24 recante “Disposizioni in materia di  sicurezza  delle  cure  e  della  persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale  degli esercenti le professioni sanitarie“, approvata dal Parlamento il 28 febbraio scorso..
L’obiettivo della legge è quello di risponde principalmente a due problematiche: la mole del contenzioso medico legale, che ha causato un aumento sostanziale del costo delle assicurazioni per professionisti e strutture sanitarie, e il fenomeno della medicina difensiva che ha prodotto un uso inappropriato delle risorse destinate alla sanità pubblica. Il tutto nell’ottica della ricerca di un nuovo equilibrio nel rapporto medico-paziente che permetta, da una parte ai professionisti di svolgere il loro lavoro con maggiore serenità, grazie alla nuove norme in tema di responsabilità penale e civile, e dall’altra garantendo ai pazienti maggiore trasparenza e la possibilità di essere risarciti in tempi brevi e certi per gli eventuali danni subiti.

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Epilessia, nuova classificazione per far comunicare meglio medici, pazienti e ricercatori

(da Doctor33)    L’International League Against Epilepsy ha pubblicato sulla rivista Epilepsia un aggiornamento al suo sistema di classificazione delle epilessie. Questa classificazione è uno strumento chiave per la valutazione clinica della patologia, ma il suo impatto si estende ben oltre la quotidianità medica, fino alla ricerca clinica e allo sviluppo di nuove terapie, attraverso la chiarificazione di un quadro di riferimento per comprendere il tipo di crisi, il rischio di comorbilità e di mortalità, e viene utilizzata spesso come guida per la selezione terapie antiepilettiche. Ingrid Scheffer del Department of Medicine alla University of Melbourne, di Victoria, in Australia, ha presentato assieme ai colleghi tre livelli di intervento diagnostico. Il primo passo è la diagnosi del tipo di convulsioni, dopo di che si passa alla selezione del tipo epilessia, tra l’epilessia focale, l’epilessia generalizzata, l’epilessia combinata generalizzata e focale, e un gruppo di epilessie di cui ancora si sa poco. Il terzo livello è quello della diagnosi riguardante la sindrome epilettica specifica.
L’eziologia è suddivisa in sei sottogruppi, in base alle potenziali conseguenze terapeutiche, e se ne sottolinea l’importanza in ogni passo della diagnosi. Nel documento vengono introdotti alcuni nuovi termini, come “encefalopatia dello sviluppo ed epilettica”. Il termine “benigna” è sostituito dai termini “autolimitata” e “farmacoresponsiva”. «L’esito che desideravamo per la classificazione è una maggiore facilità di comunicazione sul tipo di convulsioni tra clinici, comunità non medica e ricercatori» concludono gli autori. In un editoriale di accompagnamento, Robert Fisher, dello Stanford Department of Neurology & Neurological Sciences a Stanford, California, e colleghi hanno preparato un “manuale di istruzioni” destinato al medico per utilizzare correttamente il nuovo sistema nella pratica clinica. Nel documento si spiega anche con l’aiuto di schemi la nuova classificazione, specificando in particolare alcuni dettagli che riguardano le cure primarie. Si sottolinea per esempio che il termine “focale” viene ora usato al posto di “parziale” nel descrivere convulsioni che insorgono in un emisfero del cervello, in contrapposizione a quelle generalizzate che originano in entrambi gli emisferi, e che le convulsioni focali sono ora ulteriormente suddivise in base alla consapevolezza di sé o dell’ambiente.
(Epilepsia. 2017. doi: 10.1111/epi.13709  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28276062
Epilepsia. 2017. doi: 10.1111/epi.13671  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28276064 )

Forti evidenze di associazione tra obesità e tumori

(da Doctor33)    Una “forte evidenza” supporta l’associazione tra obesità e 11 tipi di cancro. Lo dimostra una recente revisione ombrello della letteratura, pubblicata su BMJ. Secondo il primo autore dello studio, Maria Kyrgiou, del Dipartimento di Chirurgia e Cancro dell’Imperial College di Londra, vi potrebbero essere anche altre associazioni ma per ora vi è incertezza. L’attuale studio è definito come “revisione ombrello” o “meta-review” in quanto basata su precedenti meta-analisi e revisioni sistematiche. Per Kyrgiou e colleghi il grasso corporeo in eccesso fa incrementare la maggior parte dei tumori del sistema digerente, nonché i carcinomi mammari ed endometriali in post-menopausa. È un dato in accordo con la relazione dello scorso anno dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) che, peraltro, aveva rilevato associazioni con ulteriori tumori (come quelli epatici, tiroidei e ovarici). La conclusione inevitabile da trarre è che la prevenzione dell’eccessivo aumento di peso nell’adulto può ridurre il rischio di cancro.   

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