Adolescenti, social media e rischio depressione

(da Univadis)  L’uso dei social media non ha lo stesso impatto su tutti gli adolescenti. A dirlo è uno studio americano in cui quasi 500 ragazzi sono stati seguiti per 8 anni. Gli autori della ricerca, pubblicata sul 'Journal of Adolescence', hanno identificato alcuni fattori che influenzano l’effetto dei social sulla salute mentale in questa fase delicata della crescita. È un’informazione che può aiutare medici, famiglie e scuole a intercettare tempestivamente i soggetti a rischio e a intervenire nel modo più efficace. Un’analisi incentrata sulla persona     I ricercatori della Brigham Young University hanno preso in esame 488 partecipanti al Flourishing Families Project, uno studio longitudinale sull’adolescenza, che avevano circa 13 anni all’arruolamento. Tra i dati raccolti vi era il tempo di utilizzo quotidiano dei social media (autoriferito). L’uso dei media è stato messo in relazione con la traiettoria della depressione nel follow-up.    I ricercatori hanno identificato cinque gruppi di adolescenti: classe dei maschi ad alto rischio, classe delle femmine ad alto rischio, classe a rischio moderato, classe a rischio basso, classe a rischio molto basso. A caratterizzare ogni classe erano alcune caratteristiche personali e ambientali, che potevano rappresentare fattori protettivi o di rischio: per esempio, il calore materno era un fattore protettivo, mentre un atteggiamento ostile da parte del genitore era un fattore predisponente. In estrema sintesi, l’uso dei social media si associava a un aumento della depressione per gli adolescenti che sperimentavano genitorialità ostile, bullismo da parte dei pari, ansia, elevata reattività ai fattori di stress e basso controllo dei media da parte dei genitori. Intervenire dove serve       Nell’articolo vengono proposti alcuni interventi personalizzati per ciascuna classe. Per esempio, è emerso che le femmine ad alto rischio raramente discutevano dei contenuti fruiti con i genitori e che questi ultimi non stabilivano limiti all’utilizzo dei social, il che aumentava la probabilità che il tempo passato sui media potesse essere dannoso.   “Un intervento per le femmine ad alto rischio potrebbe essere aiutare i genitori a imparare a interagire con i propri figli per diventare consumatori sani dei media” suggeriscono gli autori. “Ciò può essere particolarmente importante dato che le adolescenti di questo gruppo hanno un livello di ansia più elevato e possono essere più suscettibili quando interagiscono con i social media: anche pochi incidenti negativi sui social media possono avere un impatto enorme, inducendole a rimuginare su tali eventi per lunghi periodi di tempo”.